Obama a caccia di successi in vista del mid-term punta sulla paura nucleare

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Obama a caccia di successi in vista del mid-term punta sulla paura nucleare

14 Aprile 2010

Un consesso di grandi come non se ne vedeva da tempo, un vortice di incontri bilaterali, un documento finale che impegna i 47 capi di stato e di governo a mettere sotto chiave in quattro anni i materiali nucleari vulnerabili (uranio arricchito e plutonio separato), una mano tesa alla Corea del nord e perfino qualche passo in avanti sullo spinoso dossier iraniano.

E’ il coronamento della ambiziosa agenda nucleare di un Barak Obama ispirato, tornato quello dei tempi migliori, sull’onda della firma del trattato Salt due e della nuova dottrina strategica. Il presidente ha messo sul tavolo davanti a Hu Jintao, Dimitri Medvedev, Nicolas Sarkozy, Angela Merkel e tutti gli altri una terribile ironia della storia: cala il rischio di una guerra nucleare, cresce quello di un attacco atomico ad opera dei network del terrorismo. Gli Stati Uniti hanno le prove che Al Qaeda ha tentato e continua a tentare di mettere le mani sugli ingredienti necessari per costruire un ordigno sporco e "statene certi" ha ammonito il presidente "se la rete ne entra in possesso non avrà alcuna esitazione ad usarlo" per salire un altro gradino nella escalation del terrore.

Non bastasse, Obama per dare corpo alle ombre, meglio, alle minacce di Bin Laden ("E’ un dovere religioso munirsi di armi di distruzione di massa per difendere i musulmani") avverte che una bomba sporca grande come una mela potrebbe uccidere e ferire centinaia di migliaia di persone. Dunque, serve agire rapidamente, adottare efficaci contromisure prima che accada il peggio.

Tutti convinti della impegnativa posta in gioco i 47 leader. Si portano a casa un manuale made in Usa di istruzioni su come mettere in sicurezza i materiali fissili al di fuori della portata dei terroristi. Ma i 12 punti dell’accordo, che ovviamente riconosce il diritto dei singoli stati a sviluppare e utilizzare l’energia nucleare per scopi civili, rischiano di ridursi ad un elenco di nobili intenzioni senza alcun vincolo prescrittivo. Un capitolo neppure esplorato è quello relativo alle difficoltà tecniche e ai costi economici di questa operazione.

Corposo anche il capitolo dei gesti di buona volontà a cominciare da Stati Uniti e Russia che bruceranno nei loro reattori le eccedenze di plutonio, l’Ucraina rinuncerà alle scorte di uranio arricchito (grazie all’aiuto di Washington), cosi come il Cile, il Canada e il Messico. L’agenda ufficiale, sia pure con i limiti accennati, segna un ulteriore indubbio successo di immagine di Obama che ha chiamato a consulto gli altri grandi, riaffermando la leadership americana.

Tuttavia la Casa Bianca deve fare i conti con i nuovi assetti globali e certo meno ricca di risultati è l’agenda parallela giocata negli incontri bilaterali, a cominciare da quello con Hu Jintao. A parte le passate tensioni (Tibet, armi a Taiwan, censura a Google) Obama, dopo la buona intesa con il Cremlino sugli armamenti strategici, cercava in questo summit il consenso della Cina per stringere la tenaglia sull’Iran di Ahmadinejad, determinato ad andare avanti col suo piano nucleare che ad avviso degli americani, tempo un anno, sarà in grado di produrre l’atomica. Senza il sì di Pechino, che al Consiglio di sicurezza dell’ONU ha diritto di veto come membro permanente, le sanzioni "dure e rapide"al regime di Teheran restano sulla carta.

Su questa strada (ma anche sul cruciale tema bilaterale del cambio dollaro-yuan) Hu Jintao non si è impegnato più di tanto, convinto che non si possa pensare di regolare fondamentalmente la questione con le sanzioni. Per Pechino la via maestra rimane quella del dialogo e del negoziato. Pesano gli stretti rapporti economici e politici. L’Iran è il terzo fornitore di petrolio alla Cina e non è servito fino a questo momento a nulla l’impegno americano a garantire al gigante asiatico l’approvvigionamento energetico. Una risposta deludente per la Casa Bianca che vuole chiudere entro la fine de mese, o al massimo entro la primavera, ritenendo che sia in gioco la credibilità internazionale.

Impasse anche con l’altro stato "canaglia" il regime nordcoreano di Kim Jong il al quale tuttavia l’America tende una mano, invitandolo al prossimo vertice sulla sicurezza nucleare in calendario nel 2012 a Seul, a patto che Pyongyang mantenga le promesse di disarmo.

Ma problemi ci sono pure con il Pakistan che ha l’atomica. Paese alleato, endemicamente instabile, non sempre leale, accusato di dare rifugio in alcune aree tribali al confine con l’Afghanistan ad Al Qaeda e ai telebani. E poi con l’India altra potenza nucleare che ha annunciato la partecipazione al contro-vertice organizzato da Teheran il 17 e 18 aprile. E problemi perfino con Israele. Il premier Netanyahu si è defilato da questo summit, delegando il ministro dei servizi Dan Meridor, nel timore, si è detto, di essere chiamato da qualche Paese islamico come la Turchia a rendere conto del suo arsenale atomico (gli esperti stimano tra 100 e 300 testate).

Solo le domande dei giornalisti hanno portato nella conferenza stampa conclusiva di Obama questi nodi. Il presidente ha detto di augurarsi che Israele aderisca al trattato di non proliferazione, rifiutandosi tuttavia di dire un alcunché sull’arsenale che Israele non ha mai riconosciuto esplicitamente di possedere.

E allora un Obama, raggiante per l’impresa, presenta i frutti del suo lavoro a tutto campo, la politica internazionale dopo il trionfo della riforma sanitaria: un’America più sicura, un mondo più sicuro dopo le decisioni, anche se queste non saranno vincolanti. Un piccolo passo verso il sogno di un mondo finalmente liberato dalle armi. Anche con un occhio alle elezioni di mid term di novembre quando saranno rinnovati la Camera dei rappresentanti e un terzo del Senato.

 * Con questo articolo, Bernardino Cerri che è il corrispondente da Washington per il Tg1 Rai, inizia la sua collaborazione con l’Occidentale. Ne siamo molto lieti.