Obama ha scelto l’Asia per riprendersi dalla batosta delle midterm
08 Novembre 2010
Ora che ha pagato con la sconfitta alle midterm la sua ambiziosa riforma sanitaria, Obama può sfruttare i due anni che gli restano in politica estera, cercando di trasformarla in una risorsa per l’economia Usa. La visita in India, prima tappa del lungo viaggio che il Presidente ha intrapreso in Asia, da ieri fino al 14 novembre, serve a rassicurare gli elettori che lo hanno sfiduciato: più accordi commerciali all’estero, più occupazione negli Usa. Così mentre Obama onora le ceneri di Ghandi, il comparto dell’aviazione bellica americana chiude contratti a nove zeri con gli indiani.
I giornali dicono che la vera sorpresa di questo vertice sia stato il sostegno Usa alla candidatura dell’India al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, anche se Obama si è limitato a dire "Nei prossimi anni, guardo con favore a un Consiglio di sicurezza dell’Onu permanente con l’India come membro", oppure strappi con il Pakistan sul Kashmir: ieri il Presidente ha detto che le relazioni tra Delhi e Islamabad devono migliorare, anche se il governo Singh sa bene che gli Stati Uniti hanno concesso altri due miliardi di dollari all’alleato pakistano nella guerra in Afghanistan. Chi assicura come verranno spesi questi soldi? E che accadrà quando gli Usa lasceranno Kabul?
Se il passaggio in India di Obama segue un percorso naturale nelle relazioni tra i due Paesi, non sottovalutiamo l’importanza delle altre tappe del viaggio. Il 9 novembre il Presidente sarà a Jakarta, la città dove ha vissuto quattro anni nella sua infanzia e che considera il luogo decisivo per la sua formazione in politica estera. Nella capitale indonesiana, uno dei posti al mondo dove Obama ha il consenso più grande, farà un nuovo discorso sull’Islam, sull’Islam pacifico, forse in una moschea.
Poi sarà la volta della Corea del Sud, un alleato-chiave visto che i sudcoreani sono il settimo partner commerciale degli Usa, e il Giappone, che attualmente ha un governo molto più favorevole agli americani e sul lungo periodo resta la potenza decisiva dell’area per contenere la Cina. Il vertice del G-20 previsto a Seoul tra l’11 e il 12 novembre dovrebbe sancire questo riallineamento della politica estera americana – il progetto obamiano di sganciare gli Usa dal Medio Oriente, portare fuori il Paese da due guerre, e resettare gli interessi strategici americani guardando verso l’Asia.
Il convitato di pietra del G-20 sarà la Cina, che logicamente è rimasta tagliata fuori dal tour delle democrazie asiatiche. Ma tranquilli, Obama non è il tipo di Presidente che ordina nuove manovre militari congiunte con gli alleati asiatici (India, Giappone, Singapore, Australia), come accadde nel 2007. E gli Obama boys stanno facendo di tutto per non urtare la suscettibilità dei comunisti cinesi.