Obama, le donne e i cinema dell’Arabia Saudita

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Obama, le donne e i cinema dell’Arabia Saudita

11 Giugno 2009

Dopo il suo discorso all’Islam, Obama ha ottenuto un risultato fantastico, epocale, straordinario. Per la prima volta da 30 anni gli abitanti di Ryad, in Arabia Saudita, sono andati a cinema.

Obama l’aveva annunciato “ci sarà un nuovo inizio nei rapporti fra civiltà occidentale e Islam”. Qualche giorno e il miracolo si realizza: nella capitale medievale del regno saudita, sotto l’occhio accigliato dei censori wahhabiti, apre un cinema, un vero cinema con un vero film. 300 privilegiati possono varcare giubilanti l’ingresso stringendo il prezioso biglietto fra le mani.

Il film s’intitola “Menahi” ed è una commedia in cui un agricoltore di provincia scopre gli inganni della tentacolare città senza radici. Praticamente le dolci oasi del deserto da una parte contro un mondo metropolitano dominato dal vile denaro. La commedia è un successo anche perché l’industria cinematografia locale non offre molta scelta.

Sembrerebbe davvero che nel Paese arabo alleato degli Usa le cose stiano cambiando e che dobbiamo tutto questo a Obama, il presidente del dialogo e della tolleranza. “America e Islam non sono realtà antitetiche – aveva detto al Cairo – Ogni nazione realizza il principio della democrazia a suo modo e secondo le tradizioni della propria gente”.

Ed è verissimo, aveva proprio ragione. Ci sono delle tradizioni in Arabia Saudita che esaltano la democrazia. Nel cinema di Ryad infatti c’era un pubblico esclusivamente maschile. Neppure l’ombra di una donna. In fondo, secondo Obama, dobbiamo rifiutare “l’idea di qualche occidentale, per cui una donna che sceglie di coprirsi i capelli è in qualche modo meno uguale delle altre”. Peccato che se decide di andare a cinema non la fanno entrare.