Obama e la barzelletta della strategia contro il terrorismo

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Obama e la barzelletta della strategia contro il terrorismo

09 Luglio 2011

Il Monte Obama ha eruttato una timida strategia di contrasto al terrorismo che potete leggere qui in tutta la sua ingloriosa interezza. Come la gran parte delle dichiarazioni di questa gente, sembra più una tesina universitaria, piena di inutili “definizioni” che non definiscono e di generalizzazioni che danno per scontate le vere questioni. È un approccio molto indolente a un argomento molto serio.

Innanzitutto, più che una questione di contrasto al terrorismo, è a proposito di come combattere un’unica organizzazione: al-Qaeda (pomposamente scritto “al Qa’ida”). Dopo un po’ di autocompiacimento introduttivo, il documento arriva a quella che dovrebbe essere la questione centrale: la natura del nemico.

La minaccia principale per la sicurezza degli Stati Uniti continua a provenire da al-Qa‘ida e dai suoi affiliati e seguaci… Un decennio dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001, gli Stati Uniti sono ancora in guerra con al-Qa‘ida. Benché questo conflitto gli Stati Uniti non l’abbiano cercato, conserviamo l’impegno, insieme ai nostri partner in tutto il mondo, a distruggere, smantellare e finalmente sconfiggere al-Qa‘ida con i suoi affiliati e seguaci per garantire la sicurezza dei nostri cittadini e dei nostri interessi.

Da un punto di vista strategico, la morte di Osama bin Laden è stata la più importante pietra miliare del nostro sforzo per distruggere al-Qa‘ida. Pensate davvero che sia al-Qa‘ida la più seria “minaccia per la sicurezza” degli Stati Uniti? Persino il ben poco amato Richard Armitage sapeva che la più pericolosa organizzazione terroristica è Hezbollah (sapete, quei tizi che sono stati accusati di aver assassinato Rafiq Hariri in Libano), e questo al tempo in cui AQ si dava con successo a un trionfante galoppo lungo la Strada Araba. Perciò, anche se aveste voluto limitare la vostra discussione sul terrorismo a singole organizzazioni, elevare AQ ai massimi livelli sarebbe stato comunque un errore. E oggi è ancor più sbagliato di quanto non lo fosse alcuni anni fa; per loro la jihad non è stata così magnifica.

Peggio ancora, la Strategia sembra fondarsi sull’assunto che il terrorismo sia la più grande minaccia per la nostra sicurezza nazionale, il che non è cosa degna di persone serie. E anche se questa, agli autori, volessimo lasciargliela passare e dire “beh, si tratta di lotta al terrorismo e non dell’intero universo strategico”, dichiarare che la nostra strategia dovrebbe concentrarsi principalmente su AQ comunque sbagliato. In questo momento, la minaccia terroristica più seria è costituita dalla rete globale guidata dall’Iran che coinvolge Siria, Venezuela, Bolivia, Ecuador e Nicaragua, insieme a Hezbollah (cfr. “Iran e Siria”), alla jihad islamica, a Hamas e a vari cartelli della droga alleati e gruppi terroristici latinoamericani (per esempio le FARC).

Credo sia stato il presidente Bush a dire una volta – uno dei primi giorni dopo l’11 settembre, prima che troppi filosofi di corte dal profondo pensiero ne offuscassero la visione – che eravamo in guerra con diverse organizzazioni terroristiche e con gli stati che le sostengono e le coadiuvano. Ecco il perché della mia breve lista di prima. Ma su questi stati sostenitori sarebbe vano cercare una qualsiasi discussione nella National Strategy for Counterterrorism. A volte è necessaria una conoscenza autentica del terrorismo per riconoscere l’argomento mancante, ma in altri casi la National Strategy ti prende semplicemente per il collo e te lo fa vedere, come quando ci vengono a dire che è indispensabile impedire ad AQ e ai suoi alleati di sviluppare ordigni nucleari o altre armi di distruzione di massa senza neanche far menzione del programma nucleare iraniano.

