Obama manda la Cia in Siria. E Kofi Annan getta la spugna
03 Agosto 2012
Quando Obama entra in scena in Medio Oriente, in genere è poco risolutivo ma molto rumoroso. Così sembra anche questa volta. Mentre il dipartimento di Stato fa sapere di aver stanziato 25milioni per appoggi non letali ai ribelli e 60 per assitenza umanitaria, Obama fa capolino da una pagine fin’ora chiusa, e si capisce sempre di più come la guerra di Siria sia un gioco a mosca cieca. Si viene a sapere adesso che deluso dall’incapacità del Consiglio di Sicurezza di comminare serie punizioni adAssad, Obama ha firmato allora ordini segreti che autorizzano l’aiuto americano ai ribelli da parte della CIA e di altre organizzazioni che agiscono coperte. E’ un tipo di azione di intelligence detta “finding”, individuazione, e consente aiuti di vario genere a quelli che le agenzie ritengano opportuni partner.
Questi e altri sviluppo segnalano uno spostamento americano verso il supporto agli oppositori armati di Assad. Le fonti che hanno dato la notizia insistono che Obama non avrebbe fornito “armi letali”; ma è difficile verificare una simile dichiarazione. Sembra anche, da una fonte americana, che gli USA stiano collaborando con la Turchia, il Qatar, l’Arabia Saudita in un’organizzazione che avrebbe la sua sede ad Adana nella base di Incirik, il centro americano militari e di intelligence. L’attività turca di aiuto ai ribelli si sa che è forse la più robusta. ABC news afferma che la Free Sirian Army ha ottenuto due dozzine di missili terra aria e la consegna tramite il territorio turco di lanciamissili da spalla. Insomma si muovono molte armi verso le mani dei ribelli, si conta sulla voce dei cannoni per dire la propria, mentre tuttavia sempre di più si capisce che il terreno dell’opposizione è minato da forze terribilmente inquoietanti.
E’ una contraddizione notevole. Gli americani sanno bene che la presenza di Al Qaeda sul terreno è diventata importante e organizzata e che è risultata in circa 200 morti e mille feriti ottenuti fra le forze di sicurezza con attacchi suicidi. Al Qaeda ha raddoppiato i suoi uomini con circa 200 operativi provenienti dall’Iraq: prima la Siria era la strada di passaggio per l’organizzazione di Bin Laden verso l’Iraq, ora è vero il contrario. A Aleppo, Damasco, Dera, Idlib, il gruppo ha stabilito cellule guidate da Abu Muhammad al Julani, un jihadista veterano. Obama, oltre alle consuerte incertezze sulle intenzioni degli insorti, sa di avere a che fare con il suo nemico storico, nelle cui mani tuttavia potrebbero cadere i suoi aiuti, come nelle mani di altri gruppi antiamericani. E’ un bel dilemma, mentre le milizie di Assad divengono vieppiù feroci e il cerchio si stringe intorno al rais. Anche se la Russia si oppone alla risoluzione saudita all’Assemblea generale dell’ONU, pure anche a Mosca si spera in un’uscita di Assad, comunque, macellaio del suo popolo.
I nemici si moltiplicano ogni giorno, Leon Panetta, il segretario alla Difesa americano ha dichiarato ieri in coro col re di Giordania Abdullah che Assad se ne deve andare, e questo mentre si svolgeva uno scontro a fuoco fra siriani e giordani sul confine, vicino alla cittadina di Ramtha. Intanto i ribelli hanno occupato un punto prossimo alla frontiera con l’Iraq, così da controllare l’autostrada che mette in comunicazione la Siria con Bagdad. Tutto il mondo vuole mettere un suo segno sulla fine di Assad, i risultati dello scontro incardineranno il futuro del Medio Oriente, la pace e la guerra ne saranno determinati. Lo scenario odierno è il solito confuso orrore: a sud Ovest di Damasco 48 morti nell’ambito dell’arresto di 100 giovani in una scuola, torturte, abusi, esecuzioni sommarie; i ribelli hanno bombardato però l’aereoporto militare militare di Menagh, presso Aleppo,da dove gli elicotteri e gli aerei di Assad prendono il via per le note incursioni sanguinose; e nella stessa Aleppo a sei giorni dalla battaglia, i ribelli si vantano di controllare il 70 per cento della città, ma la città a sei giorni dalla battaglia è ancora un caos, isolata telefonicamente; si moltiplicano i movimenti disordinati di masse affamate, la FAO conta tre milioni di persone che hanno o avranno presto bisogno di tutto, dal cibo fino all’irrigazione dei campi e degli orti che stanno morendo, tutto va a male nell’inondazione di sangue: grano, orzo, olive, ortaggi.
Non tutto va nella medesimo direzione: un articolo del giornale libanese al Joumhouria rivella che dopo l’assassinio dei quattro dignitari di Assad di qualche giorno fa, il capo degli Hezbollah Hassan Nasrallah ha contattato Bashar Assad, e dopo essersi informato sulla sua salute e sul suo morale, gli offre due forme di assistenza: gli dice che gli manderà le forze speciali degli hezbollah in aiuto in qualsiasi momento anche se dovranno combattere in campo aperto contro i ribelli. Ma in seconda istanza, gli dice anche che lo invita nella sua residenza personale a Beirut (un bel bunker!) o nell’ambasciata iraniana, con cui evidentemente ha degli accordi. Insomma, anche in questo caso la possibile fuga di Assad è nelle cose, e probabilmente Nasrallah si interroga anche sul suo personale destino e su quello dell’asse iraniana. E’ anche per questo che l’asse saudita qatarina è così attiva, l’asse sciita non vede l’ora di veder sparire quello sciita, e nella sua qualità di attuale alleato.
(tratto da Il Giornale)