Pakistan: Musharraf sconfitto, opposizione al governo
20 Febbraio 2008
I
risultati delle elezioni in Pakistan per il rinnovo della Camera Bassa
dell’Assemblea Nazionale e delle Assemblee provinciali hanno rispecchiato le
attese, con i partiti di opposizione largamente vittoriosi nella contesa del 18
febbraio. Un primo aspetto positivo per il popolo pakistano è il fatto che le
elezioni si sono svolte regolarmente. Non pochi nel Paese erano convinti che il
presidente Pervez Musharraf avrebbe cercato sino all’ultimo un modo per posticipare
nuovamente l’appuntamento elettorale.
Lo
spauracchio dei possibili brogli elettorali è stato poi in larga parte ridimensionato:
media locali e internazionali, osservatori elettorali e le stesse forze
politiche impegnate nella corsa hanno parlato di un processo elettorale
sostanzialmente equo, soprattutto se paragonato a quelli celebrati nel passato.
Un fattore che va ricondotto al timore del governo che la percezione di un
risultato falsato avrebbe scatenato delle violente reazioni popolari.
Non
sono mancati episodi di violenza e discriminazione (seppur in regresso rispetto
al passato). Nella giornata si contano una ventina di vittime e circa 150
feriti. In molte aree del Paese si devono anche registrare fenomeni di
intolleranza nei confronti dell’elettorato femminile, costretto a non votare in
seguito alle minacce dei gruppi radicali islamici e a sotterfugi burocratici.
Oltre
ai 268 seggi attribuiti con un sistema elettorale maggioritario (quattro non
sono stati assegnati), altri 70 riservati a donne e minoranze religiose sono
stati distribuiti in proporzione ai voti ottenuti dai singoli partiti. Salvo
limitate modifiche dell’ultima ora, il Pakistan People’s Party (Ppp) è risultato
il trionfatore della contesa con 113 seggi conquistati. Un risultato
importante, che avrebbe potuto assumere contorni anche maggiori se le elezioni
si fossero svolte come originariamente previsto l’8 gennaio e se il clima di
paura e intimidazione non avesse limitato l’affluenza alle urne a circa il 40%
degli aventi diritto al voto (su 81 milioni). Ha dominato nelle aree rurali del
Sindh, il suo tradizionale bacino di influenza e si è difeso benissimo nel
Baluchistan e nella North-West Frontier Province (Nwfp), tradizionali feudi
dell’islamismo conservatore.
Chi ha
ottenuto il risultato migliore rispetto alle previsioni iniziali, è il Pakistan’s
Muslim League-Nawaz (Pml-N) dell’ex premier Nawaz Sharif. I suoi 84 seggi sono
frutto di una grande vittoria ottenuta nel Punjab, dove ha surclassato il
filo-governativo Pakistan’s Muslim League-Quaid-e-Azam (Pml-Q), attestatosi sui
55 seggi. Il disastroso risultato del Pml-Q riflette un voto di protesta alla
politica di Musharraf. Fa impressione che tra le sue fila non siano stati
eletti il suo presidente Chaudhry Shujaat Hussain, il candidato premier
Chaudhry Pervaiz Illahi, oltre a diversi ex ministri e stretti collaboratori
del presidente pakistano.
Altro
esito largamente preventivato – e di cui gli Stati Uniti possono ben
rallegrarsi – è stato il crollo verticale dei partiti di matrice islamista. Il
Muttahida Majlis-e-Amal (Mma), la coalizione formata dai sei gruppi
conservatori islamici, non solo è stata spazzata via dal contesto nazionale
(solo sette seggi conquistati), ma ha subito pesanti perdite anche nelle
Assemblee provinciali della Nwfp e del Baluchistan, dove hanno trionfato i
nazionalisti pashtun dell’Awami National Party (Anp), che hanno condotto una
campagna elettorale all’insegna della anti-talebanizzazione di queste province.
Il Ppp
non ha ottenuto i numeri per poter governare da solo. Il suo co-presidente Asif
Ali Zardari (consorte di Benazir Bhutto, ex premier e leader del Ppp) ha
annunciato la disponibilità del partito a formare un governo di coalizione con
tutte le forze democratiche. L’ipotesi più probabile è che sia il Pml-N l’altra
gamba di questa compagine governativa, che si avvarrebbe anche dell’apporto
dell’Anp. Queste tre forze non riuscirebbero però a controllare i 2/3 dei voti
della Camera Bassa, necessari per avviare un eventuale procedimento di
impeachment ai danni di Musharraf.
