Obama stai sereno
02 Ottobre 2015
Martedì scorso il presidente russo Putin è andato alle Nazioni Unite per un incontro ai massimi livelli tra le delegazioni di Mosca e americana. Putin ha definito il colloquio con Obama «franco, produttivo, come tra uomini d’affari». Ha detto di aver trovato un presidente Usa «sorprendentemente aperto», aggiungendo che «le dispute rimangono ma abbiamo molto in comune».
Putin ha anche parlato di «adeguati meccanismi» da creare per questo «lavoro politico bilaterale» tra Mosca e Washington. Al suo rientro, le agenzie russe hanno battuto una serie di notizie sulla riunione di emergenza del consiglio di sicurezza indetta da Putin, «nel contesto dei contatti che il presidente ha avuto a New York». La Casa Bianca si è affrettata a definire il vertice all’Onu «produttivo».
Bene. Nei giorni successivi, Putin ha fatto esattamente il contrario di quello che aveva detto. Ha dato il via in modo unilaterale ai bombardamenti sulla Siria. Ha assicurato, come continuano a fare oggi fonti militari russe, che i raid aerei sono contro il Califfato. Ma prima dell’Isis, Vlad ha ordinato di dare una bella botta ai gruppi insorgenti anti Assad armati e spalleggiati proprio dagli Stati Uniti.
Non solo. Al momento Putin può contare su un bel numero di truppe sul terreno. I consiglieri militari russi probabilmente, sicuramente l’esercito siriano fedele ad Assad, l’Hezbollah libanese, milizie e altri consiglieri stavolta iraniani. Per la Russia la vecchia Mezzaluna da Damasco a Teheran non è mai stata così Verde, con l’aggiunta di Baghdad, che sembra sempre più disponibile verso Mosca (ormai si parla di Sirak, Siria e Irak, come l’Afpak afgano-pakistano).
Insomma, Putin va alle Nazioni Unite, riesce a seppellire qualsiasi discussione sull’Ucraina, promette di muoversi di concerto con gli Usa e la comunità internazionale in Siria, ma nelle 72 ore successive fa esattamente l’opposto. L’abbiamo detto, il presidente russo è uno che sa fare politica. Comunque vada, è destinato a sedersi da primo attore al tavolo che deciderà il futuro della Siria.
Sia che lui riesca a rilegittimare Assad di fronte alla comunità internazionale, dandogli un ruolo strategico nella lotta contro l’Isis, e riportandolo al tavolo dei negoziati, sia che Assad cada, come auspicano gli Stati Uniti. In ogni caso «Mosca avrà una base armata cui un nuovo governo a Damasco dovrà comunque pagare pegno,» ha scritto oggi Riotta su La Stampa.
I bene informati giurano che, prendendo commiato da Barack sull’agenda siriana, qualcuno abbia sentito lo zar sussurrare «Obama stai sereno».