Panama Papers, Mossack Fonseca: “Abbiamo sempre operato legalmente”

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Panama Papers, Mossack Fonseca: “Abbiamo sempre operato legalmente”

04 Aprile 2016

Uno scandalo di proporzioni, questa volta, davvero planetarie fa tremare i leader di mezzo mondo. I “Panama Papers”, così sono stati denominati milioni di documenti che hanno origine in uno studio legale internazionale specializzato in paradisi fiscali, gettano l’ombra su fortune riconducibili all’entourage di Vladimir Putin e del suo arcinemico ucraino Petro Poroshhenko, ai familiari del leader cinese Xi Jinping e al re saudita, al defunto padre di David Cameron, a Luca Cordero di Montezemolo, a banche italiane, a primi ministri e loro parenti, a criminali, personaggi dello spettacolo e dello sport come Leo Messi, a funzionari d’intelligence e a celebrità varie. 

 

Tutti uniti, pare, da una gigantesca rete di banche e consulenti in grado di dirottare di nascosto da ogni controllo di legalità, verso discreti isolotti off-shore, masse di denaro: miliardi e miliardi di dollari. Le rivelazioni sono saltate fuori da uno sterminato archivio di documenti fatti filtrare da uno studio legale, Mossack Fonseca, con sede nel Paese centroamericano del canale. Documenti passati al giornale tedesco Suddeutsche Zeitung e da questo condivisi poi con un pool di oltre 300 reporter investigativi di vari media internazionali fra cui i britannici Guardian, Bbc e l’Espresso). 

 

Il Guardian si concentra nella sua edizione online solo su Putin. Il leader russo viene ritenuto coinvolto indirettamente attraverso la figura di Serghei Roldugin: un musicista indicato fra i suoi migliori amici e padrino di battesimo di una delle  figlie, che appare il terminale di un trasferimento sotto banco di ben due miliardi di dollari partiti da Bank Rossia (istituto di credito guidato da un personaggio che  gli Usa sostengono essere una sorta di banchiere del Cremlino) per essere indirizzati poi a Cipro e nelle Isole Vergini Britanniche. 

 

Il Cremlino ha respinto ogni sospetto assicurando che Mosca ha i mezzi per difendere in sede legale la reputazione di Putin. Ma non è solo la Russia al centro di uno scandalo che pare la più grande fuga di notizie nella storia della finanza e della politica. Carte nelle quali compaiono i nomi di almeno 140 tra politici, personaggi famosi, imprenditori e sportivi e di 12 leader politici tra re, presidenti e primi ministri. L’Espresso, per l’Italia, si è occupato di Montezemolo, l’imprenditore Giuseppe Donaldo Nicosia, latitante e coinvolto in un’inchiesta per truffa con Marcello dell’Utri, l’ex pilota di Formula 1 Jarno Trulli oltre a Ubi e Unicredit. 

 

Non mancano intere società che farebbero riferimento diretto ai capi di governo di Islanda e Pakistan. Mentre emergono presunte somme da capogiro sottratte e beni di lusso (fra cui yacht da favola) al fisco da Salman re dell’Arabia Saudita, dal re del Marocco Mohammad VI, dai figli del presidente dell’Azerbaigian, dal presidente filo-occidentale ucraino Poroshenko. Altro denaro risulta riconducibile a 33 sigle o individui inseriti nella lista nera degli Usa per asserite connessioni con i signori della droga messicani, con organizzazioni definite terroristiche come gli Hezbollah sciiti libanesi, con Stati quali Corea del Nord o Iran. E non finisce qui. Perché a essere toccati dal sospetto sono il mondo dello sport miliardario e quello dello spettacolo. 

 

Ecco il nome di Lionel Messi, bandiera del calcio argentino e del Barcellona, oppure quello dell’attore cinese Jackie Chan. E ancora dirigenti sportivi sudamericani già comparsi nello scandalo Blatter, come l’ex vicepresidente del calcio mondiale Eugenio Figueredo e suo figlio Hugo, nonché l’uruguaiano Juan Pedro Damiani, del comitato etico della Fifa. Un elenco di ricchi, potenti e famosi che chissà cosa sarà ancora capace di sollevare.  "Per 40 anni Mossack Fonseca ha operato in maniera irreprensibile e la società non è mai stata accusata o incriminata per legami con attività criminali". Così, in una dichiarazione citata dalla Bbc, lo studio legale panamense replica alle rivelazioni apparse sui media internazionali. 

 

La società spiega, poi: "Le accuse secondo cui forniamo strutture presumibilmente progettate per nascondere l’identità dei proprietari reali sono completamente false e non supportate. Se notiamo attività sospette o condotte poco chiare, siamo rapidi nel denunciarle alle autorità. Nello stesso modo, quando le autorità ci mostrano prove di possibili illeciti, noi cooperiamo pienamente".