Nuova Tunisia: dalla Primavera araba all’inverno islamista?

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Nuova Tunisia: dalla Primavera araba all’inverno islamista?

21 Maggio 2011

Dopo quattro mesi torniamo in Tunisia per vedere cosa succede nella nazione dove ha soffiato il primo vento della Primavera araba. La situazione interna è ancora instabile, infatti, nelle ultime settimane le piazze tunisine sono tornate ad essere teatri di proteste, di nuovi scontri e di arresti di massa.

Obama, stando al discorso di giovedì scorso rivolto al mondo arabo, vede nella pax economica la soluzione per ricostruire le infrastrutture democratiche della Tunisia post Ben Alì. Della stessa idea sono i duecento firmatari della petizione "Investire in democrazia", un documento che verrà presentato in occasione del prossimo G8 per attirare investimenti a Tunisi. Tra questi troviamo accademici di Harvard e della Sorbona, rappresentati dell’UNESCO, di banche come Citigroup o di imprese come Total Tunisie; illustri personaggi accomunati dall’idea di voler vedere “nei prossimi anni, la nuova Tunisia come uno dei centri economici più attraenti del Mediterraneo". Intanto -mentre Obama “parla” e i duecento “propongono”- il Fondo arabo di Sviluppo economico e sociale (Afesd) ha concesso alla Tunisia un maxi prestito da centoquaranta milioni di dollari da restituire in ventidue anni. I fondi serviranno “ad accompagnare il consolidamento dei nuovi assetti istituzionali” e – sicuramente- a far aggiudicare un posto di rilievo in occasione del “Tunisia Investment Forum”, la prima manifestazione economica internazionale post rivoluzione prevista per giugno prossimo.

Eppure, l’arrivo della pioggia di aiuti economici per permettere alla Primavera araba di far sbocciare un sistema politico diverso dal precedente non sembra bastare. Le frizioni intersociali ed intrasociali sono ancora difficili da pacificare.

Secondo un editoriale di Ben Marwan Yahmed, giornalista del web magazine La Jeune Afrique, “la Tunisia è diventata un regno di pettegolezzi, dove la teoria del complotto è permanente. La caccia alle streghe è diventata uno sport nazionale. Solo l’estrema sinistra, in particolare, ha il diritto di esprimersi senza incorrere nelle ire di un popolo desideroso di fare la battaglia a tutto ciò che ai suoi occhi rappresenta, spesso a torto, il vecchio regime”.

Il malcontento del popolo tunisino è stato tradotto in cifre da un sondaggio condotto dall’istituto di statistica ISTIS. Leggendolo scopriamo che il 57% degli intervistati non è soddisfatto dell’attuale situazione economica e della sicurezza nel paese. Quasi il 32% teme il ritorno dell’estremismo islamico, mentre il 34% è preoccupato per la ricomparsa sulla scena politica di elementi dell’ancien régime. La conferma dei dati del sondaggio, comunque, arriverà il prossimo 24 luglio, data in cui dovrebbero esserci le elezioni per scegliere una nuova Assemblea costituente. E il condizionale è d’obbligo.

Infatti, il primo ministro ad interim Beji Caid Essebsi, in carica da due mesi, ha già ventilato un possibile rinvio della scadenza elettorale a causa di non meglio precisate “difficoltà tecniche”. Secondo alcune fonti dell’attuale governo, Essebsi avrebbe paura di consegnare la Tunisia post Zinoché –così chiamano il vecchio rais alcuni blogger- agli islamisti del rifondato partito al Nahda. Uno scenario che porterebbe l’establishment militare a non disdegnare un colpo di stato.

Il movimento islamico al Nahda è stato fondato alla fine degli anni settanta da Rashid Ghannushi ma nel 1991 fu dichiarato fuori legge dal presidente Ben Ali, sotto l’accusa di aver fomentato il rovesciamento violento delle istituzioni. Ora, il partito è stato di nuovo legalizzato il primo marzo 2011 e già i sondaggi lo indicano come il più popolare di tutti gli altri circa sessanta partiti autorizzati. Ghannushi, tornato in patria dopo anni d’esilio a Londra, ha rassicurato la popolazione che il suo è un Islam moderato e ispirato dall’esempio turco. Ma nella nuova Tunisia l’estremismo coranico ha dato nuovi e preoccupanti segnali. Pochi giorni fa un presunto gruppo armato di al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqim) ha aperto il fuoco su una postazione congiunta dell’esercito tunisino e contro la guardia nazionale a Rouhia, 200 chilometri a nord della capitale Tunisi, uccidendo almeno quattro soldati tra cui un colonnello. La paura dei servizi di sicurezza di Tunisi è che l’Aqim possa sfruttare il conflitto libico per recuperare armi ed esplosivi da destinare ai suoi seguaci nella regione del Sahel dove sono molto attivi con agguati e sequestri di stranieri. Dieci giorni fa, infatti, nel sud della Tunisia, due libici provenienti dall’Algeria e diretti in Libia sono stati arrestati perché in possesso di armi e di bombe artigianali.

Se oltre alla stabilità economica, quindi, non verrà al più presto ripristinata la sicurezza interna,  di certo non saranno solo i portafogli a scoppiare.