Obama ha scelto Elena Kagan perché è la “faina” dei Democrats

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Obama ha scelto Elena Kagan perché è la “faina” dei Democrats

13 Maggio 2010

Eccoci qua, il presidente Barack Hussein Obama ha fatto la propria scelta per la Corte Suprema. Ha scelto Elena Kagan per sostituire il dimissionario John Paul Stevens, giudice decisamente liberal, nominato dall’allora presidente Repubblicano Gerald R. Ford (1913-2006) nel 1975. Nata nel 1960 a New York, baccalaureato in Storia summa cum laude alla Princeton University nel 1981 discutendo una tesi sul movimento socialista della Grande Mela all’inizio del secolo XX, “Master of Philosophy” a Oxford nel 1983, “Juris Doctor” magna cum laude alla Harvard Law School nel 1986, preside della stessa dal 2003 al 2009, ha sempre frequentato i circoli più esclusivi della “giurisprudenza progressista” statunitense, dividendosi fra mondo accademico e universo politico.

In questa veste, dal 1995 al 1999, con Bill Clinton alla Casa Bianca, ha fatto parte del White House Counsel (lo staff a contatto diretto con il presidente e da questi nominato), è stata suo viceassistente per gli Affari interni e quindi la si è promossa vicedirettore dell’importante “Domestic Policy Council”, organismo attraverso cui le Amministrazioni statunitensi gestiscono (con la sola esclusione dell’ambito economico, riservato al “National Economic Council”) la politica “di casa”. Poi, il 5 gennaio 2009 Obama ha proposto il suo nome per il ruolo di “Solicitor General”, la figura che rappresenta giuridicamente il governo presso la Corte Suprema (più o meno la nostra avvocatura di Stato, ma da quelle parti – è bello sottolinearlo tutte le volte che si può – tengono sempre bene distinti Stato e governo), e questo nonostante il fatto che la Kagan non avesse mai affrontato un’aula di tribunale. Confermata dopo le audizioni senatoriali di prassi il 19 marzo seguente, è divenuta quindi la prima donna ad assumere tale ruolo.

Ora, Elena Kagan è decisamente di sinistra, animalista, nubile poiché notoriamente lesbica e del tutto incline a favorire quel nodo sempre e comunque centrale della politica statunitense che si chiama aborto. La sua nomina per sostituire Stevens, il quale dovrebbe andarsene in pensione con i mesi estivi, dovrà passare il vaglio del Senate Judiciary Committee, ma è assai probabile che la Kagan ce la farà. Ecco, scegliendo lei, Obama mostra una volta in più il tratto marcatamente ideologico della propria presidenza, ma anche tutta la scaltrezza che lo contraddistingue, oggi peraltro nei panni dell’ultimo salvagente dell’Amministrazione.

Che infatti la Kagan sia una liberal che piace molto al mondo liberal è cosa indubbia, ma ciò detto ella non è un falco. Nemmeno una colomba, ovvio. Più che altro è una volpe, o forse, meglio, il suo animale totemico di riferimento è la faina. La Kagan sa cioè attendere, conosce il camouflage, è conscia del fatto che per avanzare più speditamente occorre talora arretrare un tantino. Insomma, è una consumata maestra di tattica, e nelle mani di Obama diventerà la pedina di una grande strategia. Mentre già si accendono le polveri della battaglia per la conferma senatoriale della sua candidatura, trapelano infatti i “primi dossier”. Ma quegli stessi faldoni a orologeria che quando c’è di mezzo un candidato conservatore alla Corte Suprema sfoderano il “costituzionalismo originalista” come un’accusa infamante e usano “reati” quali il credere fermamente nel diritto naturale come corpi contundenti sbucano ora “all’improvviso” per mostrare al pubblico americano il “volto umano” della Kagan.

I dossier dicono infatti che la candidata alla Corte Suprema abortista certo lo è, epperò aggiungono, anzi sottolineano, che nel 1997 ella consigliò l’alt all’estremismo dei coniugi Clinton. Tutta tattica, ovvio, ma la Kagan s’impegnò affinché la presidenza sostenesse la proposta di vietare gli aborti a gravidanza avanzata (eccetto il caso di rischio per la vita della madre) strategicamente voluta dal senatore del Partito Democratico Thomas Andrew Daschle allo scopo di tagliare sul nascere le gambe a ogni possibile rilancio in grande stile da parte della schiacciante maggioranza Repubblicana al Congresso di allora, la quale di fronte a un irrigidimento ideologico della presidenza avrebbe potuto chiedere e forse persino piuttosto facilmente ottenere restrizioni assai più forti. E a Clinton la Kagan consigliò, con tattica analoga, pure il profilo bassissimo sulla clonazione umana.

Dunque oggi questa veterana degli equilibrismi parlamentari e salottieri è l’animale di razza che serve a Obama per muovere il primo passo in un campo minato (la Corte Suprema) disteso in un territorio infido (la grande e composta rivolta popolare in campo oramai da mesi): volpe che sa muoversi con circospezione, dentro la Corte Suprema (se confermata) saprà alla bisogna agire come una faina per preparare (questa l’intenzione) il banchetto al prossimo avvoltoio. Scegliendo la Kagan, infatti, Obama conferma la linea furba che su di lui s’ipotizzava alla vigilia: niente scontenti per il mondo liberal a cui entrambi fanno riferimento, ma evitando una candidatura scopertamente radicale per cercare di smorzare ogni possibile reazione conservatrice, la Casa Bianca prende tempo cercando di spuntarla alle elezioni di medio termine di quest’anno per poi magari pensare di sfangarla pure alle presidenziali del 2012. Ma soprattutto rimandando tutto il danno che a essa sarà possibile fare dentro la Corte Suprema solamente di poco, all’autunno.

Per ora, infatti, la scelta della Kagan non altera affatto il rapporto tra progressisti e conservatori dentro le mura del massimo tribunale del Paese (né di fatto annulla l’effetto virtuoso prodotto dalle nomine a suo tempo operate da George W. Bush jr.). Ma se la Kagan riuscirà a distrarre il pubblico americano per il tempo sufficiente, le prossime nomine di Obama in quella sede potrebbe davvero essere un diluvio. È qui che i giudici non liberal dentro la Corte Suprema debbono prestare la massima attenzione, è qui che i Repubblicani fuori di essa debbono fare di tutto onde smascherare l’ipocrisia di queste ore, è qui che i conservatori delle piazze, delle strade e delle urne non debbono abbassare la guardia.

Marco Respinti è il Direttore del Centro Studi Russell Kirk