Per
superare la magica soglia dei 228 seggi, occorrerebbe il soccorso del Muttahida
Quami Movement (Mqm), un partito dai tratti localistici, che ha guadagnato 25
seggi (esclusivamente nelle grandi aree urbane del Sindh, come quella di
Karachi). Il Mqm ha ritirato il suo appoggio a Musharraf prima delle elezioni,
ma per il momento sembra interessato a formare una coalizione con il Ppp solo
per il governo locale del Sindh.
Molti
nutrono però ancora scetticismo sull’alleanza tra Ppp e Pml-N. Sharif ha
mostrato più volte di essere favorevole a una coalizione con il partito di
Zardari, auspicando, inoltre, che sia Aitzaz Ahsan (esponente del Ppp e leader
agli arresti domiciliari del movimento anti-Musharraf degli avvocati pakistani)
a occupare la poltrona di primo ministro.
L’ex
premier ha ribadito di volere in cambio il reintegro dei giudici della Corte
Suprema, destituiti il novembre scorso dal presidente pakistano. Nei suoi
commenti a caldo, Sharif è parso disponibile ad accantonare l’ipotesi
impeachment per Musharraf, chiedendo però che siano i giudici dell’Alta Corte
nazionale a esprimersi sulla validità o meno della sua conferma alla
presidenza.
Zardari
ha escluso ‘per il momento’ che nella futura coalizione di governo possa
entrare anche il Pml-Q. Alcuni osservatori considerano ambigua questa
affermazione, perché lascerebbe aperto ancora qualche spiraglio agli alleati di
Musharraf, in particolare se le trattative con Sharif dovessero naufragare. La
sconfitta subita da alcuni degli esponenti più inflessibili e compromessi del
Pml-Q renderebbe questa ipotesi meno traumatica per l’elettorato del Ppp.
Rimane da chiedersi, però, perché Zardari dovrebbe rinunciare all’apporto di
una forza come il Pml-N, che ha ottenuto un grande risultato elettorale, per
allearsi con un partito fortemente screditato e indebolito.
Ai
microfoni di Geo Tv, Shaikh Rashid Ahmed, esponente di punta del Pml-Q ed ex
ministro, ha riconosciuto la sconfitta del suo partito, ma ha dichiarato di non
aspettarsi vita lunga dal governo di coalizione che verrà. A parer suo, i
contrasti tra Ppp e Pml-N saranno difficilmente sanabili, mentre Sharif
cercherà l’appoggio di qualche deputato del Pml-Q per negoziare da una
posizione migliore con Zardari. Sempre secondo Shaikh Rashid, nonostante il
contesto sia ancora poco chiaro, il suo partito, la Anp e il Mqm saranno cruciali
per la formazione di qualsiasi governo.
Dai
risultati traspare l’impressione che la contesa elettorale abbia assunto i
contorni di un referendum sull’operato di Musharraf. Sebbene i pakistani temano
che Ppp e Pml-N possano ripetere le
pessime performance degli anni Novanta, quando governarono con inefficienza,
favorendo clientelismi e corruzione, è forte il sollievo nel vedere il
dittatore sconfitto. In particolare, i pakistani contestano al loro presidente
di aver trasformato il Paese in uno strumento di Washington nella guerra al
terrorismo internazionale. Sul punto, Zardari e Sharif hanno ribadito a urne
chiuse il loro impegno a trasformare la guerra al radicalismo islamista in uno
sforzo nazionale libero dai diktat americani.
Sharif
ha reclamato a gran voce che Musharraf si faccia da parte, ma il presidente
pakistano ha rispedito al mittente la richiesta. Per il presidente pakistano sarà
in ogni modo difficile mantenere il potere al cospetto di un Parlamento
apertamente ostile. Un Musharraf indebolito e a rischio di sopravvivenza
politica obbligherà gli Usa a cercare nuovi interlocutori tra i vincitori di
queste elezioni. Nel caso in cui gli sviluppi interni in Pakistan dovessero
metterne in pericolo l’agenda regionale, Washington – che ha salutato il buon
esito del voto come un ulteriore passo del Paese verso la democrazia – potrebbe
comunque giocarsi il suo asso nella manica, che ha il profilo pragmatico di
Ashfaq Pervez Kayani, nuovo comandante in capo delle forze armate pakistane.