Parigi brucia, Milano trema

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Parigi brucia, Milano trema

14 Novembre 2015

Mentre scriviamo si è appena concluso l’assalto delle teste di cuoio francesi al Bataclan, il night club di Parigi colpito stanotte insieme ad altri 6 obiettivi da commando islamisti nella capitale francese. Assalto provvidenziale che avrebbe salvato la vita a decine di persone.

 

La città è stata circondata dall’esercito. I terroristi hanno preso in ostaggio un centinaio di persone al Bataclan, uccidendone 118, secondo il Comune di Parigi. Ci sono stati altri attacchi, allo stadio, contro un ristorante cambogiano, in altri luoghi della città. Quanti morti in tutto? Dozzine i feriti gravi. Non c’è una rivendicazione ufficiale ma sul web l’Isis ha brindato alla strage. Hollande ha chiesto ai francesi di non avere paura, Obama ha detto che gli Stati Uniti appoggeranno in tutti i modi la Francia nell’ora del pericolo.

 

Di fronte a tutto questo non è assurdo legare quanto sta accadendo in Francia a quel segnale arrivato ieri da Milano, l’accoltellamento di Nathan Graff, il quarantenne ebreo che grazie al cielo è sopravvissuto alla furia omicida del suo assalitore, anche se ne avrà per trenta giorni a causa delle ferite riportate.

 

Non sappiamo ancora se dietro questa piccola storia milanese (davanti alla grande tragedia vissuta da Parigi) ci sia un rigurgito di quell’antisemitismo montante che percorre l’Europa, o qualche altra spiegazione. Ma quel coltello che spunta come nell’Intifada a Milano forse è un campanello d’allarme.

 

C’è un filo sottile che lega Parigi a Milano e in tutti e due i casi non ce la possiamo cavare dicendo che la risposta da dare sia unicamente quella sul versante della sicurezza, come ha già fatto qualcuno sottolineando che i servizi francesi si sono di nuovo fatti cogliere impreparati.

 

Questa spiegazione non è sufficiente. Primo perché sono le stesse modalità del terrore a essere ormai totalmente cangianti e indecifrabili, lupi solitari, cani sciolti, cellule scollegate tra loro ma che si attivano contemporaneamente, per cui sarebbe impossibile controllare uno per uno i cittadini di fede ebraica a Milano o tenere sotto assedio militare Parigi per proteggere la popolazione.

 

Non si può ridurre tutto a una questione di sicurezza sottovalutando possibili cause e connessioni, e forse stavolta capiremo che la “pacifica” Europa sta diventando un campo di battaglia come lo è stato, per anni, Israele. Mentre la Ue pensa ai bollini da applicare alle merci provenienti dai Territori occupati, i nemici dello Stato ebraico, che sono i nostri nemici, spargono sangue a Gerusalemme, a Parigi come a Beirut.

 

La strategia del terrore è evidente: provocare il panico tra gli occidentali da una parte, fare di Israele un bersaglio dall’altra, lo Stato “criminale” che va boicottato.  C’è un incrocio malsano fra terrorismo e antisemitismo, ed è per questo che nelle democrazie occidentali non può bastare solo un intervento di sicurezza interna. Bisognerà invece intervenire su altri e diversi fronti, in primo luogo a livello internazionale, per fare terra bruciata di quelle centrali del terrore che predicano, militano e organizzano tutto questo.