Obama primo nella corsa al dollaro

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Obama primo nella corsa al dollaro

Obama primo nella corsa al dollaro

19 Aprile 2007

Gli analisti del settore si aspettavano una vittoria netta (in termini di soldi) della Senatrice Democratica  Hillary Rodham Clinton (N.Y.) per quanto riguarda la raccolta di fondi in vista delle elezioni primarie e, da parte Repubblicana, una facile supremazia del Senatore John McCain (Ariz.).  Invece, il rapporto sulla raccolta fondi redatta dalla Commissione Federale per le Elezioni ha mostrato al primo posto (con più di 25 milioni di dollari) il Democratico dell’Illinois, Barack Hussein Obama, mentre dalla parte dell’Elefante Blu, il campione d’incassi per il Primo Quarto è stato l’ex-Senatore del Massachusetts, Mit Romney con 21 milioni di dollari. Più in generale, i tre maggiori candidati democratici hanno raccolto il doppio (60,8 milioni) dei loro colleghi repubblicani (29 milioni). Secondo il Democratico Ted Devine, un esperto di strategia elettorale, intervistato dal Washington Post, il significato di questi risultati è che ci saranno da ambo le parti molteplici candidati in grado di sfidarsi alle Primarie, e per questo motivo, sarà la campagna elettorale più astuta ad essere vincente e non semplicemente la più ricca.

Nel frattempo, gli stessi analisti politici americani hanno il loro bel da fare a calcolare ogni possibile parametro statistico per cercare di capire quale sia stata la causa di una buona performance e dove un candidato può migliorare o un altro peggiorare.  Secondo un’analisi riportata da MarketWatch e condotta dal Center for Responsive Politics, sono i democratici ad avere più soldi in banca e nello stesso tempo ad aver speso meno denaro durante il Primo Quarto del 2007.  Per esempio ,la Clinton fino ad oggi avrebbe raccolto 36 milioni, spendendone 5,1 e avendo quindi 31 milioni a disposizione con un “burn rate” (quanto rapidamente si spendono i soldi) del 14%.  Il suo rivale Obama avrebbe finora raccimolato 25,8 milioni, spendendone 6,6 e potendo quindi contare su 19,2 milioni, con un burn rate del 26%.  Edwards potrà contare invece su 14 milioni guadagnati e 3,3 spesi per un totale di 10,7 milioni e un burn rate del 24%.  Gli altri candidati democratici sono Chris Dodd con 7,5 milioni, Bill Richardson con 5 e Joe Biden con 2,8 milioni di dollari.

Sempre secondo MarketWatch, Hillary Clinton risulterebbe la più ricca ma Obama sarebbe il miglior raccoglitore di fondi per il Primo Quarto di quest’anno, inoltre, i suoi donatori non avrebbero raggiunto il limite di spesa fissato a 2,300 $ quindi, teoricamente, l’”Illinois Boy” potrebbe tornare da loro a battere cassa, mentre il 68% dei soldi della Clinton provengono da persone che hanno già dato il massimo contributo (dati del Campaign Finance Institute).

Sempre per quanto riguarda Hillary Clinton, i suoi soldi provengono principalmente da cinque aree e precisamente 5,518,913 di dollari dalla città di New York e dai sobborghi settentrionali, 2,239%2C226 da Washington D.C., il Maryland del sud e parte della Nuova Virginia, 2,065,450 da Los Angeles, 1,699,212 dalla Baia di San Francisco, 1,676, 491 da parti della Florida centrale e meridionale mentre ben 917,521 dollari provengono a sorpresa dal Texas centro meridionale. Per Barack Obama, invece, il maggior numero di dollari (3,687,527 milioni) proviene dalla sua terra natia, l’Illinois centro-orientale, seguita da New York e sobborghi con 2,483,344 di dollari. Le altre aree corrispondono più o meno a quelle della Clinton, a parte il Texas.

