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Obama – Romney, la sfida all’ultimo voto si gioca in Ohio
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04 Novembre 2012
Obama 50 per cento, Romney 48 per cento. E’ l’ultimo sondaggio da Columbus, capitale dell’Ohio, il "bellwether state" universalmente considerato il termometro dell’Election Day americano. Due punti di vantaggio non sono un granché per il Presidente democratico, equivalgono praticamente ad un pareggio, e infatti una rilevazione Rasmussen del primo novembre dava gli sfidanti come "tie", appaiati.
Il Team Obama sostiene che "l’early vote", il voto anticipato, sarà favorevole al Presidente e che quindi neri, donne, giovani, poveri, minoranze voteranno compatti per lui come fecero quattro anni fa decretandone il successo, ma l’impressione generale è che stavolta non saranno costoro a decidere il risultato. L’Ohio anziano e delle classi medie, delle contee più urbanizzate e industrializzate, sembra indeciso ma comunque incline a rieleggere il Presidente che ha investito in istruzione e sanità. L’Ohio bianco e operaio, che va in fabbrica e non ha studiato, è dalla parte di Obama, convinto che il salvataggio dell’automobile sia stata la mossa giusta per i lavoratori americani. Lo Stato "madre dei presidenti" è la propaggine di quella "Rust Belt", (l’ex) cuore industriale dell’America (Cleveland è capitale mondiale del pneumatico), spazzata dalla Grande Crisi ma che ha saputo ritrovare la forza per risorgere dalle ceneri del capitalismo finanziario tornando a produrre.
Il sindaco di Columbus, il democratico Coleman, ha usato l’austerity e la leva fiscale per far ripartire infrastrutture e progetti di sviluppo d’accordo con l’imprenditoria locale. Risultato: la città oggi vanta il tasso di disoccupazione più basso dello Stato, 6,5 per cento. Il governatore dell’Ohio, il repubblicano Kasich, ha dovuto sostenere con difficoltà le tesi di Romney sul disastro economico dei democrats, visto che nel suo Stato la disoccupazione è al 7,9 per cento, un po’ più alta dei livelli pre-crisi. E allora, se qui la ricetta obamiana sembra aver funzionato, perché Romney è risalito nei sondaggi e tallona il Presidente? Perché appunto l’Ohio è specchio degli Usa nella loro pluralità. Stato industriale ma anche rurale, voto operaio e voto religioso, ed è al popolo della Fede che si aggrappa Romney ben sapendo che nessun candidato repubblicano è diventato Presidente senza vincere in Ohio.
Sembra infatti che l’elettorato evangelico, dopo la primordiale diffidenza verso il mormone Romney, si sia convinto che vale la pena votarlo pur di evitare la deriva multiculti e "socialista" e così nei mesi passati Mitt si è guadagnato l’endorsement di Bill Graham, Jerry Falwell e Ralph Reed, la trimurti della base religiosa repubblicana. Nel 2008, il voto evangelico in Ohio valeva il 30 per cento dell’elettorato e continua ad avere un’importanza strategica negli altri "stati ballerini", Wisconsin, Iowa, North Carolina, Florida. Se si muovono gli evangelici, per Obama saranno guai. I due sfidanti hanno percorso in lungo e in largo l’Ohio durante la campagna elettorale (tornandoci almeno un’ottantina di volte), concentrando nella terra del "Bel fiume" attese e speranze dei fronti contrapposti – l’America scontenta ma pronta a ridare fiducia al Presidente e quella che invece pensa che sia ora di cambiare rotta. Mai come in queste ore la partita per le presidenziali Usa sembra aperta e da giocare. Mai come in Ohio il presidente Obama è stato così nervoso.