Obama vola nei sondaggi ma McCain è ancora in corsa

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Obama vola nei sondaggi ma McCain è ancora in corsa

11 Ottobre 2008

“Landslide”, una “valanga” di voti. E’ questo il sogno che i democratici accarezzano in questo week end, al termine di una settimana che ha visto Obama prendere il largo nei sondaggi dopo il dibattito televisivo di martedì scorso in Tennessee. A for sorridere gli esponenti del partito dell’Asinello non è tanto il dato nazionale (non per forza decisivo nel complicato sistema elettorale delle presidenziali) ma il trend “locale” di quattro grandi Stati. Virginia, North Carolina, Ohio e Florida sembravano acquisiti da McCain e, invece, nelle ultime settimane, si stanno spostando verso Obama. Se il senatore afro-americano se li aggiudicasse tutti e quattro, rispettando al tempo stesso le aspettative negli Stati tradizionalmente democratici, potrebbe superare i 350 voti elettorali. Ne bastano 270. D’altronde, se McCain perdesse anche in uno solo di questi Stati sarebbe quasi sicura una sua sconfitta. Obama potrebbe inoltre aggiudicarsi alcuni “swing states” del sudovest come Colorado, New Mexico e Nevada. L’America repubblicana, la “red nation”, potrebbe allora tingersi di blu, il colore dei democratici. 

Ma cosa, qualora i sondaggi fossero confermati, avrebbe determinato questo sconvolgimento della mappa elettorale americana? Intervistato da “ThePolitico.com”, lo stratega democratico Paul Maslin risponde così: “La campagna di Obama ha fatto molto per espandere la mappa democratica. E ha lavorato bene. Ma il fenomeno è prodotto da un evento esterno, l’economia, e non dalle tattiche politiche”. L’opinione di Maslin trova conferma in un recente sondaggio della Gallup secondo cui il 69 per cento degli americani ritiene la crisi economica l’argomento più importante delle elezioni del 4 novembre. Solo l’11 per cento indica l’Iraq. “E’ uno tsunami economico”, ha sintetizzato il sondaggista clintoniano Doug Schoen. Uno tsunami che ha travolto l’effetto Palin, quell’impennata nei sondaggi di cui McCain stava beneficiando dopo la nomina della governatrice dell’Alaska nel ticket repubblicano.  

Tutto è cambiato il 15 settembre. Quel giorno, mentre il senatore dell’Arizona dichiarava in modo improvvido che “i fondamenti dell’economia americana sono forti”, Wall Street iniziava la sua repentina e drammatica discesa verso il baratro. Giusto o sbagliato, a giudicare dai sondaggi gli americani sembrano ritenere i democratici più adatti a gestire l’economia in un momento traumatico come questo. Ricordano con nostalgia gli anni d’oro dell’amministrazione Clinton. E non importa se proprio durante la sua presidenza prese il via quella vituperata “deregulation” che oggi molti additano come la vera causa del crack del sistema finanziario americano. Obama, scrive Joe Klein sul “Time”, propone un ruolo più attivo dello Stato in settori chiave come il sistema sanitario. Un tempo sarebbe stata un’idea perdente, ma, annota Klein, con il collasso dell’economia una regolamentazione da parte del governo non è più così indigesta. Fatto sta che fino al 15 settembre, nei rilevamenti Gallup, Obama ha raggiunto il 50 per cento dei consensi solo una volta. Da quel giorno fatidico, il senatore dell’Illinois ha tocccato e sfondato il tetto del 50 per cento ben 8 volte. “Gli eventi – ha affermato il sondaggista repubblicano Tony Fabrizio – cospirano contro McCain. L’unica speranza è che la crisi economica scompaia dalle prime pagine dei giornali”. Circostanza improbabile di qui al 4 novembre. 

C’è però chi non crede che la partita sia già chiusa. E’ il caso dell’autorevole analista e sondaggista Michael Barone, autore della bibbia della politica americana, The Almanac of American Politics. Barone ha puntato la sua attenzione sui volontari di Obama. Per la maggior parte, com’è noto, si tratta di giovani entusiasti, la generazione degli obamiani. Quanti saranno davvero convinti da questi ragazzi, si chiede Barone? Il commentatore di Fox News ricorda il successo della campagna Bush-Cheney del 2004, basata sul “peer-to-peer”. Una raccolta di voti animata da persone con relazioni consolidate nel quartiere dove abitavano. Volontari sì, ma già inseriti in una realtà, fosse essa una chiesa o un’associazione. Per Barone, l’efficacia della “carica dei teenager” di Obama è tutta da verificare e i sondaggi potrebbero essere presi in contropiede. L’analista cita ad esempio il caso di Howard Dean, ex governatore del Vermont, che nelle primarie democratiche di quattro anni fa scommise proprio sull’appoggio dei giovani, in particolare internauti. Prima del voto in Iowa, Dean volava nei sondaggi. Ma quei voti virtuali non si tramutarono in voti reali e la sua campagna presidenziale finì ben presto per naufragare. 

La sfida non è ancora chiusa neanche per Karl Rove, “l’archietto” delle vittorie elettorali di George W. Bush, l’uomo che nel 2000, a forza di colpi bassi, fece deragliare lo “Straight Talk Express” di John McCain. Otto anni dopo, con un editoriale sul Wall Street Journal, Rove avverte che Obama rischia di arrivare alla fase conclusiva della corsa verso Pennsylvania Avenue con un atteggiamento tra lo stanco e lo spensierato. Cosa, scrive Rove, che già gli successe la scorsa primavera contro Hillary. L’ex consigliere di Bush sottolinea inoltre che mai negli ultimi 40 anni ci sono tanti indecisi come in questa tornata elettorale. Questo dato dà ancora speranza al senatore dell’Arizona, che, da vecchio combattente qual è, non si arrenderà fino al suono dell’ultima campanella.