Olmert chiude con la Grande Israele. Il ritiro dalla Cisgiordania si avvicina

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Olmert chiude con la Grande Israele. Il ritiro dalla Cisgiordania si avvicina

15 Settembre 2008

Per Israele e i territori palestinesi è stato l’ennesimo week-end carico di avvenimenti. Prima di tutto sul piano della convivenza quotidiana: agli scontri di sabato nel West Bank tra coloni israeliani e palestinesi, domenica si è aggiunto il lancio di un razzo Qassam dalla Striscia di Gaza – una delle sporadiche scintille che potrebbero compromettere la tregua in atto tra Hamas e Gerusalemme. Poi sul piano politico: il progetto israeliano di rientro dei coloni dalla Cisgiordania – di cui "L’Occidentale" ha reso conto la scorsa settimana – si è concretizzato ufficialmente sul tavolo dei ministri israeliani,  suscitando polemiche all’interno della coalizione di governo e tra i partiti di opposizione.

Ad innescare gli scontri tra coloni israeliani e palestinesi – la prima scintilla di un teso fine settimana – è stata l’incursione nella comunità di Yitzhar da parte di un palestinese, che sabato mattina ha accoltellato e ferito un bambino israeliano di nove anni. Le forze dell’ordine israeliane hanno subito innescato la caccia all’uomo, mentre il bambino è stato trasferito all’ospedale di Petah Tikva. Ma immediata è stata anche la reazione dei coloni israeliani, che si sono lanciati contro il villaggio palestinese di Asira el-Kabalya: Hosni Sharaf – il sindaco – racconta di spari in aria e finestre distrutte, mentre i concittadini cercavano di respingere l’assalto lanciando pietre. Polizia ed esercito israeliano si sono recati sul posto, ma la rivolta è proseguita per tre ore: i bollettini medici parlano di tre palestinesi con ferite di arma da fuoco, senza contare i numerosi danni arrecati a case, strade e automobili.

La ritorsione dei coloni ha suscitato immediate reazioni di condanna, la più dura delle quali è giunta dal premier israeliano Olmert. In occasione della riunione dei ministri di domenica, il premier ha paragonato l’assalto dei coloni a un "pogrom": "Nello Stato d’Israele non ci saranno pogrom contro i non ebrei". "Questo è un fenomeno intollerabile – ha proseguito Olmert, in diretta tv – di cui si occuperanno con durezza le autorità legali israeliane". Fonti della polizia di stanza del West Bank – sentite dal quotidiano "Haaretz" – puntano però il dito contro le indagini di Gerusalemme: nonostante le organizzazioni umanitarie abbiano fornito videoregistrazioni degli assalti, nessun arresto sarebbe ancora stato effettuato. Per mezzo della stampa israeliana, molti coloni israeliani nel West Bank esprimono inoltre soddisfazione per l’assalto di sabato. Secondo Rivka Ben Ya’akov, residente di un villaggio vicino a Yitzhar, "la reazione contro il villaggio è stata un riflesso sano e giusto". Revital Ofen – che ha lottato contro l’infiltrato palestinese – non usa parole diverse: "Non è stato certo il modo migliore per trascorrere lo Sabbath, ma era necessario farlo".

Domenica pomeriggio intanto – mentre la questione dei coloni nel West Bank teneva banco tra ministri e media israeliani – un altro fronte si è improvvisamente riaperto. Dalla Striscia di Gaza è partito un razzo Qassam, atterrato in un campo deserto nei pressi di Sderot: si tratta del primo attacco di questo tipo dal 26 agosto, quando due razzi vennero lanciati contro Israele in violazione della fragile tregua con Hamas (in vigore dal 19 giugno). Ma se di rottura degli accordi con Gaza per ora non si parla, il ministro della Difesa Barak ha comunque provveduto a chiudere tutti i valichi per la Striscia fino a nuovo ordine: in occasione degli ultimi due Qassam, i valichi restarono chiusi per 48 ore.

La giornata di domenica è stata però al centro dell’attenzione soprattutto per il consiglio dei ministri presieduto da Olmert. Il piano di rientro dei coloni israeliani dagli avamposti illegali nel West Bank – già ventilato la settimana precedente – è stato infatti dettagliatamente illustrato dal vicepremier Ramon, responsabile del progetto. Secondo il vicepremier, circa 11.000 coloni (il 18% del totale) che vivono oltre i confini israeliani con la Cisgiordania accetterebbero di essere "spostati" in cambio di una compensazione economica. Il costo del progetto globale di rilocazione si aggirerebbe intorno ai 728 milioni di dollari: ad ogni nucleo familiare riportato entro i confini israeliani andrebbe un compenso di circa 308.000 dollari – il prezzo di un appartamento con due camere da letto nella zona centrale di Israele. Secondo Ramon, "l’evacuazione dei residenti di Giudea e Samaria è un passo inevitabile per chi crede nel progetto di due Stati per due popoli, cioè per la maggior parte della popolazione israeliana". A ribadire il concetto, ci ha pensato poi Olmert: "La Grande Israele è finita. Non esiste più qualcosa di simile. Chi ancora ne parla andrà incontro a una delusione".

Immediate sono giunte le reazioni. Le più dure sono quelle della YESHA – l’organizzazione che raggruppa parte dei coloni israeliani residenti nel West Bank – che ha ironicamente ribattuto chiedendo "l’evacuazione del governo Olmert (Ramon incluso) dalla vita pubblica". Reazioni simili a quelle del partito ortodosso Shas, per il quale "questo piano è un errore strategico colossale e presenta Israele come uno Stato senza principi". Ma a mostrarsi fredda è stata anche Tzipi Livni, ministro degli Esteri e principale candidata alle primarie di Kadima (che designeranno presto il successore di Olmert): secondo la Livni, discutere dell’evacuazione dei coloni è quantomeno prematuro.

La sensazione è che ora la sfida si giochi sui tempi. Olmert resterà in carica finché non verrà formato un nuovo governo – o non si terranno elezioni anticipate: il tempo potrebbe essere sufficiente per dare avvio al progetto di rientro dei coloni, sul quale il premier si mostra deciso. Secondo Channel 2 – che in serata ha dato ampio risalto alla notizia – Olmert sarebbe pronto a offrire ad Abu Mazen il 98,1% della Cisgiordania: si tratterebbe di un offerta record, in passato non è mai stato offerto più del 96% del territorio. Olmert e Abbas – che ha dichiarato di voler rimanere in carica fino al 2010, "nonostante Hamas" – si incontreranno domani: il presidente dell’Anp si sarebbe detto disponibile a negoziare lo status dei quartieri di Gerusalemme di Gilo e French Hill. In cambio, però, pretenderebbe da Israele la cessione degli insediamenti Maaleh Adumim e Givat Zeev, siti a Gerusalemme Est. Senza più nulla da perdere, Olmert sembra voler dare nuovo vigore alle trattative di pace: il problema, per gli israeliani, è fin dove il premier si potrebbe spingere.