Ora la sfida di Hollande è fare crescita senza sforare sui conti pubblici

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Ora la sfida di Hollande è fare crescita senza sforare sui conti pubblici

07 Maggio 2012

E’ dal 1981 che con alcuni fedeli amici festeggiamo l’elezione del Presidente della Repubblica, qualsiasi sia l’eletto, forte di una tradizione repubblicana e laica. E’ un esperienza fantastica che nel corso degli anni ci ha permesso d’osservare e paragonare gli entusiasmi e il grado di coinvolgimento emotivo di ogni elezione. Ieri nella parigina Place de la Bastille, i colori erano il rosso delle bandiere e il nero delle periferie, un festa più dedicata alla fine di Sarkozy che al successo di Hollande. Mentre abbandonavamo la piazza, nascevano tra di noi analisi, domande, perplessità. 

Certo, Sarkozy aveva cominciato il suo mandato nel peggiore dei modi, in contraddizione con uno stile tradizionale francese, forse perchè affascinato da Berlusconi, forse per che voleva introdurre anche legittimamente un altro stile, una rottura con il passato di Chirac ma in contraddizione con il profilo regale che conferisce la costituzione francese al Presidente della Repubblica: gli anni bling bling*

Parallelamente, nei primi mesi sarkozisti ci fu la terrificante ouverture, l’apertura politica a elementi della sinistra, in ossequio al mito di una Francia trasversale in grado di fare scomparire il combattimento dei galli, che ha usato i transfughi socialisti delusi dall’infelice candidata socialista alle precedente elezioni, Ségolène Royal, una scelta che ancora oggi resta incompresa. Fu Sarkozy a nominare Bernard Kouchner, riciclato, Mitterrand nipote e Dominque Strauss Kahn (DSK), con annessi scandali. Ma anche Bernard Henri Levy, improvvisato geo-politologo in Libia (guerra di cui, senza voler giustificare o addirittura legittimare Gheddafi, non conosciamo il reale esito).

Sono stati colpi d’immagine forti che sono diventati simboli della sua presidenza e che hanno sicuramente fatto ombra al suo bilancio, del tutto difendibile, sia a livello internazionale che a livello nazionale, avendo saputo seguire, ma anche ponderare, il disegno europeo della cancelliera tedesca, Angela Merkel, la quale ha dimostrato di posizionarsi agli antipodi comportamentali, educativi e strategici dell’ex Presidente francese.

Partiva basso in queste presidenziali Nicolas Sarkozy, molto giù nei sondaggi, quasi una battaglia persa. Non poteva che contare sulla propria energia, sulla proprie capacità chirachianne di fare campagna (un astemio come lui in Francia non ha gioco facile), né sulla qualità dei suoi interventi e infine nemmeno sulla capacità di vendere il suo stesso bilancio bilancio di governo. Solo così ha potuto trasformare una programmata disfatta, in una battaglia persa e non riuscire a capacitarsi che una nazione di fatto di destra, lo dicono i numeri, si ritrovasse a eleggere un candidato di sinistra.

A Sarkozy sono mancate l’ala sinistra, il centro di Bayrou, e l’ala destra di Marine Le Pen: a sinistra, François Bayrou ha sepolto il Centro, mai davvero protagonista in Francia o comunque mai promotore d’equilibri e ha sepolto una forza politica per giocare una partita personale di vendetta nei confronti di Sarkozy e d’ambizione personale, o per i suoi stretti collaboratori, da oggi accetti alla corte di Hollande, un uomo propenso a “rassembler”, a unire.

A destra, pur avendo sposato la quasi totalità dei temi di società del Fronte nazionale (immigrazione, sicurezza) per sedurre quell’elettorato, quasi il18%, non è riuscito ad attrarre più della metà di quei elettori dalla sua parte e ha pagato il prezzo di10 anni di promesse non tenute in tema appunto di sicurezza e immigrazione.

