Obama fa il pro-choice a danno dei cattolici e compromette la rielezione

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Obama fa il pro-choice a danno dei cattolici e compromette la rielezione

16 Febbraio 2012

di E.F.

I cattolici statunitensi rappresentano 25 % dell’elettorato statunitense, il gruppo di swing voters, di voto mobile più importante della politica nazionale USA. Negli ultimi decenni il loro voto è spessa andato al candidato alla presidenza che ha vinto le elezioni. E’ stato così alle elezioni del 2000 e del 2004 per l’elezione a presidente del Repubblicano George W. Bush, come lo è stato nel 2008 per l’elezione del presidente Democratico Barack Obama.

Se si vuole (ri)conquistare la Casa Bianca, i cattolici bisogna, se non proprio corteggiarli, almeno non alienarseli. Per questo l’uscita della scorsa settimana dell’amministrazione Obama contro le istituzioni religiose, educative, sanitarie e caritative religione è stato proprio un mossa più che azzardata. Il presidente Obama ha tentato con un executive order – atto principe del presidente degli Stati Uniti – d’imporre alle istituzioni cattoliche la fornitura di una copertura assicurativa ai propri dipendenti che fornisca anche la somministrazione di contraccettivi e di servizi abortivi.

La mossa, molto rischiosa politicamente (pare che il vice-presidente Joe Biden, cattolico, lo abbia sconsigliato dal seguire questa strada), non ha solo scatenato un’ondata d’indignazione nel mondo politico Repubblicano-conservatore, per quello che è percepito come un diretto attacco al primo emendamento della Costituzione statunitense, quello che protegge la libertà di religione negli Stati Uniti, ma ha anche lasciato sbalorditi i vertici della Chiesa cattolica americana, che di Obama sono in passato piuttosto entusiasti.

In particolare l’arcivescovo di New York, Timothy Dolan, il capo della Conferenza Statunitense dei Vescovi Cattolici, è andato in televisione a caldo, mostrando pur con i toni di un religioso, profonda irritazione per la mossa dell’amministrazione Democratica. Gli attacchi sono piovuti da tutte le parti: associazioni, movimenti religiosi, gruppi di volontariato.

Di fronte a una tale levata di scudi, l’amministrazione Obama ha prima tentato di minimizzare asserendo come quella scelta fosse tesa alla tutela della salute delle donne e poi si è vista costretta a una ritirata strategica: messo alle strette, sul finire della scorsa settimana, Venerdì 10 Febbraio, Obama è andato in conferenza stampa assieme al capo del Department of Health and Human Services, Kathleen Sebelius non per rimangiarsi la proposta della polizza pro-choice, la quale comunque rimane in piedi e solo opportunisticamente accantonata per guadagnare un po’ di tempo.

Di fatto l’amministrazione Obama ha ritardato l’applicazione dell’executive order a dopo le prossime le elezioni. Un tentativo d’insabbiamento che non è detto funzionerà a dovere. Il danno è fatto, e quella freccia in più, che assomiglia a un dardo ‘magico’ per i Repubblicani, ormai è stato gettato nella tenzone per la conquista alla Casa Bianca. Al C-Pac della scorsa settimana, delle decine d’invitati a parlare, in pochissimi hanno mancato d’attacca Obama per la sua guerra anti-religiosa.

Karl Rove, “l‘architetto” dei due mandati presidenziali di G. W. Bush Jr. e profondo conoscitore dei comportamenti elettorali statunitensi, oltre ad aver definito l’attacco alla libertà di religione dell’amministrazione Obama come “oltraggioso”, non ha dubbi sul fatto che ormai la tematica sia sul tappeto e che essa finirà certo per contare molto nel processo elettorale alle porte. “Sarà una big issue – ha affermato durante uno show televisivo sulla Fox News – … Sicuramente il presidente si ritroverà ad avere problemi elettorali con i latinos, i cattolici, gli evangelici e i protestanti”.

Più filosofico-politica l’analisi che George Weigel, celebre autore statunitense cattolico, fa sulla National Review Online. Per Weigel l’agenda di questa amministrazione Democratica è esplicitamente creare un nuovo Leviatano, gendarme della rivoluzione sessuale. “C’è una certa ironia nella vicenda, ovviamente. Ciò che è iniziato come un movimento per liberare la sessualità dalle costrizioni della ragione morale, dei costumi e della legge, è diventato un movimento determinato a usare gli strumenti della legge per imporre la propria decostruzione della sessualità umana e il proprio relativismo morale a tutta la società”.

C’è chi teme che l’insabbiamento della Casa Bianca possa funzionare e che la tematica ‘attacco alla religione’ scompaia dai media mainstream statutinitensi – tutti nel taschino di Obama salvo Fox News e pochi altri newtwork – soprattutto quando le tematiche economiche tenderanno a dominare la strategia comunicativa tanto della Casa Bianca, quanto quella dei candidati Repubblicani ancora in corsa.

Qualora Obama dovesse riuscire a fare dimenticare il mal danno agli elettori cattolici statunitensi, facendosi rieleggere per un secondo mandato – il più ‘pericoloso’ perché non sottomesso al vincolo psicologico della rielezione – c’è il rischio che l’agenda anti-religiosa di Obama si affermi, soprattutto alla luce del fatto che è molto probabile che durante il prossimo mandato presidenziale due dei nove giudici della Corte Suprema attualmente in servizio si dimettano per anzianità, perchè non obbligati a farlo.

Ciò permetterebbe a Obama di scegliere due giudici della Corte Suprema di sinistra (come noto i Justice una volta scelti dalla Casa Bianca e vagliati dal Congresso, rimangono in carica a vita). Qualora ciò dovesse accadere c’è il rischio che nel futuro prossimo i valori di morale pubblica che per duecento anni hanno sorretto gli Stati Uniti, la Nazione dal manifest destiny, si sgretolino del tutto.