Pakistan, in bilico l’alleanza con l’Occidente

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Pakistan, in bilico l’alleanza con l’Occidente

22 Maggio 2007

Dopo l’11 settembre 2001, il regime del presidente Pervez Musharraf è
divenuto uno degli alleati più importanti per gli Stati Uniti nella lotta
contro il terrorismo di matrice islamica. Il suo governo si trova in una
posizione chiave per affrontare i terroristi fuggiti dall’Afghanistan ed ha contribuito a rafforzare nell’esercito pakistano la componente secolare su quella islamica. Anche se Washington ha
spesso chiesto al Pakistan di fare di più contro i talebani nella zona di
frontiera, Musharraf ha sempre goduto di una certa fiducia da parte degli
americani. Ma l’attuale crisi politica interna mette in dubbio la tenuta del suo regime e l’Occidente potrebbe riconsiderare la sua posizione nei confronti
d’Islamabad.

Il drammatico peggioramento della situazione interna è cominciato il 9 marzo, in seguito alla decisione di Musharraf di sospendere il
presidente della Corte suprema, Iftikhar Chaudhry. Ironia della sorte, nel 2000 è
stato proprio Musharraf a promuovere Chaudhry alla corte suprema e poi a
nominarlo presidente nel 2005. All’epoca Chaudhry era considerato un
sostenitore di Musharraf, tuttavia nell’ultimo periodo ha preso decisioni che
hanno irritato il governo, come il tentativo d’investigare sulle sparizioni
sospette di diversi individui che erano sotto la sorveglianza dei servizi
segreti.

La questione che ha più allarmato il governo riguarda il futuro
politico dello stesso Musharraf. Il generale vorrebbe ottenere un altro mandato
come presidente senza rinunciare all’incarico di comandante supremo delle forze
armate. In febbraio, Chaudhry si era detto contrario alla possibilità che
Musharraf continui con il doppio incarico anche nel corso del suo terzo mandato
da presidente. In molti considerano questo il vero motivo della sospensione.

La sospensione di Chaudhry viene largamente vista come un atto
anti-costituzionale, perchè il presidente non ha il diritto di intervenire
d’autorità negli affari della Corte più alta del paese. L’episodio ha determinato
una crisi profonda all’interno del mondo politico pakistano che Musharraf
probabilmente non si aspettava. All’inizio, l’establishment giudiziario ha
organizzato nel paese numerose manifestazioni di protesta che si sono estese fino
a coinvolgere tutte le diverse forze che si oppongono al regime. La tensione ha
raggiunto il suo massimo nello scorso fine settimana, quando violenti scontri tra
i manifestanti e i gruppi armati filogovernativi hanno causato la morte di 49
persone a Karachi. Nel giorno di lunedì, l’opposizione ha protestato contro lo
strage organizzando un enorme sciopero in diverse parti del paese. 

Il settimanale inglese The Economist ha messo in evidenza il fatto che
nelle ultime settimane Musharraf ha perso la fiducia di alcuni tra i gruppi
politici che l’avevano sostenuto in passato, incluso il potente partito
islamico, il Muttahida Majlis-e-Amal (MMA). Marvin Weinbaum, già esperto di
Pakistan presso il Dipartimento di Stato americano, pensa che il grande errore
di Musharraf sia stato quello di aver fornito all’opposizione un argomento su
cui protestare, favorendone così il ricompattamento.  L’opposizione è sempre stata molto
frammentata ed è grazie a questo che Musharraf è riuscito finora a mantenere la
stabilità interna. Inoltre, grazie alla ripresa economica il governo aveva
cominciato a godere di una qualche popolarità. Facendo in modo, però, che si
scatenasse una crisi istituzionale, ha permesso all’opposizione di trovare un
minimo comune denominatore e di mettere il governo in seria difficoltà. Nawaz
Sharif, l’ex primo ministro fuggito in esilio dopo il golpe che ha portato al potere Musharraf nel 1999, ha
già annunciato in un’intervista al Times di sentirsi pronto a tornare e ha
definito Musharraf “un uomo del passato”. Anche se le speranze dell’opposizione
non potranno realizzarsi nell’immediato, l’autorità del regime è gravemente
compromessa. Weinbaum ipotizza che la leadership dell’esercito per ora manterrà
l’appoggio a Musharraf, ma che è anche pronto a ritirarlo se la sua popolarità dovesse scendere a un punto tale da danneggiare il prestigio
dell’esercito stesso. Weinbaum non esclude neanche la possibilità che
l’esercito proclami la legge marziale, mettendo a serio rischio lo svolgimento
delle elezioni parlamentari previste tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008.

Ed è proprio questo possibile scenario di un governo puramente
militare a rappresentare un rischio per gli Stati Uniti. Se il governo
americano decidesse di sostenere una dittatura militare, Washington verrebbe
accusata di schierarsi contro la democrazia, attirando l’ira non solo dei
fondamentalisti islamici ma anche dei gruppi più riformisti. Weinbaum crede che
in questo momento gli Stati Uniti dovrebbero cercare di riconsiderare la loro
politica verso il Pakistan, cercando di attenuare la loro dipendenza da
Musharraf come interlocutore unico. Un’idea più facile da sognare che da
mettere in pratica. Ad ogni modo, c’è sempre un fatto che gioca a favore degli
Usa: è impensabile, infatti, che l’esercito perderà il controllo del paese ed è
altrettanto impensabile che l’esercito volterà le spalle agli americani. Questo
certamente non per simpatia nei confronti dell’America, ma per la grande paura che
gli Usa potrebbero puntare sull’India come alleato chiave in Asia con ripercussioni sulla questione del Kashmir sfavorevoli ad Islamabad.