Obama, meraviglioso essere a Berlino. Molto è cambiato dal 2008
20 Giugno 2013
di redazione
Porta di Brandeburgo, Berlino. I tedeschi ascoltano il Presidente americano Barack Obama, con accanto la Cancelliera Merkel, parlare di pace, riduzione degli arsenali atomici, muri che cadono tra le civiltà. "E’ meraviglioso essere qui," dice il Presidente, 50 anni dopo lo storico discorso di Kennedy. La Porta di Brandeburgo è il luogo dove il presidente Kennedy disse agli abitanti della capitale, appena divisa in due dal Muro, “siamo tutti Berlinesi”. E dove, molti anni dopo, il presidente Reagan avrebbe chiesto a un Gorbaciov ormai stremato: “Mr. Gorbaciov, faccia cadere questo muro!”.
Poi Obama rompe le formalità: "Fa molto caldo, toglierò la giacca, fatelo anche voi, siamo tra amici". ”Non ci puo’ essere nessun muro che interrompa il desiderio di giustizia, il desiderio di libertaà, il deciderio di pace”, incalza. Ottomila agenti su seimila invitati vegliano sulla sicurezza del commander in chief. "Superiamo le posizioni della Guerra fredda e riduciamo gli armamenti nucleari di almeno un terzo", chiede Obama, ma i russi non si fidano e dal Cremlino fanno sapere che non prendono sul serio la proposta se gli Usa continueranno nel programma per lo sviluppo dello scudo antimissile. "Gli Stati Uniti prenderanno in considerazione l’uso di armi nucleari soltanto in circostanze estreme per difendere gli interessi vitali degli Stati Uniti e dei suoi alleati e partner", assicura Obama.
Il presidente lancia anche un messaggio alla signora Merkel sulle ricette economiche. "È vero che dobbiamo preoccuparci di equilibri fiscali e di riforme", dice il Presidente, aggiungendo che i primi a farsene carico dovranno essere gli Usa, ma nello stesso tempo servono riforme per la crescita e per l’occupazione. Una sottolineatura importante considerando la discussione in atto nella Ue e quanto è stato detto al G8 in Irlanda del Nord. La Merkel abbozza e ringrazia: "è anche per merito dei nostri amici americani se non c’è più il Muro" ma non risparmia una battuta sul datagate, spiegando che a suo parere è necessario trovare un equilibrio tra le esigenze della sicurezza e quelle della privacy.
Il Presidente non manca di ricordare che gli Usa "devono fare di più nella lotta ai cambiamenti climatici" e a proposito dei talks con i Talebani "spero che le trattative proseguano nonostante le difficoltà". Da registrare anche l’ennesima protesta del gruppo Femen, che al passaggio del corteo presidenziale si denuda con scritte "Obama Help" sui corpi delle militanti.
Il discorso alla Porta di Brandeburgo riprende alcuni temi di quello pronunciato nel 2008, appunto, quando Obama era ancora un senatore impegnato nella sua campagna elettorale per le presidenziali. Anche allora il Presidente Usa cercò di blandire gli europei parlando di un mondo sempre più interconnesso e globalizzato, ma non riuscì a prendersi come location la Porta di Brandeburgo, proprio per il "niet" di Frau Merkel. Stavolta sì.
L’Europa e la Germania continuano ad amare Obama, perché è cool, perché ha vissuto fuori dagli Usa – non viene dal Texas e non somiglia a un cowboy, perché sua madre è nata nel cuore dell’America ma sua padre era cresciuto in Kenya. E suo nonno era un cuoco, un servitore domestico degli inglesi. Obama piace perché parla di cooperazione, dopo anni di maldipancia tra gli Usa e l’Europa, e quel riferimento all’ambiente è un altro tema caro ai tedeschi. Con una differenza rispetto al 2008. Allora il Presidente lasciò molti musi lunghi tra socialisti, verdi e pacifisti, chiedendo maggiore impegno sul fronte afgano, oggi con i Talebani si tratta.
Molti europei credono che Obama sia un nuovo John F. Kennedy ma, nello stesso tempo, non sanno o non ricordano quale fu la politica estera del presidente Kennedy. Certamente non una trionfale marcia pacifista. Quando nel 1963 Kennedy parlò alla folla che si era riunita davanti alla City Hall di Berlino Ovest il suo discorso fu un appello determinato alla lotta contro il Comunismo. Tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta i sovietici avevano prima schiacciato il dissenso in Germania Est e in Ungheria e poi si erano alleati con Castro minacciando gli Usa nel “cortile di casa”. Nel 1961 avevano alzato, in una sola notte, il Muro di Berlino.
Kennedy si rivolse a “tutti quelli che nel mondo non capiscono, o dicono di non capire, qual è la grande questione tra il mondo libero e il mondo comunista”. Se la prese con “chi in Europa e altrove sostiene che possiamo dialogare con i comunisti”. Il presidente credeva che la libertà fosse un bene indivisibile, “quando un uomo è sottomesso siamo tutti prigionieri”. Ma soprattutto vide un giorno in cui il Muro sarebbe caduto e la Germania sarebbe stata riunificata. “Quando quel giorno arriverà, e arriverà, i cittadini di Berlino Est si prenderanno la giusta rivincita per essere stati in prima linea al fronte per vent’anni”.