A pesare anche l’assenza di coraggio politico nel voler superare, una volta cambiata la leadership del Fronte Nazionale e il suo stile, i presupposti e pregiudizi che continuano a presentare questo partito come non repubblicano. I forti e mirati messaggi dell’ultima ora non sono bastati.

Ieri sera Sarkozy ha chiuso un capitolo della sua vita, ma nel suo intervento, con il quale ha con eleganza assunto la responsabilità della disfatta, non è stato chiaro sul suo futuro a medio termine. Le elezioni parlamentari che si terranno fra poco un può più di un mese potrebbero determinare un’ assoluta maggioranza a sinistra.

Il nuovo presidente della Repubblica si ritroverà quindi molto probabilmente con Assemblea Nazionale e Senato a sinistra, Regioni e grande città maggioritariamente a sinistra. A quel punto non ci saranno scuse per gli errori! Ma chi l’avrebbe detto. Mesi fa, prima dei scandali DSK, Hollande quasi non esisteva, la marcia per l’Eliseo era scritta per l’ex-direttore generale del Fmi e le primarie socialiste non erano affatto scontate per lui, candidato della normalità.

Ricordo come tutti gli esperti, i media, i consiglieri condannavano questo approccio, mentre mesi fa dalle colonne del mensile di politica internazionale "Longitude", davo conto del fatto che questo approccio fosse stato la chiave del successo ispirato a Mitterrand. Ieri sera, una delle vignette più diffuse via internet era quella di una fila di Ferrari alle frontiere belghe e svizzere: esattamente i bling bling in fuga…

Oggi è presidente Hollande ma la (o le) crisi non sono finite. Le sue soluzioni internazionali trovano orecchie attente alla Bce e in Italia, perché siamo d’accordo tutti che l’austerità da sola non è la sola soluzione, soprattutto se priva di un capitolo crescita, una crescita che in termini non economici ma sociologici si chiama speranza, fiducia. Hollande dovrà imparare a dialogare con la Germania e il Nord Europa per cercare di ammorbidire la loro linea. C’è da augurarsi che non lo faccia perorando la creazione a livello europeo di strumenti economici come eurobond, che già sono stati motori dei nostri debiti nazionali.

A livello nazionale, le promesse di Hollande sono tante e misureremo la capacità del nuovo presidente non solo di saper realizzarle, ma anche la loro compatibilità con gli equilibri dei conti pubblici e la percezione della popolazione. Hollande dovrà sicuramente fare i conti più con la sua sinistra che con l’opposizione di destra: il 10% di Jean-Luc Melenchon (comunisti) e gli accordi fatti con i Verdi. Il percorso dell’uomo “normale” Hollande si annuncia difficile. Riuscirà ad imporre una nuova guida, profili nuovi, soluzioni innovative? Oppure sarà un uomo condizionato dalle estreme e dal suo stesso partito?

In Germania, Angela Merkel non riesce a trasformare i suoi veri risultati economici in sostegno elettorale. Sarkozy in parte ha pagato a sua volta questa incapacità ed è stato vittima di se stesso.

Il neo-eletto presidente Hollande ormai gode di tutti strumenti per fare e cambiare, uscendo dai limiti di un partito e dei suoi protagonisti storici che rischia di riproporre soluzioni vecchie a sfide nuove. La funzione regale del presidente della Repubblica lascia lo spazio a una evoluzione.

I valori repubblicani, la laicità repubblicana offrono ad ogni leader risposte, per così dire "normali".

 *‘Bling-bling" è un’espressione che si ispira allo stile dei cantanti rap statunitensi e del loro gusto molto sobrio per i gioielli d’oro da quattro chili. "Bling-bling", vuole dire che non si esita a ostentare il proprio  successo materiale. Il "bling-bling" in Francia ha anche risonanze di lotta culturale. Da decenni le grosse fortune sono costrette alla dieta della moderazione, dell’eleganza sottile e garbata, del finto distacco. Una forzatura che esprime perfettamente nell’arcinoto fenonemo deò "bo-bo", o borghese bohemien. Cioè più hai soldi, più ti vesti come un hippy!