Obama sfida Isis e non cambia strategia
15 Dicembre 2015
Attenzione a non travisare ciò che ha detto ieri il presidente Obama parlando dell’Isis in un raro discorso pronunciato al Pentagono, circondato dai suoi generali. Innanzitutto va sottolineato che il comandante in capo sostanzialmente conferma la strategia intrapresa contro lo Stato islamico, rivendicando che da settembre lo spazio vitale di Isis in Iraq si è ridotto del 40% e snocciolando i nomi dei boss islamisti eliminati fino a questo momento.
La scelta di parlare dal Pentagono però indica che Obama, dopo gli attacchi di Parigi e la strage di San Bernardino, pare aver capito che ormai l’opinione pubblica americana percepisce la reazione degli Stati Uniti al pericolo del terrorismo islamico come inadeguata. Un sondaggio del Public Religion Research Institute apparso sul Washington Post mostra come nel 2015 sia cresciuto sia il numero di cittadini statunitensi che hanno paura di nuovi atti terroristici.
Così, nel discorso al Pentagono, Obama ha chiamato ancora una volta a raccolta gli alleati per battere il Califfato. E’ a questo passaggio del suo discorso che bisogna fare attenzione evitando fraintendimenti, perché nella serata di ieri sul (nostro) web circolavano titoli tipo "Obama chiede all’Italia" e in generale agli alleati occidentali "di fare di più" nelle operazioni militari in Siria. "Needs to keep coming faster", ha detto effettivamente il presidente parlando della coalizione di cui facciamo parte anche noi, ma il messaggio era diretto ad altri.
"Proprio come gli Stati Uniti stanno facendo di più in questa battaglia," ha detto Obama, "e così come stanno facendo di più Francia, Germania, Gran Bretagna, Australia e Italia, allo stesso modo devono fare gli altri". Insomma non tanto un riferimento agli europei – citiamo il New York Times – ma un richiamo preciso agli alleati arabi, alla monarchia saudita innanzitutto, ai Paesi del Golfo e alla Turchia, tutti parte della coalizione contro lo Stato Islamico. Ecco perché il segretario alla Difesa Carter si prepara a un viaggio nelle capitali mediorientali, mentre Kerry vola a Mosca.
Carter, ha spiegato Obama, sarà in Medio Oriente "per lavorare con i partner della coalizione e assicurare un maggiore contributo militare in questa battaglia". Dunque la strategia del presidente americano non cambia e va detto che fino adesso non ha prodotto i risultati desiderati. Si potrà intensificare l’uso dei droni e dei raid mirati per colpire l’elite islamista, inviare un drappello di truppe speciali in più, ma l’obiettivo di fondo per la Casa Bianca resta un altro. Coinvolgere direttamente gli Stati sunniti preoccupati dal Califfo e ancora di più dall’avanzata dell’Iran sciita, sperando in una loro discesa in campo.