Obama reagisce all’onda nera ma il distastro ambientale sembra inevitabile
01 Maggio 2010
La marea nera, fuoriuscita dalla piattaforma della British Petroleum Deepwater Horizon, sprofondata nel golfo del Messico il 22 aprile scorso, ha toccato terra e in America è stato già decretato lo stato di catastrofe naturale. Barriere di gomma e sacchi di sabbia sono diventate tutte piccole cose rispetto al cataclisma ambientale che si sta abbattendo sulle coste della Louisiana e del Mississippi e a breve, nelle attuali condizioni di venti e correnti, anche dell’Alabama. La perdita si è rivelata cinque volte più grave di quanto si era previsto inizialmente e potrebbe essere persino più dannosa per l’ambiente del disastro della Exxon Valdez, che nel 1989 ha devastato le coste dell’Alaska. Sono a rischio centinaia di specie di pesci, uccelli e altre forme di vita di un ecosistema particolarmente fragile e già sottoposto a traumi con il passaggio dell’uragano Katrina. A New Orleans, ad esempio, la città devastata dal ciclone del 2005, giovedì l’aria è diventata pesante per i vapori acri del greggio e i centralini comunali sono stati intasati dalle denunce dei residenti.
La risposta della British Petroleum, che allo scoppio della piattaforma galleggiante aveva dichiarato di essere pronta ad accollarsi il conto, è stata tempestiva ma non sufficiente a fronteggiare il disastro ecologico in pieno svolgimento. In questi ultimi giorni, la compagnia petrolifera ha dispiegato oltre mille uomini, 33 navi, cinque aerei da ricognizione e sta spendendo sei milioni di dollari al giorno per tentare di coprire il pozzo danneggiato.
Anche per Obama sono momenti difficili. Il presidente americano ha ordinato un’inchiesta sull’incidente e ha chiesto di avere risultati entro 30 giorni. Washington ha mobilitato “tutte le risorse disponibili”, anche ministri e Guardia Nazionale, per frenare il disastro ecologico che ha già causato la morte di undici persone. E’ stato aperto anche un sito Internet ufficiale, deepwaterhorizonresponse.com, che minuto per minuto informa della situazione. Due aerei dell’esercito sono stati inviati in Mississippi e sono pronti ad entrare in azione appena sarà necessario, ha fatto sapere il portavoce dell’Aeronautica americana, il maggiore David Faggard. La Marina ha già inviato l’equipaggiamento necessario per bonificare le acque inquinate, mentre alcuni fedelissimi di Obama stanno raggiungendo la zona colpita per coordinare gli interventi. Fra questi, il ministro per la Sicurezza interna, Janet Napolitano, il ministro dell’Interno, Ken Salazar, e la responsabile della Enviromental Protection Agency, Lisa Jackson che incontreranno alti dirigenti della British Petroleum insieme al governatore della Louisiana, Bobby Jindal.
La catastrofe rappresenta un duro colpo per la politica energetica dell’Amministrazione Obama. Washington ha annunciato lo stop alle trivellazioni petrolifere in nuove aree “finché non scopriamo quel che è successo e se è successo qualcosa di unico e di prevenibile”, ha detto il consigliere David Axelrod all’emittente televisiva Abc per spiegare il cambio di rotta. Soltanto qualche settimana fa, infatti, Obama aveva annunciato un nuovo piano di trivellazioni al largo delle coste atlantiche e del golfo del Messico per ridurre la dipendenza dell’America dal petrolio straniero. Giovedì sera, la Casa Bianca aveva difeso il piano del presidente perché “ponderato e scientificamente fondato”, poi la brusca frenata. La moratoria delle trivellazioni nelle acque americane potrebbe avere conseguenze sulle riserve globali di petrolio.
E’ un colpo durissimo per la British Petroleum, maggior produttore di greggio nel golfo del Messico e numero tre al mondo nel settore energetico, con un output di 400 mila barili al giorno. Nulla a che vedere, comunque, con i danni inimmaginabili che sta subendo l’ambiente. Il pozzo sventrato dall’esplosione continua a disperdere petrolio, il vento soffia sul golfo del Messico nella direzione opposta a quella sperata e i pescatori della Louisiana si preparano a rimanere senza lavoro per anni. Ci vorranno almeno tre mesi per arginare questo disastro ambientale e fino ad allora non sapremo mai dove sarà arrivata l’onda nera.