Papà Tom a Papa Francesco: “Venga qui, Alfie è in ostaggio”. Oggi incontro con i medici
26 Aprile 2018
di Carlo Mascio
“Chiedo al Papa di venire qui per rendersi conto di cosa sta accadendo. Venga a vedere come mio figlio è ostaggio di questo ospedale. E’ ingiusto quello che stiamo subendo. Grazie Italia. Vi amiamo”. Lo ha detto il papà di Alfie, Tom Evans, ai microfoni di Tv2000 sottolineando che “Alfie è una parte della famiglia italiana, è una parte dell’Italia. Noi apparteniamo all’Italia”.
I genitori del piccolo, dunque, non mollano: oggi incontreranno a breve i dottori dell’Alder Hey Hospital per discutere sulla possibilità di portarlo a casa, come si legge sulla ‘Bbc news’ on line. Ieri la Corte d’appello ha nuovamente rigettato la richiesta di Tom Evans e Kate James di trasportare il bambino in Italia, all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.
Fuori dall’ospedale, a Liverpool, papà Tom ha dichiarato di non escludere ulteriori azioni legali, ma intanto “quello che faremo oggi è avere un incontro con i medici dell’Alder Hey per iniziare a chiedere di poter andare a casa. Alfie non ha più bisogno di cure intensive. E’ a letto con un litro di ossigeno che entra nei suoi polmoni. Alcuni dicono che è un miracolo, ma non è un miracolo, è una diagnosi errata. Tutto quello che chiedo ora è che questo incontro sia positivo e di avere Alfie, alle condizioni mie e dell’Alder Hey, a casa entro uno o due giorni”. Roger Kiska, un avvocato del Christian Legal Center che fa parte del team legale che supporta la famiglia di Alfie, ha dichiarato al programma ‘Today’ di Radio 4 che la battaglia legale non è finita e che “ci sono altre opzioni. Se l’incontro di oggi non andrà bene, torneremo in tribunale”.
Non solo. I genitori di Alfie avrebbero dato il loro consenso per attivare il giudice italiano. Inoltre il caso di Alfie sbarca anche al Parlamento Europeo. Con un´interrogazione urgente alla Commissione europea, le eurodeputate italiane del gruppo S&D Silvia Costa e Patrizia Toia si rivolgono ai responsabili della Salute, Vytenis Andriukaitis, e della Giustizia, Vĕra Jourová, chiedendo un’azione decisa da parte dell’Unione europea.