Ora tocca anche a Londra scoprire il peso di una “Mani pulite”
18 Maggio 2009
Cresce a dismisura in Gran Bretagna lo scandalo dell’abuso di rimborsi pubblici da parte dei parlamentari britannici, incrinando la credibilita’ del “modello Westminster” tanto vantato all’estero. Negli eleganti caffè di fronte alla Royal Court of Justice così come nelle metropolitane che corrono verso la sterminata periferia londinese, leggendo la stampa colta o la free press scandalistica, la scorsa settimana l’argomento era sempre lo stesso: lo scandaloso abuso di denaro pubblico da parte di deputati e Lords, per la maggior parte laburisti ma anche conservatori e liberaldemocratici.
Il campionario di pratiche che sta facendo montare lo sdegno popolare è vasto. Rimborsi spese utilizzati per scopi personali completamente estranei alla funzione pubblica svolta, come ad esempio l’acquisto di televisori al plasma da migliaia di sterline. Spese assolutamente fasulle dichiarate dai parlamentari per ottenere più soldi dallo stato, in particolare per quanto riguarda affitti o mutui per seconde case a Londra dei deputati non londinesi che trascorrono nella capitale gran parte della settimana. Addirittura due Lord laburisti accusati di aver chiesto denaro in cambio del loro assenso ad alcuni emendamenti ad una legge in discussione nella camera alta.
Non sono certo bastate le pubbliche scuse di Gordon Brown, a nome di tutti i parlamentari, né la promessa di dure sanzioni una volta che le colpe saranno accertate, per placare un’opinione pubblica già amareggiata dalla grave recessione che ha colpito la Gran Bretagna negli ultimi 10 mesi. Né sono bastate la sospensione dalla carica di un deputato laburista sotto accusa e le dimissioni del Ministro della Giustizia coinvolto nello scandalo. Nell’occhio del ciclone e’ finito addirittura lo speaker (il presidente) della Camera dei Comuni, Michael Martin, sia per la discutibile gestione dei suoi rimborsi personali sia per la responsabilità politica di aver bloccato un progetto di riforma delle norme sui rimborsi pubblici ai deputati, norme che hanno in una certa misura favorito la diffusione degli abusi emersi.
La sorpresa per tali pratiche di malcostume, i cui effettivi contorni illegali devono ancora essere chiariti dalla magistratura, è stata grande per il pubblico inglese abituato a pensare il “modello Westminster” come qualcosa di cui vantarsi con un pizzico di boria in tutta Europa. Il Guardian ha esplicitamente paragonato lo scandalo alla stagione di “clear hands” del 1992-1994 in Italia, mentre il Times usa regolarmente il termine “Manure Parliament”, “Parlamento di letame”. Il Daily Telegraph, giornale autore dello scoop, da una settimana batte sulla questione centellinando giorno dopo giorno le notizie su questo o quel parlamentare, lasciando intendere che i politici pescati con le mani del sacco sono davvero molti.
Di conseguenza, i giornali e le trasmissioni radiofoniche sono inondati di messaggi di cittadini indignati, per quello che molti media hanno definito “il momento più nero del Parlamento nell’era moderna”. La crisi di credibilità dei partiti britannici è tale che l’ultimo sondaggio, pubblicato dal quotidiano The Independent, attesta un partito Laburista crollato al 16% dei voti, meno della meta’ del 35,3% registrato nelle elezioni 2005. Sempre secondo il sondaggio, i Conservatori limitano i danni del terremoto politico scendendo al 31% rispetto al 32,3% di quattro anni fa. Molto peggio fanno i Liberaldemocratici, terza forza del sistema anglosassone negli ultimi anni in continua crescita, che scendono al 13% dei consensi rispetto al 22,1% del 2005.
Decisamente a molti inglesi, abituati a ironizzare con malcelata aria di superiorità (nonché con una certa dose di superficilalita’) sulle vicende private di Sarkozy o Berlusconi, deve essere andato di traverso il te’ mattutino nello scoprire i propri impeccabili parlamentari indaffarati ad abusare meschinamente di denaro pubblico. Dove sono andati a finire i famosi “civil servants”? E le tanto sbandierate “best practices”? E l’immancabile “accountability”? E il sacro rispetto per i soldi dei “taxpayers”? E’ proprio il caso di dire che il re è nudo, e questa volta non ci si riferisce a qualche litigio a Buckingam Palace.
Bisogna dunque concludere che tutto il mondo è paese? Non proprio. Innanzitutto, nei giorni scorsi si è assistito a una vera e propria corsa, da parte di molti parlamentari, a restituire migliaia di sterline di rimborsi contestati, prima ancora che la magistratura stabilisca quali appropriazioni siano davvero indebite. Di certo questo tardivo mea culpa non è scevro da ipocrisia e opportunismo politico, tuttavia testimonia quanto il biasimo pubblico conti per un politico britannico. Inoltre, la gravità dei comportamenti contestati è mediamente minore di quella di tanti altri esempi al di qua della Manica ben noti al pubblico italiano ed europeo.
Tuttavia, se è vero che chi è senza peccato scagli la prima pietra, dopo questo scandalo una certa stampa inglese dovrebbe avere il buon gusto di astenersi per un bel po’ di tempo dallo scagliare pietre contro l’Italia.