Orrore a Mosul, trovati civili impiccati ai pali della luce

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Orrore a Mosul, trovati civili impiccati ai pali della luce

12 Novembre 2016

Proseguono a Mosul le esecuzioni sommarie di civili, già rese pubbliche dalle legittime autorità irachene nei giorni scorsi, da parte dei miliziani dello Stato Islamico: a denunciarlo questa volta è stato direttamente l’Ohchr, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, secondo cui nella settimana corrente i jihadisti hanno fucilato nella città contesa oltre sessanta persone, di cui quaranta soltanto nella giornata di martedì, accusate di tradimento come spie, collaborazionisti o cospiratori.

I cadaveri sono poi stati appesi ai pali della luce per strada, specialmente agli incroci, così da mostrarli alla popolazione quale monito per chi trasgredisse ancora. “Le vittime”, ha riferito Ravina Shamdasani, portavoce dell’agenzia Onu, “erano abbigliate con indumenti di colore arancione, contrassegnate in rosso dalle parole ‘Traditori e agenti delle forze di sicurezza”: lo stesso abbigliamento (che, con macabro sarcasmo, imita quello tipico dei presunti terroristi rinchiusi nel carcere speciale americano di Guantanamo) a suo tempo imposto agli occidentali fatti prigionieri dai jihadisti, sgozzati barbaramente o bruciati vivi davanti alle telecamere, quando ancora il califfato nero era allo stato embrionale. 

Concordi con la portavoce dell’Ohchr diverse testimonianze oculari, secondo cui “il Daesh”, acronimo equivalente in lingua araba a Isis, “faceva radunare e quindi giustiziare i condannati”, senza distinzione di età: alcuni, anzichè essere passati per le armi, sono stati decapitati. Un giovane di 27 anni sarebbe addirittura stato trucidato semplicemente perché scoperto a servirsi di un cellulare, il cui utilizzo è proibito. Spesso sui resti erano affissi con sopra riportati i capi d’imputazione e i verdetti delle sedicenti corti islamiche, istituite nei territori controllati dagli uomini di Abu Bakr al-Baghdadi.

Accertare simili nefandezze è stato un compito sovrumano per gli investigatori internazionali, il cui operato è stato ostacolato non solo dalle operazioni militari in pieno corso ma altresì dal pericolo di perdere le eventuali fonti, oggetto di rappresaglia se identificate. Una di queste, ha precisato Shamdasani, è un uomo che si è salvato a stento fingendosi morto durante un eccidio di massa, e che è poi riuscito a fuggire verso le zone già liberate dai governativi ovvero dai peshmerga curdi. 

Circa 50mila persone sono fuggite da Mosul dall’inizio dell’offensiva contro la roccaforte dell’Isis in Iraq, lo scorso 23 ottobre. è il bilancio riferito dalle agenzie umanitarie dell’Onu, sottolineando che il numero di sfollati si è raddoppiata nell’ultima settimana ma non si è verificato il massiccio esodo forzato che si aspettava. “Abbiamo diverse testimonianze di come i jihadisti impediscano alla gente di fuggire, con omicidi per intimorire la popolazione e obbligarla a restare”, ha spiegato Ravina Shamdasani, portavoce dell’Alto Commissario per i diritti umani. L’Unhcr ha lanciato l’allarme che tra gli sfollati ci sono molti nuclei in cui manca il capofamiglia, mentre Altaf Musani, rappresentante dell’Oms in Irak, ha ricordato che tra le persone in fuga sono in aumento quelle con problemi respiratori a causa del fumo inalato dai pozzi petroliferi dati alle fiamme.