Ora e sempre terrorismo contro Israele

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Ora e sempre terrorismo contro Israele

Ora e sempre terrorismo contro Israele

07 Maggio 2007

Veramente
qualcosa è cambiato nei territori palestinesi da
quando è stato formato il nuovo governo di unità nazionale composto da membri
del movimento terroristico di Hamas e quelli del movimento guerrigliero di
Fatah? E’ giustificato tanto entusiasmo europeo e italo-dalemiano nel voler
riprendere i rapporti diplomatici con questi signori? Guardiamoci nelle palle
degli occhi e non prendiamoci in giro: basta leggere le tante dichiarazioni
ufficiali di esponenti di Hamas pronunciate in tv nei mesi di marzo e aprile 2007
per rendersi conto che non è cambiato un bel niente e che il motto di questa
gente è sempre lo stesso: “Ora e sempre terrorismo contro lo Stato ebraico che
non ha alcun diritto ad esistere”.

Il
19 marzo ha iniziato proprio l’attuale capo di governo, Ismail Haniyeh, che già
era stato in quel ruolo nel governo di Hamas poi fatto cadere da Abu Mazen, ad
aprire le ostilità. In un’intervista al giornale russo Novsimaya Gazeta aveva
testualmente affermato che “Israele non ha alcuna intenzione di fermare
l’aggressione contro i palestinesi, omicidi, arresti di massa e distruzione di
case ancora continuano. Israele attacca tutti i nostri diritti legittimi,
pertanto il governo afferma che tutti i metodi di resistenza a questa
situazione sono giusti per il nostro popolo”. Lo stesso Haniyeh si ripete a
distanza di pochi giorni. Il 28 marzo, in un’intervista concessa in
contemporanea alla Reuters e alla tv palestinese, minaccia che “se i
palestinesi non vedranno entro breve tempo finire l’assedio israeliano e se non
vedranno i soldi tornare ad affluire nelle casse dello stato per pagare gli
stipendi e i salari, allora sia il governo sia il popolo prenderà delle
decisioni per proteggere l’onore, gli interessi e il sentimento della nostra
nazione”. Stessa solfa due giorni dopo, sempre targata Haniyeh in altra analoga
intervista a Ramtan Tv.

Cosa
intendessero dire questi oscuri avvertimenti lo precisa però meglio Khaled
Meshaal, il capo terrorista che vive in esilio in Siria, in ben quattro
dichiarazioni rilasciate tra il 26 marzo e il 6 aprile rispettivamente al
giornale algerino Al Shuruk al Yawmi (l’alba del giorno), a Pal Media Falastin
alan, sito internet, alla tv al Aqsa e ad al Jazeera. La prima dichiarazione
precede il famoso summit arabo sponsorizzato dai sauditi e ha il sapore di un
ultimatum: “E’ tempo che gli arabi concordino una strategia, noi non possiamo
essere d’accordo su altre concessioni, non ci saranno compromessi su
Gerusalemme sulla moschea di Al Aqsa e sul diritto al ritorno. Nessuna delle
carte che implicano la violenza è perduta, noi dobbiamo continuare con la
resistenza in Palestina, quel metodo non è mai morto”. Al sito internet “Pal
Media” Meshaal, invece, dichiara esplicitamente che gli scopi strategici di Hamas
iniziano con la resistenza alla quale non si derogherà mai: “Qualsiasi discorso
circa un possibile abbandono della resistenza in cambio della nostra presenza
nel governo di unità nazionale si rivela una scommessa perdente. Qualunque
discorso sul ritiro da azioni militari non è dovuto a decisioni politiche ma
strategiche, la resistenza arriva ad ondate, attacca, si ritira, attacca di nuovo…”.
Il 29 marzo Meshal parla con la tv al Aqsa in Algeria dove si trova per la
conferenza su Gerusalemme: “Ci sono segni di risveglio degli arabi dal loro
lungo sonno, la resistenza nazionale araba e islamica ha mostrato le proprie
potenzialità, ha avuto successo nel non arretramento in Palestina, Iraq e
Libano. In Palestina il successo è stato parziale, in Libano conclamato e in
Iraq noi preghiamo per il successo della resistenza”. Infine, Meshaal ha
parlato disseppellendo l’ascia di guerra anche al grottesco terzo rally
automobilistico per commemorare l’uccisione dello sceicco Ahmed Yassin da parte
dell’esercito israeliano, stavolta di fronte ai microfoni di Al Jazeera. “Il
movimento di Hamas – ha detto Meshaal – ha sacrificato Yayhaia Ayyash, Jamal
Mansur, Salah Shehadah e altri (terroristi suicidi, ndr), abbiamo sacrificato
tutti questi uomini ma non siamo mai arretrati dal nostro disegno. Noi non
concederemo mai un dito della nostra patria, continueremo con la strada della
resistenza, che non è una linea retta ma implica sangue, distruzione,
battaglie, esplosioni di martiri, attacchi e ritirate in continuazione. Hamas
sarà sempre forte nella jihad e nelle azioni di martirio dei propri esponenti”.

E
per dimostrare che queste dichiarazioni sono tutti concordate con gli esponenti
di Hamas che siedono nell’attuale governo di coalizione, proprio Haniyeh il 2
aprile confermava al giornale saudita al Jazeera (che si chiama come la omonima
tv del Qatar, ndr) che “l’opzione di riconoscere Israele è fuori discussione”. Cosa
confermata dall’ex ministro degli Esteri Mahmud al Zahar al giornale giordano
al Sabeel (la strada) con una dichiarazione che giudicava un errore anche i
negoziati e gli accordi di Oslo fatti da Arafat. Lo stesso al Zahar, che è
tuttora un membro molto influente del politburo di Hamas, aveva detto nove
giorni prima alla tv Al Aqsa che “Hamas differenzia tra gli scopi e i metodi. La
Palestina storica è lo scopo, la negoziazione è il metodo”.E la Palestina
storica è quella che comprende anche lo stato di Israele. Per cui, a dispetto
dei desiderata europei, questa è la situazione, ben riassunta nel sermone di
odio recitato il 30 marzo nella moschea di Al Aqsa, Gerusalemme, da Ismail Radwan,
già portavoce di Hamas: “Il giorno del giudizio verrà quando i musulmani
uccideranno gli ebrei”. E poi, a proposito delle conferenze internazionali
tanto care a D’Alema e compagni, ha esplicitato questo suo pensiero in cui si
riconosce l’influenza, oltre che dell’ideologia jihadista anche quella del
libretto rosso di Mao Tse Tung: “Al Aqsa non sarà liberata da conferenze,
decisioni internazionali o negoziati, ma solo dai fucili perché l’occupazione
si combatte con la forza che è l’unica cosa che teme e riconosce, e l’onore si
riconquista solo con la jihad come fu predetto anche da Allah nel Corano”. E’
con questa gente dalla lingua biforcuta che dice di credere solo nella lotta armata che l’Europa vuole costringere
Israele ad avere rapporti amichevoli?