Omicidio Meredith, Amanda: non so è ho detto la verità

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Omicidio Meredith, Amanda: non so è ho detto la verità

22 Novembre 2007

“Ho seri dubbi sulla verità delle mie dichiarazioni perchè rese sotto pressione di stress, choc e perchè ero esausta”. E’ questo uno dei passaggi del memoriale scritto la notte del 6 novembre negli uffici della Mobile da Amanda Konx.

La giovane 20enne, coinquilina americana di Meredith Kercher, la ragazza inglese assassinata a Perugia, quella notte si fece dare dei fogli in bianco e iniziò a scrivere il suo memoriale in inglese, chiedendo che venisse letto da tutti i poliziotti.

“Quella sera – scrive Amanda – mi pare che sono stata a casa di Raffaele e credo che abbiamo cenato verso le 11. Dopo cena ho notato sangue sulla mano di Raffaele, ma ho avuto l’impressione che il sangue fosse proveniente dal pesce. Ho seri dubbi sulla verità delle mie dichiarazioni perché rese sotto pressione di stress, choc e perché ero esausta. Mi era stato detto che sarei stata arrestata e messa in prigione per trent’anni. Quando non ricordavo le cose sono stata colpita in testa, ma capisco lo stress della polizia. E’ dopo tutte le ore di confusione che sono venute fuori le risposte”.

“Ho avuto un flash e vedo Patrick – scrive ancora Amanda – in immagini confuse. L’ho visto vicino al campetto di basket, vicino alla porta di casa. Mi sono vista rannicchiata in cucina perchè nella mia testa ho sentito Meredith gridare. Le cose mi sembrano irreali come in un sogno. Non so se è successo o se è un sogno. Non ho mai chiesto a Raffaele di mentire per me. Non penso che Raffaele abbia ucciso Meredith, ma penso che sia spaventato come me. E adesso tenta una via d’uscita prendendo le distanze da me”.

“Voglio che sia molto chiaro – prosegue Amanda- che quegli avvenimenti mi sembrano più irreali di quanto ho dichiarato prima, e cioè che io stavo a casa di Raffaele. Tutto quello che ho detto sul mio coinvolgimento nella morte di Meredith, sebbene contrastante, è la migliore verità che sono stata in grado di pensare. Mettetela così: voi pensate che quello che io credo sia accaduto”.

“Nei flash – si legge in un altro passaggio del memoriale di Amanda – vedo Patrick come l’assassino, ma il modo in cui la verità appare nella mia mente non c’è nessun modo di appurarla, perchè non ricordo con certezza se c’ero. Io chiedo: chi e’ il vero assassino? Perchè credo che potrei essere usata. Vi prego, non prendetevela con me, sto facendo del mio meglio. Se vi sembra che nel mio racconto ci sono parti che non hanno senso, chiedete. Credetemi, anche se capisco i motivi per cui non lo fate”.

Quando sono entrata a casa e ho trovato la porta spalancata e sono andata in camera e poi a farmi la doccia – scrive ancora Amanda – non ho pensato che qualcuno fosse stato ucciso. Tutto quello che ho detto sul mio coinvolgimento nella morte di Meredith, sebbene contrastante, è la migliore verità che sono stata in grado di pensare. C’è una cosa che dentro di me penso sia vera, ma c’è un’altra possibilità che potrebbe essere vera”.

“Onestamente – prosegue – non so quale sia quella giusta. Io so di non aver ucciso Meredith. Nei flash vedo Patrick come l’assassino, ma il modo in cui la verità appare nella mia mente non c’è nessun modo di appurarla, perchè non ricordo con certezza se c’ero”.