Obama vuole un mondo migliore senza combattere per democrazia e libertà

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Obama vuole un mondo migliore senza combattere per democrazia e libertà

04 Giugno 2010

Che tipo di ordine internazionale sta cercando Barack Obama? La scorsa settimana ne ha dato una risposta dettagliata: “Una che possa risolvere le sfide del nostro tempo, quali – la lotta all’estremismo violento e all’insurgency; fermare la proliferazione delle armi nucleari e mettere al sicuro i materiali nucleari; la lotta ai cambiamenti climatici e il sostegno alla crescita mondiale; aiutare i paesi affinché siano capaci sfamare i propri popoli e curare i loro malati; risolvere e prevenire i conflitti, così come guarire le ferite da questi provocati”.

Si tratta di una grande agenda. Ma non manca qualcosa? In nessun punto di questa lunga frase, contenuta nel preambolo della sua strategia di sicurezza nazionale, Obama lascia intendere che l’impegno internazionale da lui offerto possa essere utile alla lotta contro la tirannide o l’oppressione, o per la promozione della democrazia. In tal senso, ciò è tipico del primo resoconto completo che Obama ha offerto degli obiettivi della sua amministrazione nel mondo. In teoria – così come nella pratica di questo primo anno – i diritti umani sono al secondo posto.

Dichiarazioni importanti, accuratamente programmate da Washington, spesso forniscono una road map delle lotte sulle politiche da adottare all’interno dell’amministrazione, e il documento di 52 pagine reso pubblico da Obama lo scorso giovedì non è un’eccezione. I realisti dell’area di sinistra della Casa Bianca – che cercano di limitare gli impegni in politica estera per allocare le risorse in programmi nazionali e fare naufragare “l’agenda della libertà” di George W. Bush – sembrano aver vinto su tutti i fronti. Le definizioni della strategia in tutto il documento, da come sconfiggere al-Qaeda passando per la risoluzione del conflitto israelo-palestinese fino alla Corea del Nord e l’Iran, escludono qualsiasi menzione alla democrazia o ai diritti umani.

Come l’amministrazione Bush aveva fatto in precedenza, la squadra di Obama afferma che l’America ha un interesse nella creazione di uno Stato palestinese – ma a differenza di Bush, Obama non ha detto che questo stato debba essere democratico. La linea politica afferma che l’ideologia estremista di al-Qaeda dovrebbe essere combattuta con un programma di intervento che offra “speranza e opportunità”, ma non si fa menzione alcuna della libertà. Una parte intitolata “promuovere un Iran responsabile” dice che “gli Stati Uniti cercano un futuro nel quale l’Iran adempia alle sue responsabilità internazionali (…) e goda di quelle opportunità economiche e politiche che il suo popolo merita”. Questo include anche la libertà di espressione e libere elezioni, come gli oppositori del Movimento Verde hanno chiesto? Il documento non da’ una risposta.

I fautori di un’agenda per la liberta’ di Obama hanno ottenuto un capitolo della strategia, intitolato “Valori”. Ma la sua assoluta marginalita’ rispetto agli altri tre “interessi” – “Sicurezza”, “Prosperità” e “Ordine Internazionale”–, dà alle sue proposte un valore limitato. La strategia inizia con una paio di grandi titoli: gli Stati Uniti promuoveranno i propri valori principalmente “vivendoli in casa”, e “riconosceranno l’opportunità economica come un diritto umano”. Ciò significa che “il supporto al benessere globale, alla sicurezza alimentare e le risposte congiunte alle crisi umanitarie” dovranno condividere impegno e risorse con la lotta contro la tirannide e la tortura – cosa molto gradita per i capi di stato di paesi come Myanmar e la Corea del Nord.

L’argomentazione contenuta nel documento sull’“engagement dei regimi non democratici” è solida, per quanto potrebbe essere migliorata. Il report afferma che l’amministrazione perseguirà un “approccio del doppio binario” nel quale si persuaderanno i governi sui diritti umani, da un lato, e si supporterà l’opposizione pacifica, dall’altro. “Laddove le nostre aperture saranno rigettate”, si afferma, Washington userà “la diplomazia pubblica e privata” e “incentivi e disincentivi” in “uno sforzo per cambiare i compotamenti repressivi”.

Ma sarà applicata questa politica alla Russia, dove l’amministrazione fino a questo momento ha offerto niente più che incentivi? “Noi supportiamo gli sforzi insieme alla Russia per promuovere lo stato di diritto, un’amministrazione responsabile e i valori universali”, afferma la strategia “del non tutto chiaro”. E che dire del Medio Oriente arabo? “Noi continueremo a fare pressione sui governi nella regione perché portino avanti riforme politiche ed eliminino le restrizioni alla libertà di espressione, associazione e media”, afferma una frase seppellita a pagina 45.

Forse questa analisi testuale e’. Ma la strategia scritta da Obama ha molto in comune con ciò che finora è accaduto da quando è salito in carica. Ciò suona più che familiare ai dissidenti verdi dell’Iran, o ai leaders del nascente movimento pro-democratico in Egitto, che sono ancora fortemente disillusi rispetto all’amministrazione statunitense. Ciò confermerà l’idea di Vladimir Putin in Russia e di Hu Jintao in Cina che una partnership strategica con gli Stati Uniti non richiederà riforme in materia di politica interna.

Obama ha finora dimostrato che non vuole accettare la conclusione di Bush, secondo cui la promozione della democrazia e dei diritti umani è inseparabile dall’obiettivo di sconfiggere al-Qaeda e stabilire un ordine internazionale più funzionante. Ma attualmente in questa dottrina di 52 pagine non vi è una spiegazione coerente del perché di tutto ciò.

© Washington Post
Traduzione Benedetta Mangano