Pakistan, i Talebani offrono pace in cambio della Sharia

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Pakistan, i Talebani offrono pace in cambio della Sharia

27 Febbraio 2009

Nella valle dello Swat, una volta notissima meta turistica e conosciuta come la “Svizzera del Pakistan” per i suoi paesaggi verdeggianti e la ricchezza di acque, è stata raggiunta una tregua fra il governo provinciale della North West Frontier Province (NWFP) e le bande talebane, guidate da Maulana Qazi Fazlullah, che da anni imperversano ed impongono le loro regole nella zona.

I termini dell’accordo sono: pace in cambio dell’introduzione della legge islamica (Sharia) nella valle. Già da lunedì scorso, Maulana Sufi Mohammed, suocero di Fazlullah, un chierico radicale che era stato liberato lo scorso anno dopo avere passato sei anni in galera per avere guidato un esercito di 10.000 pashtun contro gli americani in Afghanistan stringendo i primi contatti con il governo, aveva annunciato che la Sharia è già in atto nello Swat. Il governo federale ha fatto saper di essere d’accordo sull’introduzione della Sharia, ma che ratificherà l’accordo di tregua solo quando sarà cessata ogni attività militare da parte dei talebani.

Le concessioni del Pakistan ai talebani della valle dello Swat, situata a soli 150 chilometri dalla capitale Islamabad, sembrano indicare che il paese sta accelerando la sua discesa a grandi passi verso il caos. Gli uomini di Fazlullah, detto anche “Maulana Radio” per il modo in cui diffonde il suo verbo islamista, hanno combattuto sanguinose battaglie contro l’esercito pachistano negli ultimi due anni, riuscendo a prendere il controllo della maggior parte dello Swat.

I combattimenti hanno causato la morte di circa 1.200 civili ed hanno provocato l’esodo di oltre 350.000 persone su una popolazione di un milione e mezzo di persone. Fazlullah, contrario all’educazione femminile, ha fatto saltare in aria 200 scuole femminili, impiccato un numero imprecisato di poliziotti, creato dei tribunali islamici e organizzato un governo parallelo. Questi episodi hanno diffuso nei pachistani la sensazione che i talebani stiano prevalendo nel secondo maggiore paese musulmano al mondo per popolazione, e l’unico ad avere armi nucleari.

Il governo centrale, guidato dal presidente Asif Zardari, vedovo di Benazir Bhutto, ed il governo provinciale, guidato dall’Awami National Party (ANP), invece di chiedere all’esercito di riprendersi lo Swat hanno capitolato di fronte alle richieste dei talebani per evitare ulteriori violenze. Il governo insiste peraltro nell’affermare che consentirà solo un’applicazione limitata della Sharia attraverso i tribunali locali, ma i talebani interpretano la cosa in maniera differente e vogliono una piena applicazione della legge islamica con tutte le sue conseguenze in campo educativo e dell’amministrazione della giustizia nella regione.

Qualunque interpretazione se ne voglia dare, il patto con i talebani costituisce un’innegabile sconfitta dello stato pachistano contro l’estremismo islamico. Il tanto bistrattato Generale Musharraf, che pure aveva concluso alcune tregue, peraltro brevi, con i talebani delle aree tribali, non aveva mai concesso nessun cambiamento all’assetto legale del paese. Anche in Afghanistan, dove i talebani afgani controllano alcune province, il governo di Kabul non è mai venuto a compromessi su questioni che riguardassero la sovranità dello stato.

Zardari deve ancora controfirmare l’accordo, mentre da molte parti si sollevano dubbi sul fatto che il cessate il fuoco possa durare. Questa è anche la prima volta che il governo consegna agli estremisti una grande zona del Pakistan settentrionale per farla governare con leggi separate. Peraltro è poco probabile che i talebani vogliano fermarsi allo Swat. Lo stesso Maulana Sufi Mohammed, considerato un moderato rispetto a suo genero Fazlullah, ha dichiarato la sua intenzione di volere imporre la Sharia in tutto il Pakistan e si è scagliato contro la democrazia, considerata un peccaminoso modello occidentale.

A Peshawar, capoluogo dell’NWFP, l’ANP ha ricevuto continue minacce di attacchi suicidi da parte dei talebani che intendevano eliminare i ministri e gli eletti del partito. Queste minacce hanno impedito al partito di governare, nonostante il successo elettorale di questo partito laico e nazionalista pashtun, che aveva sostituito la coalizione di partiti islamici Muttahida Majlis-e-Amal (MMA) alla guida della provincia.

La strategia di Fazlullah si muove in parallelo con quella di Al-Qaeda. L’obiettivo è anche quello di creare dei nuovi rifugi sicuri all’interno del Pakistan, lontano dalle zone frontaliere con l’Afghanistan dove i droni americani stanno rendendo la vita difficile alla guerriglia.

La crisi dello Swat costituisce un altro duro colpo per la disastrata economia pachistana che si trova a far fronte ad una crescente disoccupazione, inflazione e fuga di capitali. La crisi è anche aggravata dal forzato rientro di centinaia di migliaia di lavoratori dai paesi del Golfo Persico che hanno perso il lavoro a causa delle recessione globale in corso. Per contro le finanze dei talebani sembrano non conoscere crisi. Nella capitale circolano voci che i combattenti talebani ricevano compensi mensili intorno ai 400 dollari mensili, una cifra stimolante per giovani disoccupati.

L’amministrazione Obama ha promesso aiuti al Pakistan per 1,5 miliardi di dollari all’anno per i prossimi cinque anni in programmi sociali, ma è difficile immaginare quando il Congresso americano renderà disponibili queste somme e quali condizioni imporrà – condizioni che forse il debole governo pachistano non potrà accettare.

Del resto le opzioni strategiche per cercare di risolvere la crisi pachistana non sono molte. Occorrono enormi quantità di finanziamenti per consentire al governo ed all’esercito di riaffermare l’autorità dello stato. Quello che si chiedono eventuali donatori, a Washington ed altrove, è se il governo e l’esercito abbiano ancora la volontà e le determinazione di farlo.