
Obama e le tasse. 30 anni di politica fiscale stanno per andare in fumo

14 Settembre 2010
Il piano fiscale di Obama spaventa gli Stati Uniti. Se dovesse essere approvato, infatti, la tassazione complessiva schizzerebbe all’improvviso dal 37,4% attuale al 45,0% (ossia dal 40,6 al 47,8% se si considerano pure le tasse sulle vendite), con inevitabili ripercussioni negative per l’economia e per l’occupazione. Ad evidenziarlo è lo studio Le tasse nel mondo: breve storia delle politiche fiscali (1981-2007), scritto per conto dell’American Enterprise Institute da Kevin A. Hassett e Aparna Mathur, e che pubblichiamo integralmente di seguito, nella versione tradotta a cura di Miriam Marinaccio.
Lo studio è una sintesi dello sviluppo della politica fiscale americana dal 1981al 2007, vista in una cornice di confronto con le politiche fiscali praticate, nello stesso tempo, dagli altri Paesi dell’Ocse. In modo particolare, per tutti i 30 Paesi membri dell’Ocse, lo studio passa in rassegna gli andamenti di 10 differenti imposte fiscali fornendo una sorta di cronistoria di come queste tasse sono cambiate nel mondo e di cosa, questi cambiamenti, hanno significato per gli Stati Uniti.
L’analisi finale dello studio approva la politica fiscale americana, rispetto agli altri Paesi dell’Ocse, soprattutto per ciò che concerne la tassazione del lavoro. Il rovescio di questa medaglia, però, vede gli Usa agire in maniera meno appropriata quando si tratta di tassazione delle società. Infatti, gli Stati Uniti guadagnano relativamente poco, su questo versante (società), nonostante appaiano tra i Paesi Ocse che praticano le imposte più elevate sulle società.
Complessivamente, tuttavia, le politiche fiscali americane superano il test dei Paesi Ocse. Dove gli Usa primeggiano, è sul confronto tra le tasse totali sui redditi da lavoro. Il dato di paragone (tasse totali sui redditi da lavoro) comprende le imposte che si pagano sui redditi da lavoro dipendente e quelle che si versano sui consumi (tipo l’Iva). In questo caso, gli Stati Uniti fanno meglio rispetto agli altri Paesi dell’Ocse assumendo la posizione di basso profilo, in classifica, con il 37,4% di tasse sul lavoro e 40,6% considerando anche le imposte sui consumi.
Lo scenario, però, è destinato a mutare del tutto con l’approvazione del piano fiscale programmato dall’attuale Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Il piano, infatti, prevede di alzare le tasse ai redditi più elevati e di ridurre, se non eliminare del tutto, alcuni tagli fiscali introdotti tra il 2001 e il 2003. Lo studio mostra che, l’attuazione di questo piano, determinerà per gli Usa un rovesciamento di posizione: dall’attuale dal 37,4% gli Usa salirebbero al 45,0%, assumendo una posizione mediana nella classifica dei Paesi Ocse superando ben otto Paesi (tra cui l’Italia). Un piano che preoccupa perché elevate aliquote d’imposta provocano, generalmente, distorsioni nel mercato del lavoro: calo di posti di lavoro, aumento delle attività sommerse e del lavoro nero. Con la crisi economica in atto, e forse in via di superamento, non è certo una ricetta giusta a spronare la ripresa.