Ora toccherà ai pugliesi pagare il conto del “modello” Vendola

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Ora toccherà ai pugliesi pagare il conto del “modello” Vendola

29 Dicembre 2010

Il Bilancio "lacrime e sangue", approvato a maggioranza dal Consiglio regionale, non è la conseguenza dei tagli di Tremonti, che non c’erano ancora quando la riduzione dei fondi di Vendola ha ferocemente massacrato, decurtandolo di 283 milioni di euro, il Bilancio 2010. Esso è semmai il conto da saldare dopo un quinquennio di sperperi e di regalie, che hanno fatto sforare dal Patto di stabilità per tre anni su quattro e guarda caso proprio in corrispondenza dei tre turni elettorali del 2006, del 2008 e del 2009. Il tutto ai danni del popolo pugliese, al quale sono state vendute illusioni pur sapendo che, prima o poi, ci sarebbe stato un prezzo da pagare.

Ed è stato soprattutto grazie a una incredibile strategia mediatica, alimentata peraltro da una costosissima campagna di comunicazione istituzionale, che Vendola oggi può presentarsi nonostante tutto alla Puglia sotto le spoglie del leader vincente, quando in realtà guida un governo troppo comunista persino per il Pd.

Un governo che ha portato avanti una politica sanitaria irresponsabile, che oggi costringe da un lato ad azzerare praticamente tutte le altre politiche regionali, visto lo stratosferico 84% di fondi di Bilancio da essa inghiottiti, e dall’altro obbliga a colpire pesantemente il diritto alla Salute dei pugliesi, con un “piano di rientro” proposto dallo stesso Vendola al Governo nazionale nel tentativo di recuperare i fondi necessari al pagamento degli stipendi di medici e infermieri.

Il governatore pugliese sacrifica così Ospedali, posti letto, quello che resta della Sanità privata e il turn-over di medici e infermieri caricando i cittadini, come se non bastasse, di ticket e continuando una battaglia di facciata sul terreno delle “internalizzazioni”, che hanno illuso tanta povera gente – guarda caso a cavallo delle elezioni –  in una concezione della Sanità come una sorta di “assumificio”.

Oltretutto, non c’è bisogno di indagare troppo per attribuire le responsabilità di questo dissesto. Basta rileggere un’intervista, rilasciata alla Gazzetta del Mezzogiorno il 19 febbraio scorso, in cui l’Assessore al Bilancio, Michele Pelillo, – significativamente confermato – rivendicava proprio il “merito” dello sforamento dal “Patto di stabilità”, vale a dire di quella che è proprio tra le principali fonti dei problemi della Puglia.

In che condizione si trovi l’economia pugliese ce lo dicono i dati sull’occupazione diffusi da Bankitalia, che ci collocano al primo posto nazionale per perdita percentuale di posti di lavoro negli ultimi due anni, con una inquietante impennata a carico dei laureati. Né c’è, in questo Bilancio, un solo cenno a favore della ripresa economica di una Puglia ridotta, sia sulla tenuta che sulla crescita, a fanalino di coda delle Regioni italiane. Al contrario, all’interno della manovra c’è un incremento indiscriminato della benzina – che colpisce tutte le famiglie e le aziende – e si è rinunciato, su pressione della Cgil per ragioni politico-ideologiche, all’occasione offerta dal Governo nazionale di azzerare l’Irap per le nuove imprese, con ciò confermando una cultura ostile al mondo industriale in una Regione che ha, di fatto, rinunciato a stimolare ed attrarre investimenti.

E non è neppure un caso, del resto, che si stia tagliando tutto tranne i costi eccedenti del Governo regionale, conservando 7 Assessori esterni su 14. Una scelta che oltretutto va contro la maggioranza del Consiglio Regionale.

Come se tutto ciò non bastasse, la Puglia ha un governatore che si preoccupa ormai più delle proprie ambizioni nazionali che dell’amministrazione del suo territorio. E, quand’anche lo fa, approva un bilancio che è, di fatto, un’auto dichiarazione del fallimento di cui tutti i pugliesi porteranno a lungo i segni.