Pakistan, la Cia pensa di sconfiggere Al Qaeda a colpi di Predator

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Pakistan, la Cia pensa di sconfiggere Al Qaeda a colpi di Predator

23 Marzo 2009

Uno dei grandi errori di sottovalutazione di Bill Clinton fu pensare che avrebbe sconfitto Al Qaeda sparandogli addosso qualche missile. Nel 1998 il presidente ordinò di lanciare i Tomahawk contro un presunto complesso per la fabbricazione di armi nei pressi di Khartoum, in Sudan. La Cia credeva che Bin Laden fosse nascosto da quelle parti. In realtà il capo di Al Qaeda se l’era già squagliata e quando i missili centrarono il bersaglio si scoprì che era un’industria farmaceutica.

La strategia di Clinton, bombardamenti più o meno chirurgici per decapitare l’avversario e costringerlo alla resa (ne sa qualcosa la Serbia), servì a poco contro un nemico flessibile come Al Qaeda. La dottrina americana del colpire dal cielo per evitare perdite sul terreno permise a Bin Laden di definire gli Usa una “Tigre di carta”, un esercito che non aveva il coraggio di affrontare gli avversari in campo aperto.

Ieri la Cia ha esultato: Al Qaeda è in ginocchio in Pakistan. Gli ultimi 6 mesi di attacchi condotti con i Predator, i droni teleguidati dell’aviazione Usa, hanno decimato la dirigenza terrorista gettandola nel panico. Si è trattato della più vasta campagna di omicidi mirati messa in atto dal comando militare Usa dai tempi del Vietnam. Le operazioni erano iniziate nell’ultima fase della presidenza Bush, quando il presidente autorizzò la Cia a colpire nelle regioni tribali del Pakistan senza avvertire il governo di Islamabad. Obama ha promesso di seguire la stessa strada.

Tra il 2006 e il 2007 ci sono stati solo 10 attacchi condotti con i Predator in Pakistan, ma il loro numero è salito a 38 solo dallo scorso agosto. Secondo Langley almeno 9 capi terroristi sono stati uccisi insieme a decine di militanti. Tra le file avversarie si sarebbe scatenata la caccia ai delatori che segnalano agli americani dove e quando colpire; si ha anche notizia di esecuzioni sommarie contro i traditori. Lo spazio di manovra di Bin Laden e al Zawahiri ne uscirebbe ulteriormente ridotto, sempre che Bin Laden sia ancora vivo. Il nuovo capo della Cia, Leon Panetta, ha detto: “con l’arrivo della nuova amministrazione non è cambiato niente per quel che riguarda dare la caccia ai terroristi e niente cambierà i nostri sforzi”.

Dietro l’ottimismo di facciata e la determinazione della Casa Bianca c’è una situazione che si sta aggravando. Il Pakistan sprofonda e, sul medio periodo, rischia di diventare un altro “stato fallito”. Solo diciotto mesi fa le cose sembravano molto diverse: l’ex premier Sharif (oggi a capo dell’opposizione) era in procinto di accordarsi con Benazir Bhutto per far tornare il Paese alla democrazia. Ma il 27 dicembre del 2007 la Bhutto fu uccisa da un kamikaze e da allora le forze reazionarie e del terrore che agiscono in Pakistan sono tornate all’attacco – dagli attentati a Mumbai alla sanguinosa incursione contro la nazionale di cricket dello Sri Lanka.

Il premier Zardari ha iniziato a condurre una sciagurata politica di apertura verso i Talebani “moderati” e il risultato lo possiamo osservare nella Valle dello Swat. Non stiamo parlando di un territorio sperduto sulle montagne pakistane ma di una vasta area che si trova ad appena un centinaio di chilometri di distanza dalla capitale Islamabad. Lo Swat è tornato nelle mani delle Corti Islamiche. A Mingora, il capoluogo della regione, sono stati ritrovati i corpi decapitati di pakistani con la sentenza appesa al collo, un cartello che ricordava i loro comportamenti “anti-islamici”. Almeno 180 scuole sono state chiuse, la maggior parte frequentate da ragazze. Giornalisti, ufficiali del governo e agenti della sicurezza chiudono gli occhi sul deteriorarsi della situazione.

La tregua raggiunta dalle amministrazioni locali pakistane con i Talebani sta spingendo migliaia di guerriglieri verso una nuova infuocata primavera di guerra in Afghanistan. Si parla di almeno 15/20mila truppe fresche pronte a scavallare il confine entro la fine di aprile. Nel frattempo il Congresso Usa è pronto a stanziare circa 20 miliardi di dollari di aiuti per Islamabad. Peccato che le amministrazioni locali pakistane propongano di integrare spezzoni delle bande talebane nelle forze di sicurezza locali: montagne di dollari potrebbero finire nelle casse dei Talebani e nelle tasche dei signori della guerra sulla frontiera Nord-Occidentale.