Papandreou non si dimette e punta a un governo di unità nazionale
03 Novembre 2011
Dopo la scelta del premier greco Giorgio Papandreou di indire un referendum per "dare la possibilità al popolo di decidere sull’accordo del Vertice europeo del 27 ottobre", quindi per restare o meno in Europa, la situazione ad Atene è tutt’altro che tranquilla. Di fatto, la reazione alla proposta di referendum del premier sul piano salva-euro ha comportato una spaccatura sia del suo governo sia della maggioranza socialista che lo sostiene.
Inoltre, se fino a qualche ora fa si pensava che Papandreou fosse disposto a fare marcia indietro, a dimettersi e ad accettare la costituzione di un governo di transizione, ciò che si apprende dalle ultime fonti è ben differente. Si, perché pare che Papandreou si sta rifiutando di presentare le dimissioni, e sta confermando, invece, l’intenzione di pronunciare di fronte al parlamento, questa sera o domani mattina presto, il discorso per chiedere la fiducia.
Nel corso del vertice di emergenza del governo, il premier greco ha riconosciuto che l’eventuale uscita di Atene dall’eurozona comprometterebbe il futuro del Paese. Pertanto, "l’appartenenza della Grecia all’eurozona non è in discussione". Sempre lo stesso, ha poi aggiunto: “ il referendum da lui proposto sul salvataggio della Grecia non è mai stato fine a sè stesso”. Ma resta il fatto che la debole maggioranza, basata su una manciata di voti di scarto, si è sfaldata e si è ridotta a 150 voti su 300. Pertanto, le probabilità per l’esecutivo di superare il voto di fiducia di domani risultano essere sempre più traballanti, e la sua sopravvivenza sembra poco probabile.
Intanto, dall’ufficio del presidente greco è giunta notizia che il premier incontrerà i deputati del Pasok per le 17 (le 16 in Italia). E solo dopo l’incontro, Papandreou discuterà in Parlamento sul voto di fiducia di domani. Ma non è tutto.
Il premier greco è disposto "a parlare con il leader di Nuova democrazia, Antonis Samaras, per fare progressi sulla base di un convegno di larghe intese". "Credo che in questo momento storico i partiti politici possano mettersi d’accordo", ha aggiunto il premier. A tal fine, il ministro dei trasporti, Dimitris Reppas, e il suo consigliere, Nikos Athanassakis, hanno proposto di avviare i negoziati.
Nel frattempo, per descrivere la situazione attuale, dalla bocca della cancelliera tedesca, Angela Merkel, sono uscite queste parole: "Siamo giunti a un punto in cui sappiamo solo quello che succede ora". Poi, sempre la stessa, ha continuato lanciando un appello alla ragionevolezza con un’ironica battuta: “Noi vogliamo molto bene ai greci, quando sono ragionevoli. E questo vale per i greci come per i turchi”.
Critico nei confronti del governo greco anche il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker, secondo il quale l’uscita di Atene dalla moneta unica non sarebbe lo "scenario da prediligere", sebbene l’Unione europea debbe prepararsi anche a questa evenienza. "Non possiamo andare avanti in modo permanente sulle questioni greche come se fossimo sulle montagne russe – ha continuato – dobbiamo sapere dove tutto questo porterà".
Ora, ecco le possibili ipotesi: se il governo greco dovesse cadere sul voto di fiducia, è possibile che s’insedi un esecutivo "di coesione politica nazionale per raggiungere l’ampio consenso necessario per l’applicazione del programma", come si è augurato ieri il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso. Ma se Papandreou dovesse ottenere la fiducia, il premier sarà costretto a portare avanti il piano della consultazione popolare.
Insomma, dalla credibilità del piano che presenterà oggi Roma a Cannes, dipenderà il vero futuro dell’euro. Intanto, il vero problema resta: "La Grecia ha risorse finanziarie solo fino a metà dicembre".