Obama delude gli eletti neri Democratici e loro attaccano il Tea Party

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Obama delude gli eletti neri Democratici e loro attaccano il Tea Party

06 Settembre 2011

La cosa più banale che si possa dire sulle presidenziali statunitensi 2012, e in generale sulla politica USA, è che si decida tutto sullo stato dell’economia. Da quando James Carville lo scrisse su un pizzino al “suo” candidato Democratico Bill Clinton, “it’s the economy, stupid” (non per rimporverarlo bensì per istruirlo), non c’è più modo di dire che l’economia dominerà le elezioni presidenziali senza cadere appunto nella cacofonia giornalistica. Ma tant’è. Comunque sia, l’adagio politico ‘carvilliano’ resta sicuramente vero quando, come nel caso di Barack Obama – oltre al colore della pelle – ciò che ti ha portato alla Casa Bianca è stata la retorica messati a portata di mano dalla più drammatica crisi economica dal lontano 1929.

Effetto boomerang, ‘chi di spada ferisce di spada perisce’, e giù su quella china. Obama si è visto conferire il diritto-onere dagli americani “to fix the economy”, di mettere a posto l’economia, e dopo tre anni di risultati ben pochi: niente ripresa, rischio doppia recessione, disoccupazione al 9% (nessun presidente è stato rieletto da FDR in poi con un tasso di disoccupazione sopra il 7%), e un debito pubblico aumentato di il quattro trilioni di dollari in neanche un mandato presidenziale. Insomma altro che “new deal” del terzo millennio, la presidenza Obama è oramai sempre più “a great mess”, un gran macello, con tanto di sigillo presidenziale del primo presidente USA afro-americano. Se è vero che presidente Democratico ha scontentato molti, nella lista stanno (e stupisce molto) anche gli eletti del Congresso afro-americani, quelli del Congressional Black Caucus (CBC), il gruppo di Capitol Hill che dal lontano 1971 mette insieme i neri d’America eletti al Congresso.

Formalmente gruppo bipartisan (oggi ne fanno parte 41 eletti di cui solo uno Repubblicano, Allen West eletto in Florida), alcuni membri del CBC le hanno sparate grosse negli scorsi giorni. In particolare due eletti Democratici, Maxine Waters e Andrè Carson, rispettivamente eletti alla Camera dei Rappresentanti in California e nell’Indiana, durante due comizi pubblici distinti, hanno picchiato duro sul movimento Tea Party, forse troppo. Ad aprire le danse è stata Maxine Waters la quale ha attaccato gli aderenti al movimento Tea Party, augurandosi pubblicamente che “ vadano al diavolo”, dicendosi pronta “a fare di tutto perché indicare loro la strada”. Ancora più incendiario André Carson: “Alcuni di questi (del Tea Party) nel Congresso amerebbero fare di noi (i neri) cittadini di seconda classe, … magari appesi a un albero”. Convizione? Reale paura per il ritorno del sistema Jim Crow? Assurdità. Nella dimensione propagandistica mainstream Tea Party è del tutto assente la componente razziale. Solo per fare un piccolo esempio: Hernan Cain, candidato alle primarie Repubblicane, nero, ex-amministratore delegato di Godfather’s Pizza, è uno dei beniamini del movimento Tea Party. E se ne potrebbero fare tanti altri di esempi. Ma allora perché i Democratici neri se la prendono tanto con il Tea Party?

Diremo solo che i neri d’America hanno votato in forze il primo presidente nero nella storia degli Stati Uniti d’America, e dopo tre anni, la fotografia dello stato della comunità afro-americana statunitense resta bigia: il tasso di disoccupazione tra i neri è al 17%, l’8% in più della media nazionale e i tassi di incarcerazione dei neri sono ancora molto alti. Insomma, essere un eletto Democratico è abbastanza difficile di questi tempi, soprattutto se la rielezione incalza. Ancor di più però se si fa parte del CBC. Poco da sbandierare ai tuoi elettori, pochi risultati di cui fregiarsi. Non resta allora che il rincaro dei toni, la ricerca dell’orco nero da agitare. Cosa c’è di meglio allora se non lo spauracchio del bianco americano, il patriot del Tea Party, arrabbiato con il governo federale, lo stesso governo di Washington che fu così determinante negli anni ’60 e ‘70 per scardinare i residui fetidi della segregazione del sistema Jim Crow?

Le politiche fallimentari dell’amministrazione Obama in materia economica, piano di stimolo da quasi un trilione di dollari in testa, non hanno portato soluzioni e allora non resta che alzare i toni. Ma la macchina del fango non sembra fermarsi al CBC. L’altro ieri, James Hoffa, il leader del sindacato Teamsters e figlio del celebre sindacalista “Jimmy” Hoffa, mentre si apprestava a scaldare la platea per un comizio del presidente Obama a Detroit ha dato dei “son of bitches”, letteralmente dei figli di p……., ai membri del Tea Party. Un altro segnale che le presidenziali 2012 si apprestano ad essere molte trucide nel linguaggio politico.

Forse ha ragione Charles Krauthammer, il noto giornalista conseravatore e columnist del Washington Post, il quale da mesi va dicendo che la prossima campagna per le presidenziali sarà una tra le più “nasty”, sgradevoli, degli ultimi decenni.