A quanto pare qualcuno deve essersi accorto di questa sorprendente omissione perché, proprio alla fine, spunta come dal nulla questa sola e unica frase: “L’Iran e la Siria restano sostenitori attivi del terrorismo e noi conserviamo l’impegno nel contrastare l’appoggio che questi stati sponsor forniscono ai gruppi che eseguono attacchi terroristici per indebolire la stabilità della regione”.

Questo sì che darà loro una bella lezione! Noi siamo contro l’appoggio iraniano e siriano ai terroristi. Khamenei, Ahmadinejad, e Assad, beccatevi questa. Non serve andarsi a cercare con tanto impegno i metodi – se pure ce ne fossero – che andremo a usare, perché la “discussione” sulla sponsorship di stato, che è stata a lungo la chiave delle campagne terroristiche che sono riuscite a colpire davvero l’Occidente, è tutta lì. Né, va da sé, vi si trova menzione alcuna della categorica deposizione di Tony Blair davanti a una commissione d’inchiesta del Parlamento britannico, nella quale affermava che non è possibile sconfiggere AQ senza sconfiggere l’Iran. Né si fa cenno allo ammonimento di congedo di Bob Gates sul fatto che l’Iran sta intensificando le uccisioni di americani in Iraq. E, se è per questo, non si fa alcun riferimento neanche alla conclusione della Commissione 9/11 – e un recente ricorso presso un tribunale di New York la ribadisce – per la quale l’Iran fu coinvolto direttamente negli attentati del 2001 contro il nostro paese.

Inoltre, in linea con l’immaginoso approccio alla storia del presidente Obama, ci si viene a dire che “la morte” di bin Laden rappresenta ad oggi la conquista più grande nella guerra al terrore (chiedo scusa, intendevo “il nostro sforzo per distruggere AQ). Anche questo è sbagliato. Non c’è dubbio che, ad oggi, la più grande conquista sia stata la sconfitta di AQ e dei suoi sponsor iraniani e siriani in Iraq. Quando la strategia tratta più da vicino la questione del supporto di stato al terrorismo (evitando con attenzione di parlarne con un inglese chiaro e semplice) è una selva densa di parole sul come “negare porti sicuri” (sic) ad AQ.

Vediamo quanto saprete far bene l’analisi logica:

"In stretto coordinamento con i partner esteri, gli Stati Uniti continueranno a contrastare e ad indebolire lo spazio operativo di al-Qa‘ida per mezzo di iniziative che si rafforzino a vicenda tese a impedire che al-Qa‘ida possa approfittare di quegli spazi privi di controllo. Inoltre, costruiremo la volontà e la capacità di quegli stati di cui al-Qa‘ida sfrutta le debolezze. Caos e continua insicurezza in alcune regioni possono mettere a rischio gli sforzi per incrementare impegno politico, costruire capacità e fornire assistenza, esasperando così il caos e l’insicurezza. La nostra sfida è interrompere  questo ciclo in cui lo stato fallisce nel restringere lo spazio a disposizione dei network terroristici".

Forse una cosa del genere potrebbe farvi finire nel comitato di redazione della Harvard Law Review, ma di certo qui a Pajamas Media non andrebbe oltre i redattori. Quel che resta è puro, classico Obama. Niente paura, noi vi proteggeremo e sconfiggeremo AQ senza far nulla che possa lontanamente irritare il più appassionato membro dell’ACLU, l’American Civil Liberties Union (molti di questi accaniti lavorano comunque per l’amministrazione), saremo davvero e assolutamente trasparenti, rispetteremo la vostra privacy e così via. E ovviamente, comunque vada a finire il pasticcio in Medio Oriente, staremo dalla parte giusta della storia. Nulla di cui preoccuparsi, “il nostro approccio al cambiamento politico in Medio Oriente e in Nord Africa dimostra che la promozione di una governance rappresentativa e affidabile è un principio chiave della politica estera statunitense e contribuisce agli obiettivi del nostro contrasto al terrorismo”.

Questo resta tutto da vedere. Come la precedente, questa amministrazione non ha fatto granché per promuovere il buon governo in Iran e in Siria.

Non c’è da stupirsi che questo documento sia svanito nel nulla persino prima che fosse letto.

© Faster, Please!
Traduzione Andrea di Nino