Officina centrodestra (di P. Romani)
07 Giugno 2021
di Paolo Romani
Accetto l’invito di Gaetano Quagliariello a tornare in officina per lavorare ad una proposta di centrodestra che sia rappresentativa delle diverse sensibilità e tradizioni culturali ma soprattutto sia adeguata all’inedito scenario postpandemia. Questo perché anche a me le fusioni che fanno perdere identità ai propri elementi convincono poco. Ma tralasciando metafore abusate, penso ai cacciavite con cui al massimo si può regolare o rimettere a regime, credo che lo strumento che prima di tutto dovremmo riprendere in mano sia il bulino: con il bulino si può incidere, creare nuove forme, dare nuova vita ad un oggetto. E questa è forse la priorità se è vero che la pandemia non ha risolto i problemi vecchi, ma ne ha al contempo posti di nuovi e ha radicalmente modificato la percezione stessa del sistema socio-economico. Lo stop alla tradizionale macchina industriale ci obbliga a ripartire con un ritmo nuovo e con nuovi obiettivi, e la politica invece di assumere il doveroso ruolo di guida di questa trasformazione, rischia di arrancare, inseguendo, come purtroppo spesso capita, legiferando ex post. E allora proviamo a lavorare di bulino, seguendo quelle che erano le linee distintive del centrodestra, ma guardando alle sfide che oggi siamo chiamati ad affrontare.
Innovazione e ambiente: un nuovo concetto di sviluppo. Viene naturale proseguire la linea della crescita economica, quanto mai necessaria oggi, e dello sviluppo, che ad essa coniuga il benessere e il progresso della società , e ragionare in termini di ecologia di sviluppo. Termine utilizzato in pedagogia con l’intento di studiare il rapporto fra lo sviluppo umano e l’ambiente che lo circonda, trova una sua corretta applicazione anche in ambito socio-economico volendo fare un passo oltre quella sostenibilità che ha tutto il sapore di un compromesso. Il compromesso di una crescita economica possibile appieno senza i lacci e lacciuoli del rispetto dell’ambiente e della salute dell’uomo: ma oggi così non è. Oggi lo sviluppo è frutto dell’innovazione tecnologica e digitale, dell’efficientamento energetico e delle materie prime, della capacità di riciclare i rifiuti e donargli nuova vita come materie prime seconde, della capacità di utilizzare le risorse naturali senza depauperarle e di copiarne i meccanismi. Il rispetto dell’ambiente, e dunque della salute dell’uomo, non è dunque un freno ma un elemento distintivo dello sviluppo. E se il sistema economico non si muove certo per questioni ideologiche, ma a causa dei costi energetici e della scarsità di alcune materie prime, la politica dovrebbe essere invece chiamata a indirizzare in un percorso che vada a vantaggio della società . Rese obsolete dagli eventi e dalla loro inapplicabilità , tutte le tesi ecologiste di decrescita felice, l’economia di sviluppo non può che essere tema di uno schieramento che ha sempre guardato al miglioramento delle condizioni dei propri cittadini.
