Obama dovrà vedersela anche con la mafia messicana
19 Febbraio 2009
Le bande messicane che si scontrano per il controllo dei cartelli della droga pongono un seria minaccia alla sicurezza interna ed esterna degli Usa. Le classi dirigenti americane, negli ultimi dieci anni, hanno concentrato l’attenzione sul tema della sicurezza in luoghi lontani, dall’Asia al Medio Oriente, mentre la situazione nel ‘cortile di casa’ si deteriorava progressivamente.
La violenza in Messico, collegata in gran parte ai traffici illegali di droga, negli ultimi anni è aumentata a dismisura e ci sono dei segni che mostrano come sia destinata a peggiorare nel corso del tempo. E’ una violenza generata dalle guerre tra bande che cercano di imporsi nel controllo dell’accesso ai lucrativi mercati nordamericani.
La situazione nel grande stato centroamericano è contraddistinta da uno scontro in grande stile tra i trafficanti di droga, l’esercito e le forze di polizia. Il Dipartimento di Stato Usa è arrivato a diffondere comunicati di allerta per i turisti che vanno in Messico. Gli ufficiali dei servizi di sicurezza Usa e la amministrazione Bush hanno fatto pressioni sul governo del presidente Calderon per spingere il governo messicano a combattere i cartelli della droga in modo più vigoroso, compresi quei settori deviati e corrotti della polizia messicana che danno spazio di manovra ai mafiosi.
Nel 2008, il Congresso Usa ha approvato un piano per il finanziamento della lotta al narcotraffico in Messico – sul modello del “Plan Colombia” – destinando 400 milioni di dollari al governo Calderon. Un’iniziativa che in Messico non sembra aver prodotto grossi risultati. Sia l’impostazione proibizionista, sia la stretta sulla sicurezza alle frontiere, non hanno risolto il problema del narcotraffico né ridotto le violenze. Un mare di armi e droga continuano a passare da una parte all’altra del confine, generando profitti e consolidando mercati illegali che aumentano il potere dei boss.
La mafia messicana, “La eMe”, rappresenta una seria minaccia agli stati sudoccidentali degli Usa, visto che il suo asset strategico è la ‘colonizzazione’ del sistema carcerario, il controllo degli istituti di correzione e dei carceri minorili. “
Il gruppo promuove ribellioni, insurrezioni e distruzioni generalizzate nelle galere come San Quintino e nei barrios della parte orientale di Los Angeles e di San Diego, due dei serbatoi che riempiono le celle delle prigioni Usa. La mafia messicana controlla il narcotraffico, gli omicidi su commissione, le rapine. E’ un gruppo etnico avversario dei suprematisti bianchi (la “Fratellanza Ariana”) ma alleato di questi ultimi nella lotta contro il nemico comune, i “niggers”.
La mafia messicana non ha un capo assoluto: stime parlano di 150 boss, 1.000 affiliati e oltre 30.000 picciotti attivi in tutti gli Stati Uniti. Obama dovrà vincere la “War on Drugs” non solo in Afghanistan ma anche dall’altra parte del Rio Grande. Prima che il Messico precipiti in un rapido e definitivo collasso.