
Olmert ha un cancro ma non lascerà il suo incarico

29 Ottobre 2007
Lunedì 29 ottobre. Il primo ministro
israeliano convoca i giornalisti per una conferenza stampa improvvisata, nella
quale annuncia di avere un cancro alla prostata. Dice di averlo scoperto con un
esame di routine a inizio ottobre, appena tornato da Mosca: Olmert ha sentito
il bisogno di annunciarlo al popolo israeliano, anche se il tumore è
microscopico e senza metastasi. “Sarò in grado di compiere appieno i miei
doveri, prima e dopo la cura – ha detto il primo ministro – e i medici mi hanno
detto che ho grandi possibilità di piena guarigione”. Shlomo Segev, uno
dei medici del premier, ha detto che l’ultima biopsia di Olmert risale al 19
ottobre e presto saranno resi noti i risultati. Olmert ha inoltre dichiarato
che non verrà sottoposto ad un trattamento di chemioterapia: la malattia verrà
curata con una piccola operazione chirurgica.
La notizia della malattia di Olmert è
giunta come un fulmine a ciel sereno, mentre i riflettori della stampa erano
puntati su Israele per ben altri motivi. Primo: il ministro della Difesa Barak
ha dato il via ai primi tagli energetici alla Striscia di Gaza, una misura
contro i ripetuti lanci di razzi Qassam. Secondo: dopo le visite diplomatiche
del premier in Russia, Francia e Gran Bretagna, il ministro degli Esteri Tzipi
Livni ha visitato la Cina – nella speranza di sensibilizzare sul pericolo
rappresentato dalla corsa alla bomba atomica iraniana. Come si vede, sono
giorni carichi d’appuntamenti e questioni scottanti: la speranza degli israeliani
è che la malattia di Olmert non rappresenti un ostacolo per l’azione di
governo, che mai come in questi mesi deve essere forte e decisa. Le parole del
premier, nel corso della conferenza stampa, erano tese a rassicurare gli animi:
perché, allora, convocare i giornalisti in tutta fretta? Il pensiero non può
che andare ad Ariel Sharon, da tempo in stato di coma: il governo israeliano
crede giustamente che sulla salute di chi governa debba esserci la massima
trasparenza. Olmert e chi gli sta vicino vuole tranquillizzare gli animi, ma in
caso di peggioramento della salute del premier è bene che la popolazione sia
preparata in anticipo. Un cambio della premiership israeliana, in un momento
così delicato, sarebbe infatti una questione di grande peso politico non solo
per Israele ma per tutto il Medio Oriente.
Il governo israeliano, infatti, è
costantemente impegnato su più fronti d’importanza decisiva. Notizia del
giorno, prima che Olmert desse notizia del cancro, era ad esempio il via libera
ai tagli energetici contro la Striscia di Gaza (controllata da Hamas) dato
domenica mattina dal ministro della Difesa, Ehud Barak. La decisione israeliana
risale alla fine di settembre, quando Gaza venne ufficialmente riconosciuta
come “entità nemica” in seguito ai continui lanci di razzi Qassam sul
territorio d’Israele. Primo bersaglio, la cittadina di Sderot: la popolazione
giunse fino alla Knesset per chiedere al governo di fare qualcosa, dopo che un
missile sfiorò una scuola elementare traumatizzando molti bambini.
Quelle che seguirono furono discussioni
animate: da un lato i falchi, che proponevano un’invasione armata di Gaza per
stroncare definitivamente le rampe di lancio dei missili Qassam, dall’altro le
colombe, che suggerivano di ostacolare Hamas per mezzo di sanzioni. La scelta,
sia ben chiaro, non è delle più facili: entrare nella Striscia con i carri
armati significa scatenare immediatamente la riprovazione internazionale, in
prima linea nel condannare qualsiasi iniziativa militare israeliana; sanzionare
economicamente Hamas può invece non essere sufficiente al fine di bloccare i
razzi (e lo scontento dei cittadini israeliani bersagliati, in prima linea
nella richiesta della linea dura, continuerebbe a crescere). Qualsiasi scelta,
come spesso accade per Israele, ha degli svantaggi: a vincere, in questo caso,
è stata la linea morbida.
In cosa consistono le misure israeliane?
Il piano del ministero della Difesa è stato firmato da Barak giovedì scorso:
una prima fase di sanzioni prevede saltuari tagli di corrente e carburante per
gli abitanti della Striscia di Gaza, ad eccezione di strutture fondamentali
come gli ospedali. Ulteriori inasprimenti delle misure adottate, se i lanci di
razzi Qassam dovessero continuare, saranno decisi di volta in volta. Il ministro
delle Infrastrutture Benjamin Ben-Eliezer, intervistato da “Israel
Radio” alla fine della scorsa settimana, ha giustificato la decisione del
governo chiedendosi se “dovremmo dire loro di continuare a lanciare razzi
contro le stesse strutture energetiche che gli forniscono elettricità e di
continuare a bombardare i sistemi idraulici che gli forniscono l’acqua”:
una delle tante domande alle quali parte della popolazione israeliana,
soprattutto quella residente nelle zone maggiormente colpite dai Quassam,
chiede a gran voce una risposta.
Le misure punitive hanno avuto inizio
domenica mattina, con il taglio del carburante. Un funzionario governativo,
interpellato dalla “Reuters”, ha poi fornito dettagli precisi:
“In linea con la decisione del governo israeliano, il ministero della
Difesa ha cominciato a tagliare le forniture energetiche alla Striscia di Gaza
tra il 5% e l’11%, a seconda del tipo di carburante”. Secondo alcuni
ufficiali palestinesi, invece, tanto il diesel quanto la benzina sarebbero già
stati tagliati tra un quarto e metà per tutti i distributori di Gaza. Il
premier israeliano Olmert, dopo l’inizio dei tagli, ha voluto però rassicurare
la popolazione affermando che non permetterà mai una crisi umanitaria.
Funzionari governativi hanno inoltre spiegato che Israele continuerà a
garantire il passaggio di medicinali e beni di prima necessità nella Striscia.
La domanda, a questo punto, è se le
sanzioni possano davvero cambiare qualcosa nei burrascosi rapporti con la
Striscia. La sensazione è che sia troppo presto per dirlo, perfino per il
ministero della Difesa: non è un caso, infatti, che il progetto preveda un
eventuale inasprimento delle sanzioni a seconda degli sviluppi futuri. Molti
dei razzi lanciati contro Israele vengono da gruppi jihadisti non direttamente
collegati con Hamas, che comunque li approva e copre: se Hamas non farà nulla
per cercare di bloccarli, è evidente che le sanzioni si impenneranno. Il passo
successivo, del quale si è molto dibattuto tra fine settembre e inizio ottobre,
potrebbe essere stabilire una correlazione diretta tra razzi sparati ed energia
tagliata. In fondo, poi, resta sempre l’opzione militare su vasta scala (brevi
raid israeliani contro postazioni di Qassam, infatti, sono già all’ordine del
giorno).
Nonostante abbia scelto la via più
morbida delle sanzioni, anche questa volta le critiche a Israele non si sono
fatte attendere. Hamas, per bocca del portavoce Fawzi Barhoum, ha spiegato come
“il tentativo di strangolare la popolazione palestinese porter%C3