Oscurare la vita e promuovere la morte: quelle regole che dividono Roma e Milano

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Oscurare la vita e promuovere la morte: quelle regole che dividono Roma e Milano

06 Aprile 2018

La fotografia di un feto di 11 settimane affissa a Roma dal movimento “Pro vita” con su scritto “Tu sei qui perché la tua mamma non ti ha abortito” (lapalissiano verrebbe da dire) è stata prontamente oscurata dall’amministrazione grillina perché la senatrice Pd Monica Cirinnà ha lanciato la campagna su Twitter chiedendo la rimozione di cotanta infamia. Beati i romani che hanno un’amministrazione tanto efficiente da poter subito aprire un’indagine chiedendo alla polizia locale di indagare sul caso. Viene peraltro da chiedersi che indagini devono fare visto che il nome del committente dell’affissione è scritto a caratteri cubitali sul manifesto. Evidentemente comunque tanta celerità e solerzia vengono applicati su tutti i problemi della città. Avercela anche a Milano una simile efficienza.

La vicenda richiama alla memoria una situazione simile, ma opposta avvenuta a Milano nel 2011. Diverso cartellone e diverso esito. Sette anni fa nel centralissimo Corso Buenos Aires l’Associazione Luca Coscioni fece infatti affiggere un manifesto con il volto di un malato terminale e la richiesta “lasciatemi morire in pace”. Un’immagine estremamente drammatica (molto più di quella di un feto di 11 settimane che si succhia un pollice) tanto che l’allora sindaco del centro destra Letizia Moratti chiese la rimozione del cartellone in quanto “il messaggio e l’immagine utilizzati sono contrari alla sensibilità dei milanesi. Credenti e non”. I tecnici comunali, attraverso l’allora assessore Cesare Cadeo, risposero però che “il sindaco ha ragione dal punto di vista etico, ma dal punto di vista tecnico abbiamo pochi strumenti per intervenire”. Tanto che l’esponente radicale Marco Cappato poté rispondere tronfio: “Tanto zelo censorio è comunque inutile: i manifesti stanno per essere tolti in quanto scaduto il periodo di affissione previsto dal contratto”. Insomma la pubblicità della morte non piaceva al sindaco e a tante associazioni pro vita che subito fecero sentire la loro voce contro questa pubblicità dell’eutanasia, ma le regole di libertà di espressione hanno prevalso anche sulla volontà del primo cittadino e il cartellone era rimasto al suo posto.

Verrebbe da chiedere alla senatrice Cirinnà come avrebbe commentato quella vicenda visto che oggi dice che è “vergognoso che per le strade di Roma si permettano manifesti contro una legge dello Stato”. Anche in quel caso era stato permesso un manifesto contro una legge dello Stato visto che l’eutanasia è ancora illegale in Italia. E verrebbe da chiederlo anche ai suoi tanti sostenitori che, in rete, hanno definito la foto del feto “uno schifo” “Vergognoso” e chi, come il sottoscritto, che è andato a cercare di capire cosa ci vedessero di male in quel manifesto, chiedendo semplicemente “perché schifo?” “cosa c’è di vergognoso?”, veniva accusato di oscurantismo bigotto.

Evidentemente le regole di Milano e Roma sulle affissioni sono diverse. E, viene da pensare, anche il senso della libertà di espressione e democrazia sono diversi: oscurare chi difende la vita e tutelare chi promuove la morte.