“Ora la comunità internazionale deve puntare su Musharraf”

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

“Ora la comunità internazionale deve puntare su Musharraf”

31 Dicembre 2007

La comunità internazionale è in
lutto per il tragico assassinio dell’ex Primo Ministro pakistano Benazir
Bhutto. La Bhutto rappresentava un’opposizione moderata al governo guidato da
Musharraf. John Bolton, ex Ambasciatore degli Stati Uniti presso le Nazioni
Unite e autore di “Surrender is not an option”, intervenendo nello show
americano di Alan Colmes, “HANNITY & COLMES”, si è espresso sulle
ripercussioni di questo barbaro atto.

COLMES: Ambasciatore, grazie mille per la sua presenza al nostro show di
stanotte.

%0D

JOHN BOLTON: Felice di essere qui

Abbiamo fatto un errore cercando di spingere la democrazia troppo
velocemente in una regione dove la stabilità, per usare una analogia fatta da
Rich Lowry, è più importante della democrazia? Ritiene che questi due concetti
si possano a volte escludere a vicenda?

Non penso che sia questo
il problema per gli Stati Uniti. Penso che il nostro maggiore interesse
strategico sia la sicurezza dell’arsenale nucleare pakistano. E io credo che
accondiscendendo al desiderio di Benazir Bhutto di tornare in gioco in
Pakistan, guardando a lei come a una alternativa a Musharraf, noi abbiamo in
effetti accelerato le dinamiche che hanno portato al suo tragico assassinio. E’
difficile pensare che questa strada potesse avere successo.

Qui è dove volevo arrivare, e cioè che, spingendo la democrazia
attraverso la Bhutto, confidando nel suo successo – è sembrato che stavamo
tentando di influenzare le prossime elezioni in modo che la Bhutto diventasse
Primo Ministro e stabilisse un qualche tipo di accordo con Musharraf, un
qualcosa che sarebbe sembrato a tutti un matrimonio celebrato all’inferno.

Beh, io penso che questo ci insegna a non cercare di
influenzare i dettagli di quello che avviene in paesi come questo. Quello che
ci ritroviamo adesso è un percorso che porta diritto verso il caos. Il paese è
su una lama di rasoio. Dobbiamo vedere cosa accadrà nelle città domani, se le
rivolte si diffonderanno. Questo è esattamente quello che vogliono i
fondamentalisti islamici, perché adesso lo stesso Musharraf è sottoposto a
contestazioni ancora più pesanti. Il Pakistan al momento è estremamente instabile
e il controllo delle sue armi nucleari è incerto.

Musharraf è in grado di mantenere l’ordine? E’ l’uomo giusto al posto
giusto in questo momento?

Io credo che sia la persona su
cui scommettere. Altrimenti rischiamo di avere la fazione militare, e questo
porterebbe alla possibilità che elementi radicali dell’esercito e di altri
settori della società pakistana prendano il controllo. Io non sto sostenendo
che Musharraf sia un democratico jeffersoniano. Io sto semplicemente
sostenendo che al momento è colui che ha più possibilità di tenere insieme
l’esercito e di conseguenza il paese.

E’ stato un errore chiedere a
Musharraf  di lasciare la sua leadership
militare?

A questo punto penso che lo sia
stato. E che sia stato parte di quel tentativo di influenzare i dettagli. A un
certo punto potrebbe essere stata la cosa giusta da fare. Ma in questo momento
serve una sorta di time-out. Noi dobbiamo chiedere ai leader politici
responsabili di sedersi ai loro angoli. Cercare di calmare la situazione e
ripartire da lì. Altrimenti più sale la tensione, più dilagano le rivolte per
le strade, più si allarga la possibilità che i radicali islamici prevalgano in
questo caos. 

RICH LOWRY: Signor Ambasciatore, qui è Rich Lowry. Grazie per essere con noi. Cosa sappiamo
della ubicazione delle armi nucleari e quanto sono al sicuro?

Beh, non che voglia entrare nei
dettagli, ma c’è qualcosa che sappiamo e qualcosa che non sappiamo. E quello
che mi preoccupa al momento non è la sicurezza tecnica delle armi nucleari; è
la possibilità di perderne il comando e controllo o il fatto che possano finire
nelle mani di militanti islamici all’interno dell’esercito pakistano. Questo è
il pericolo più grave al momento.

Ambasciatore, se mi è permesso vorrei sottoporle il problema affrontato
dall’Amministrazione. Il tentativo di
ottenere un accordo tra Musharraf e
Benazir Bhutto era basato sulla premessa che se si vuole che Musharraf
stabilizzi effettivamente il paese non lo si può lasciare isolato
politicamente, e anzi gli si deve fornire un più ampio consenso politico cui
appoggiarsi,  Benazir Bhutto era il modo
per ottenere ciò.

Guardi, il giorno del suo ritorno
in Pakistan, la Bhutto è stata subito il bersaglio di un attentato che ha
ucciso oltre cento dei suoi sostenitori. Non si può dire che questo non fosse
prevedibile e che ovviamente avrebbe portato alla sua morte, è difficile
sostenere che questa potesse essere una strategia vincente.

Riguardo a Musharraf…, lei sa quale è il problema con lui. Non è il suo
non essere democratico, ma è che non sta facendo abbastanza nelle aree tribali
per dare la caccia ai talebani. E’ che non ha cacciato gli estremisti che si
annidano nei suoi servizi di sicurezza. E’ che sembra più interessato a
reprimere l’opposizione laica nel paese piuttosto che gli islamisti. Cosa ne
pensa di queste accuse? E’ davvero lui l’uomo giusto per noi in Pakistan?

Direi che è difficile starsene
seduti a Washington o New York e cercare di intuire quale sia il generale che
vorremmo fosse in carica. Certamente bisogna guardare all’intero spettro delle
sue risposte dall’11 settembre ad oggi e benché non abbia fatto interamente
quello che avremmo voluto, è stato generalmente in linea con quello che avevamo
previsto. Io credo che avremmo potuto fare di più prima che si scatenasse
questo caos per ottenere da Musharraf una politica più aggressiva sulla
frontiera nord occidentale del Pakistan. Ma non bisogna sottostimare
l’infiltrazione degli islamisti radicali nell’esercito pakistano. Questi non
sono personaggi che Musharraf supporta o che vuole lì. Essi sono un dato di fatto
della società pakistana con cui egli deve avere a che fare. 

Ci parli un po’ di cosa potrebbe essere una guerra civile?
Comporterebbe la scissione dell’esercito in una fazione più radicale ed in una
meno radicale?

Credo che si possa verificare una
frammentazione dell’esercito. Quello che mi preoccupa non è una guerra civile
su larga scala con grosse formazioni militari. Quello che mi preoccupa, per
esempio, è il possibile assassinio di Musharraf. Ci hanno già provato almeno tre volte. E la
possibilità di un piccolo gruppo di militari che prende il controllo. Questo è
il pericolo più grande in questo momento, un piccolo gruppo di radicali
islamici. Una conseguenza di questo pericolo sarebbe la perdita del controllo
su una parte dell’arsenale nucleare e la possibilità che esso finisca nelle
mani di Al Qaeda.

Grazie Signor Ambasciatore, sempre interessante. Grazie per essere
stato con noi stanotte.