Inclusione: la prima rivoluzione obbligata del digitale. Alla transizione ecologica e digitale è assegnata la maggior quota complessivamente del Next Generation Eu, e nella sua declinazione nazionale l’attenzione deve essere posta al creare le medesime condizioni o le minime comuni necessarie su tutto il territorio, a partire dalle aree marginalizzate. E penso in primis alla connessione digitale, ancora lasciata a logiche di mercato che divide il territorio in fasce nere, con più di un operatore di rete attivo, grigie, con un solo operatore, bianche, dove nessun operatore trova convenienza ad intervenire. Ritengo sia inaccettabile mentre gran parte dei servizi essenziali sono erogati quasi esclusivamente via web, assieme a tutta la burocrazia dei servizi gestiti da privati, per non parlare delle forme di fruizione delle prestazioni professionali da remoto che in alcune aree del Paese sono inaccessibili. Ma ancora vorrei farvi un esempio banale: la prenotazione del vaccino anti-Covid anch’esso possibile esclusivamente in via digitale così come lo sarà probabilmente l’acquisizione del certificato vaccinale, attraverso lo spid. Cosa faranno i cittadini delle cosiddette case sparse esclusi da qualsiasi connessione a internet? Nell’imporre accelerazione sulla domanda, imponendo l’utilizzo di alcuni servizi solo in via digitale, senza lavorare con un’impostazione analoga sull’infrastruttura di rete, stiamo discriminando una parte di italiani e lasciandoli fuori ci stiamo condannando il Paese a proseguire nella strada obbligata della crescita economica con minori risorse e una vera e propria zavorra. Il diritto universale alla connessione dovrebbe essere un tema distintivo del centrodestra, capace inoltre di disegnare un sistema che coinvolga non solo gli operatori di rete negli investimenti, ma tutti i fornitori di servizi digitali, alcuni dei quali con mercati fondamentalmente stabiliti dalla legge: si pensi al limite del contante che impone di avvalersi dei servizi privati dei circuiti di pagamento digitali.
Immigrazione: basta affrontare il problema con superficialità . Proviamo a mettere il naso fuori dai confini nazionali, senza abbandonare il binomio crescita e benessere che intendiamo perseguire, apriamo il dibattito al tema immigrazione. È stato affrontato fino ad pra in maniera del tutto superficiale e dicotomica: dicotomica nel contrasto fra porti chiusi e accogliamo tutti; superficiale perché abbiamo reagito all’ultimo degli effetti di un fenomeno che sarà impossibile arginare senza intervenire sulle cause. Abbiamo impropriamente dibattito per anni, e tuttora avviene, di redistribuzione di regolamento di Dublino, senza capire che tutti questi strumenti non agivano sulla maggiore quota del fenomeno: i migranti economici. Accogliere i rifugiati dalle guerre è un dovere, ma ha solitamente un tempo definito, che coincide con la mancanza di sicurezza nel paese di origine e che solitamente vede verificarsi il flusso opposto, non appena l’area sia pacificata. Ma la pressione migratoria che dal sud del mondo, nel nostro caso dall’Africa, preme sul nord del mondo non finirà se non si risolvono le cause del sottosviluppo economico delle aree di partenza. L’Africa conta 1 miliardo di popolazione con un PIL il 10% superiore al nostro, ma è anche un mercato, potenzialmente in crescita, oltre che un produttore di materie prime fondamentali per la svolta digitale. Un dato è certo: non si possono più consentire le morti in mare. Ne va del nostro stesso essere un Paese civile. Né è possibile immaginare di erogare risorse a pioggia in un novello Piano Marshall che vada ad ingrassare nella migliore ipotesi i gangli della corruzione e nella peggiore le organizzazioni fondamentaliste e terroristiche. Serve un impegno della comunità internazionale che agisca attraverso tutti gli strumenti per accompagnare le aree più depresse del continente africano ad intercettare una ripresa economica sulla base delle risorse naturali e della forza lavoro. Il tutto partendo dalla garanzia della sicurezza delle aree più remote e da una presenza diplomatica più incisiva. Lo stiamo vedendo con la pandemia: laddove il contrasto al contagio non è stato regolato né accompagnato da una campagna vaccinale è più facile che il virus sia capace di sviluppare varianti in grado anche di vanificare l’immunizzazione dei cosiddetti paesi sviluppati. L’inclusione non è solo un valore sociale, e umanitario in alcuni casi, è un tema fondamentale di sviluppo: se con sviluppo si intende la coniugazione di crescita economica e benessere, come detto in premessa.
Ho provato a tracciare tre linee, che nonostante la precisione dello strumento possono apparire come vere e proprie rivoluzioni, di una rinnovata proposta politica di centrodestra capace di rompere alcuni steccati e di appropriarsi di nuovi temi che le sono confacenti. Un piccolo contributo che spero possa essere utile all’Officina.