Obama e Michelle: saremo sempre con voi (ma chi li vuole?)

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Obama e Michelle: saremo sempre con voi (ma chi li vuole?)

11 Gennaio 2017

“Sarò accanto a voi”, ha promesso commosso Obama nel suo discorso d’addio, mentre si avvicina il giorno del suo #Sbarack, e anche Michelle, sua moglie, ha adombrato una minaccia analoga: “sarò con voi”, qualche giorno fa, nel suo saluto, pure lei in lacrime. Mah…qualcuno per caso glielo ha chiesto? La maggioranza degli americani, votando Trump ha implicitamete rifiutato la coppia Obama, e in tanti speriamo proprio di non vederceli più davanti. 

Questi giorni di transizione ce li ricorderemo non solo per gli ultimi dispetti di Obama – e chissà se ci saranno ancora sorprese da qui al 20 – ma anche per l’arrampicata sugli specchi di chi non vuole ancora capire cosa è successo, cioè la sconfitta dell’establishment, e soprattutto perché. Hanno per esempio tirato fuori la faccenda degli hacker. Hacker russi che avrebbero cercato di influenzare le elezioni presidenziali. E come hanno fatto, ci chiediamo, visto che non ci sono state frodi nel voto elettronico e quando hanno provato a ricontare, come in Winsconsin, Trump i suoi voti li ha aumentati (131 in più rispetto alla prima volta, per la precisione)?

La vulgata dei democratici sarebbe che gli hacker hanno diffuso notizie riservate per screditare la Clinton. E allora una domanda sorge spontanea: ma queste notizie, quali erano e, soprattutto, erano vere o no? Prima di tutto se sei il segretario di stato americano e usi gmail come un qualsiasi cittadino non ti lamentare se poi qualcuno le mail te le legge, e del resto l’indagine sulla Clinton riguardava proprio il rischio per la sicurezza americana che il suo uso privatistico della mail aveva comportato. Ma il punto è un altro: le rivelazioni sono vere o no? Le mail sono taroccate o dicono la verità sullo staff democratico? Su questa fondamentale domanda Obama e i suoi tacciono o sorvolano.

E a proposito di interferenza, che dire allora del sostegno pubblico di Obama a Renzi per il referendum? “Il sì può aiutare l’Italia” e ancora “”Non voglio parlare della consultazione né interferire, ma le riforme fatte da Matteo sono giuste e coraggiose. Io faccio il tifo”, ha dichiarato durante quel mega spottone che voleva essere la visita di Renzi & C. negli Usa. D’altra parte Obama era stato preceduto dal suo ambasciatore a Roma: ve lo ricordate John Philips, quello per cui la vittoria del no sarebbe stata un “passo indietro” per gli investimenti stranieri nel nostro paese?

E poi questi denunciano le interferenze? Ma l’argomentazione principale degli sconfitti è quella della post-verità, espressione che si è materializzata sui giornali di tutto il mondo, all’improvviso, quando, dopo lo sberlone, l’establishment che ha sostenuto la Clinton (e quindi la presidenza Obama) ha realizzato che avevano perso veramente. La linea di difesa oramai è quella: la gente ha votato Trump perché ha creduto non ai fatti ma alle sue menzogne (la post-verità, appunto, perché detta così suona meglio, fa più sofisticato), di cui lui avrebbe infarcito il web.

Anche sorvolando sul disprezzo che trasuda da tutte le parti nei confronti degli elettori (la maggior parte della gente è incapace di distinguere il vero dal falso, e per questo ha votato Trump) quali sarebbero queste menzogne a cui tutti hanno creduto, please? Che Trump vuole cacciare gli irregolari con precedenti penali? Che vuole riportare la produzione industriale negli USA? A me sembra piuttosto un regolare programma di governo, su cui sarà giudicato. E poi, se il web è di colpo diventato una specie di cloaca maxima, collettore delle peggio nefandezze, i giornaloni che hanno sostenuto la Clinton dicendo che stava vincendo alla grande, invece, cosa sarebbero, le nuove tavole della legge?

E infine, a proposito di post-verità, una piccola menzione va riservata a quei leccapantofole a oltranza, così ostinati nel sostegno alla Clinton, Obama & C. da averci continuamente ripetuto che Michelle è bella, bellissima, un modello estetico (un sogno, come è stato detto) per tutte le donne. Non è colpa di Michelle, ovviamente, ma di chi, pur di omaggiare i potenti, ha cercato addirittura di convincerci che le sue spalle da giocatore di rugby, le sue movenze da camionista (con tutto il rispetto per i camionisti, per carità, ma per capirci) e il suo coerente voler zappare l’orto di casa, fossero il non plus ultra della femminilità.

Per non parlare dei suoi stupefacenti vestiti, del tutto improponibili, spacciati, anche quelli, come il colmo dell’eleganza. Insomma, Michelle era una novella Jacqueline Kennedy; mentre invece una delle modelle più pagate al mondo – cioè la nuova first lady – sarebbe inguardabile. Ah, la post-verità…