Omosessuali violentano minorenne a Salerno, ma il problema è se si può dire “froci”
21 Luglio 2016
“Froci e pervertiti violentano 17enne”: con questo titolo sparato a tutta pagina il quotidiano locale Le cronache di Salerno si è guadagnato le prossime querele delle associazioni LGBT di zona (Coordinamento Campania Rainbow, Arcigay Napoli, Arcigay Salerno e Arcigay Campania ), che in un comunicato, dopo aver condannato violenze ed abusi, denunciano “l’uso di linguaggi inopportuni, scorretti e a tratti volgari” e affermano che “ricostruzioni colorite, meticolose e dai toni scandalistici non aiutano né le vittime né il corso delle indagini, ma solo alimentano una caccia alle streghe indegna di un territorio civile ed evoluto”.
Quali sarebbero questi fatti che il giornale campano ha trattato in modo scandalistico e con linguaggio inopportuno, scorretto e volgare? Un minore, attirato in un centro massaggi, è stato legato e stuprato a turno da 4 adulti (due cinquantenni) con maschere e parrucche, che hanno pure filmato le violenze per poterlo ricattare. In sintesi: stupro in perfetto stile “Arancia meccanica”. Ci chiediamo quindi dove sia lo scandalo dei linguaggi usati nel titolo, scandalo tale da meritare la querela: quattro stupratori, con tanto di mascherata per meglio terrorizzare il malcapitato ragazzino, non possono essere definiti pervertiti?
Come li vogliamo chiamare: burloni? Bizzarri? Perché non “pervertiti”, vocabolo che Freud avrebbe giudicato del tutto adeguato? Non ci sembra un insulto ma una descrizione. Se le associazioni gay lo ritengono volgare ci spieghino quali sono, secondo loro, i confini della perversione, e a quali atti, se non a uno stupro orribile come questo, possa essere attribuito l’aggettivo. Ma se non è il termine “pervertiti” ad essere “inopportuno, scorretto e volgare”, è la parola “froci” a dare fastidio? Si tratta del vocabolo dispregiativo usato comunemente per indicare i gay, talvolta anche adoperato ironicamente da loro stessi; ricordiamo per esempio la mitica rubrica su Il Foglio, tenuta da Daniele Scalise, titolata, appunto, “froci”. Uno stupro non merita parole dispregiative? Cosa avrebbero dovuto scrivere, anziché “froci”, forse “gay”?
Sarebbe stato più corretto, secondo le associazioni LBGT, “pervertiti stupratori gay”? Ne dubitiamo. E se invece lo stupro fosse stato nella forma eterosessuale? Non li avremmo forse chiamati “bestie”? E se avessimo specificato “bestie eterosessuali” qualcuno avrebbe querelato? Che si fa: cominciamo pure a fare distinguo lessicali per descrivere uno stupro di gruppo? O la verità è che per le associazioni Lgbt il linguaggio esplicito e “scorretto” di un giornalista è più grave e merita più attenzione di un atto bestiale contro un ragazzino?