Passando ai Repubblicani, Mit Romney ha raccolto molti soldi nello Utah (2,781,671 mil.), dal Massachusetts orientale ( 1,715,446 mil.) e dalla California del sud (1,228,350 mil.). L’ex-sindaco Rudy Giuliani ha sbancato New York ricevendo da qui 2,927,156 milioni di dollari; il resto dei suoi proventi sono egualmente distribuiti tra la California, il Nevada, la Florida e il Texas. McCain ha raccolto la maggior parte dei suoi contributi dall’Arizona del Sud (1,202,440 mil.), mentre il resto dei suoi soldi provengono in maniera equanime da quasi tutto il territorio degli Usa.

La situazione per McCain non sembra delle più rosee, come da lui stesso ammesso. Romney, d’altro canto, ha dimostrato di poter raggranellare un cospicuo bottino ma anche di avere le mani un po’ bucate (ha speso più del doppio della Clinton). Rudolf Giuliani, invece, l’eroe del Sept. Eleven ed ex-sindaco della Grande Mela, si ritrova ad essere il “paperone” dei repubblicani anche se ha già ricevuto più del 54% dei suoi soldi da contributori che hanno raggiunto il limite di 2,300 $.

Michael Malbin, direttore esecutivo del Campaign Finance Institute, ha un opinione precisa in merito a questi risultati: “Nonostante il numero crescente di piccoli donatori, il nostro sistema presidenziale continua a fornire enormi vantaggi nelle primarie a quei pochi candidati che sono in grado di sviluppare una vasta rete di contributori quasi un anno prima delle elezioni primarie… il pericolo risiede nel fatto che altre voci con differenti messaggi da lanciare non saranno mai ascoltate durante le campagne future, e questo impoverirà la nostra democrazia.”

In merito a ciò, qualcuno si ricorderà che alla fine del 2000, Fareed Zakaria chiedeva al giornalista George Stephanopoulos se nel 2004 il Partito Democratico avrebbe ricandidato Al Gore alla presidenza ma la risposta che ottenne fu alquanto inaspettata: “Non esiste un partito democratico…Se Gore vuole ricandidarsi deve solo trovare il denaro necessario, farsi una buona pubblicità e salire nei sondaggi: questo gli consentirà di avere più soldi e maggior appoggio dalla stampa.”

Mentre noi in Europa siamo da sempre abituati a pensare ai candidati politici come degli specchi dei loro rispettivi partiti, da un po’ di tempo a questa parte, in America, è vero esattamente l’opposto: sono i partiti a riflettere le idee politiche dei loro candidati.  Il “suicidio” dei partiti politici (così come lo definisce Zakaria) risale alla generazione dei figli dei fiori che, durante le numerose proteste di piazza contro il Vietnam, per i diritti civili e perfino a Woodstock, chiedevano a gran voce una maggiore partecipazione politica.  Fu allora che il partito Democratico cambiò il sistema di scelta dei suoi candidati e lo delegò al popolo per mezzo delle elezioni primarie, quello Repubblicano fece lo stesso poco tempo dopo. In altre parole, la politica americana è stata democratizzata, facendo salire alla ribalta una nuova figura: i raccoglitori di fondi. Oggi il punto di forza forse più importante per un politico americano è dato infatti dalla sua capacità di raccogliere quanti più soldi possibili.

Come conseguenza di questa democratizzazione perversa, i politici stessi sono oggi più malleabili e vulnerabili, essendo giustamente terrorizzati dall’idea di uscire dal sistema se non sono in grado di “elemosinare” (passatemi il termine) quanti più biglietti verdi possibili.  Inoltre, dando una rapida occhiata ai contributori di Barack Obama, si trovano molte star del cinema: da Eddie Murphy a Tobey McGuire, da Ben Stiller a Ed Norton e la politica rischia di diventare terreno fertile per questo tipo di pubblicità indiretta che colpisce l’americano medio passando per i divi ritratti nei suoi poster. Obama dovrà pur valere qualcosa in fin dei conti, se l’ha supportato Eddie Murphy.