Obama: un governo di centristi per cambiare l’America

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Obama: un governo di centristi per cambiare l’America

23 Novembre 2008

A poco più di due settimane dal trionfo nelle elezioni presidenziali di Barack Obama, una parte del mondo democratico ascolta con preoccupazione le indiscrezioni sulla futura squadra di governo, che si preannuncia decisamente più centrista di quello che gli addetti ai lavori avevano previsto, soprattutto in politica estera.

Basta un’occhiata all’elenco dei probabili ministri. L’ex first lady Hillary Clinton salvo clamorose sorprese sarà il segreterio di Stato di Obama; l’ex generale James Jones è in prima fila per il ruolo di consigliere per la Sicurezza Nazionale, un ministero trasversale che ha perso peso nell’era di George W. Bush ma al quale Obama vorrebbe il raggio d’azione che fu di Henry Kissinger. E infine Robert Gates, il segretario alla Difesa uscente, molto probabilmente confermato alla guida del Pentagono.

Perché mai il futuro presidente, il primo eletto con un mandato pieno per la prima volta in oltre un decennio, forte di una maggioranza schiacciante sia alla Camera che al Senato, con un programma di governo ambizioso e nel segno del cambiamento, dovrebbe circondarsi di così tanti moderati?

Il termine ‘moderato’ è un eufemismo per Gates. Bush lo volle a Washington dopo le politiche del 2006, al posto del falco Donald Rumsfeld, per evitare che fossero i democratici a sfiduciarlo, con gli strumenti della nuova maggioranza al Congresso. Repubblicano vecchio stampo, della generazione di Bush padre, Gates ebbe il mandato di salvare la guerra. Obama, se davvero lo confermasse al Pentagono, gli darebbe un mandato molto diverso, quello di abbassare il sipario e gestire il ritiro delle truppe.

La guerra in Iraq è finita in secondo piano nella campagna presidenziale, sullo sfondo della crisi dei mercati, ma è stato il tema chiave delle primarie. I democratici si aspettano da Obama una svolta senza equivoci.

Una chiave di lettura è proprio data dal programma di governo ambizioso di Obama. Per realizzarlo il presidente eletto ha bisogno di ampliare la base di consenso al Congresso e nel Paese il più possibile. Non può permettersi di rompere con i moderati, che hanno particolarmente a cuore temi di politica estera e sicurezza nazionale, perché avrà bisogno del loro appoggio sul fronte interno per riformare il fisco e la sanità, la grande incompiuta dell’era Clinton.

La ‘rivoluzione’ di Obama sarà silenziosa. Non è un caso che nel governo ci saranno figure come Jones che ha fama di "avere una grande grazia nell’esercizio del potere" o Gates, che è un politico ma si comporta come un tecnico.

Gli addetti ai lavori sottolineano anche la grande fiducia in se stesso di Obama, che non teme di circondarsi davvero da un "team di rivali" come promesso in campagna elettorale, eventualmente contando di poter imporre la sua linea di indirizzo. Il potere del presidente americano è sulla carta quasi assoluto, anche nel consiglio dei ministri.

Un secondo nodo di preoccupazione degli obamiani riguarda i molti nomi dell’era Clinton nella squadra del presidente. Perché in un governo di rottura con il passato ci sono così tanti volti noti? La questione sarebbe probabilmente esplosa se Obama avesse scelto l’ex segretario al Tesoro di Clinton Lawrence Summers come suo ministro economico. Ma la scelta è ricaduta su Tim Geithner, il governatore della Fed di New York e un coetaneo di Obama. Summers, il beniamino di Wall Street, insieme alla sua esperienza, avrebbe portato nel governo i suoi molti scheletri nell’armadio: come rettore dell’università di Harvard ebbe la bella idea di dire che le donne non sono adatte alle scienze. Ma sarà al fianco di Obama come consigliere economico e per lui pare si profili un futuro alla Fed, nel 2010 alla scadenza del mandatato di Ben Bernanke. La nomina del successore alla guida della banca centrale spetta al presidente.

Tra gli altri clintoniani spiccano, oltre all’ex first lady, i nomi di Bill Richardson al Commercio e di Eric Holder alla Giustizia. Richardson è stato un ambasciatore di Bill Clinton alle Nazioni Unite, Holder il vice di Janet Reno, l’ex ministro alla Giustizia democratico.