Obama, le armi chimiche e i partigiani di Mosul

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Obama, le armi chimiche e i partigiani di Mosul

23 Settembre 2016

Mosul è la seconda città più grande dell’Iraq. Due anni fa, è stata espugnata dai jihadisti dell’Isis. Dalla moschea di Mosul il califfo Baghdadi teneva i suoi primi infuocati sermoni dell’odio.  All’inizio di ottobre, l’esercito regolare iracheno affiancato dai peshmerga curdi e dai consiglieri militari americani, con la copertura aerea della Coalizione a guida Usa, entrerà a Mosul per riconquistare la città. L’assedio potrebbe rivelarsi sanguinoso e ci si aspetta un milione di profughi in fuga.

La notizia è che dentro Mosul operano già gruppi di partigiani che si stanno battendo contro Isis. La lettera “M” di mukawama, la parola araba per “resistenza”, è apparsa sui muri della case dove vivono i capi dello stato islamico. I partigiani, giovani ed ex militari, riuniti in gruppi di due o tre persone, ascoltano le radio straniere (Isis ha chiuso Internet), hanno il sostegno della popolazione, passano informazioni agli americani sulla posizione dei miliziani (una dozzina di raid mirati contro target del Califfato negli ultimi giorni). 

Cinque jihadisti a bordo di un pick-up sono stati feriti e uccisi dalla resistenza, una donna, armata di un coltello nascosto sotto il vestito, ne ha fatti fuori altri due. Saddam aveva militarizzato la popolazione irachena e a Mosul c’è gente che sa usare le armi leggere, raccogliere le mine piazzate da Isis e usarle contro i jihadisti. Raccontiamo tutto questo perché essere una “quinta colonna” dentro il regno del terrore è un gesto di coraggio che le democrazie occidentali dovrebbero non solo apprezzare ma sostenere. Sperando che i nostri alleati di oggi non si trasformino nel nemico di domani, è già accaduto.

In ogni caso, a Mosul ribellarsi è pericoloso. I sospetti incriminati di aver vergato la “M” sui muri della città sono stati condannati a morte. Dopo l’episodio della donna che ha accoltellato due miliziani, Isis ha vietato l’uso del velo in pubblico (lo dice la agenzia iraniana FarsiNews). 200 persone sono state arrestate negli ultimi mesi con l’accusa di essere delle spie, altre 60 sarebbero detenute per aver trasgredito all’ordine di non visitare le tombe dei loro parenti durante una festività. 

Nei giorni scorsi, i jihadisti hanno sparato un missile con agenti chimici (“sulfur-mustard agent”) dentro una base USA. A quanto pare in Iraq, le armi chimiche – dicono rubate ai depositi segreti del siriano Assad – ci sono eccome. Dieci anni fa, Bush e Blair vennero inchiodati all’accusa di aver scatenato una guerra basata sulla menzogna, per aver detto che Saddam nascondeva armi di distruzioni di massa. Oggi il il Califfo spara razzi con agenti chimici dentro una base Usa, ma Obama non sventola la “smoking gun”.  

La storia ci ha insegnato che i partigiani difficilmente vincono da soli battaglie come quella di Mosul. Così la domanda che bisogna farsi adesso, visto che ad ottobre alla Casa Bianca ci sarà ancora Obama, è se gli americani faranno sul serio. Se e come aiuteranno sul campo la resistenza contro Isis a Mosul.