Obama si sente pronto a stringere sull’Iran. Prima che sia troppo tardi

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Obama si sente pronto a stringere sull’Iran. Prima che sia troppo tardi

05 Aprile 2010

Barack Obama è convinto di vivere un momento magico: ha ottenuto l’approvazione della riforma sanitaria, ha concluso il lungo negoziato sulla limitazione degli armamenti nucleari con la Russia, gli indicatori economici e in particolare l’occupazione gli danno qualche sollievo, mentre i repubblicani sono per il momento più occupati a scegliere il loro futuro che a rovinare il suo. Insomma il Presidente americano, dopo 15 mesi dalle elezioni, si sente pronto per una nuova partenza. Forse anche per questo ha deciso di prendere di petto il problema dei problemi: la minaccia nucleare iraniana. In una intervista all’ «Early Show» della Cbs, Obama ha aperto con parole insolitamente nette la nuova partita con il regime degli Ajatollah: «Se l’Iran acquisisce la capacità di costruire armi atomiche e continua a ignorare le risoluzioni internazionali si rischia una gigantesca destabilizzazione nell’area e l’innesco di una corsa all’armamento nuclerare in tutto il Medio Oriente». Nell’intervista Obama ha annunciato di voler aggiungere maggiore pressione sull’Iran per constringerlo finalmente alla scelta tra la rinuncia al programma nucleare e al ritorno nella comunità internazionale o condannarsi all’isolamento. La sensazione dell’Amministrazione è che il momento si presenta insieme propizio e cruciale per un inasprimento delle sanzioni. Da un lato Obama deve smentire i suoi critici che gli rimproverano di aver sbagliato ad enfatizzare la questione degli insediamenti a Gerusalemme Est come se questo fosse la chiave di volta di tutto l’equilibrio medio-orientale. In questo senso si avverte il bisogno di bilanciare lo strappo con Israele anche per non favorire colpi di testa del governo Netanyahu contro Teheran. D’altra parte i migliori rapporti con Russia e alcuni passi di avvicinamento con la Cina dopo la crisi sulla visita del Dalai Lama e le armi vendute a Taiwan, lasciano pensare alla possibilità di rimuovere i rispettivi veti su nuove sanzioni Onu. Venerdì sera Obama ha avuto un lunghissimo colloquio telefonico con il presidente cinese Hu Jintao, così lungo che l’Air Force One ha dovuto ritardare il suo decollo di dieci minuti perché la telefona si prolungava oltre il previsto. Il tema delle sanzioni all’Iran è stato approfondito e anche se non ci sono state dichiarazioni ufficiali, su entrambi i versanti si è lasciata trapelare la possibilità che la Cina possa rinunciare al suo diritto di veto. Che il colloquio sia andato bene è d’altronde provato dal fatto che Hi Jintao ha subito dopo annunciato la sua presenza al Vertice sulla sicurezza nucleare che si terrà a fine aprile a Washington. E poiché Obama, dopo l’incontro con il presidente francese Sarkozy, ha detto di volere una nuova risoluzione contro l’Iran «entro qualche settimana e non qualche mese», molti osservatori concordano sul fatto che la visita del presidente cinese dovrebbe essere l’occasione decisiva per un accordo nel Consiglio di Sicurezza. In cambio Hu Jintao potrebbe chiedere agli Usa di allentare le pressioni sulla svalutazione del renmimbi che erano ormai arrivate ad un punto di rottura. Obama ha assoluto bisogno di un successo del genere in politica estera e non solo per motivi di immagine. Nel corso del prossimo anno infatti l’esercito americano sarà impegnato in quello che il generale Odierno ha definito «il più grande sforzo logistico mai affrontato dalla Seconda Guerra Mondiale» e cioè il contemporaneo ritiro delle truppe dall’Iraq e il loro ridispiegamento in Afghanistan. Un’operazione gigantesca che rischia da sola di portare allo stremo le capacità militari americane. In questo quadro un opzione militare contro l’Iran, sempre possibile a parole, diviene irrealistica nei fatti. Per questo Obama ha fretta di ottenere qualcosa sul fronte diplomatico che mostri un cambio di passo con il regime di Ahmadinejad e una migliore intesa con Russia e Cina. E deve ottenerlo prima che Israele o i falchi della sua amministrazione lo costringano a un passo che non si può permettere.