Parisi, come Berlusconi nel ’94 prepara il centrodestra che può ripartire. E “niente inciuci con Renzi”
02 Settembre 2016
Stefano Parisi ha evocato più volte lo spirito del ’94, quando Silvio Berlusconi fondò Forza Italia nella riunione organizzativa al teatro San Carlo. “Da qui ripartiamo, da Milano”, ha detto l’ex candidato sindaco rivendicando il 47% di voti ottenuti. Non abbastanza per vincere, ma ha superato i sondaggi e da allora Silvio Berlusconi gli ha dato l’incarico di rilanciare il progetto del centrodestra. E se Stefano Parisi ha incassato l’apertura di Umberto Bossi che lo considera un interlocutore, si è trovato, però, a dover rispondere alle critiche del segretario della Lega Matteo Salvini e alla diffidenza di molti esponenti di spicco di Forza Italia.
Come a dimostrazione del fatto che non è “contro” ma “per” qualcosa ha deciso di chiamare l’appuntamento Energie per l’Italia. Idee per riaccendere il Paese. Sul palco non politici ma professionisti dei settori più diversi. “La politica non deve avere paura dei contributi o rischia di morire, di non avere un rapporto con la realtà”, dice. L’obiettivo è quello di arrivare a un programma di governo “alternativo al centrosinistra con il contributo di tutti”.
Una base “liberale e popolare” come quella del ’94. Il no all’inciucio con Renzi lo ha dimostrato andando all’attacco delle sue “mezze riforme”, ribadendo il no al referendum e rivendicando che “i veri riformatori siamo noi” mentre “i 5 Stelle non sono un’alternativa credibile per il governo del Paese, non hanno struttura, capacità di governare e valori. Noi siamo una forza che si prepara a governare con il contributo di tutti”, che “non sostituisce i partiti”, che “non è un nuovo partito”, aggiunge. Stefano Parisi ha assicurato che resterà in consiglio comunale per i prossimi anni ma il progetto è a livello nazionale.
“E noi non siamo contro ai partiti che ci sono, vogliamo dare un contributo. Ma se la politica ha paura dei contributi, rischia di morire”, ribadisce. La metafora energetica prosegue nella grafica (tre lampadine tricolori) e persino nella location, uno spazio eventi che si chiama Megawatt, a due passi dal Naviglio.
Lo stile è quello visto a Milano: rassicurante, ironico, colloquiale. Parisi ha molto chiaro ciò che la sua sfida non deve essere. L’orizzonte è ambizioso: “Riteniamo che serva una stagione che rafforzi, rilanci le idee di Silvio Berlusconi. Da quelle radici si parte”, conferma. Dal 1994. Quelle radici, i suoi stessi sostenitori le richiamano più volte durante le domande. Il centrodestra che immagina è “liberale e popolare”, “poi si vedrà come si alleerà con altre componenti del centrodestra. Se dovessi partire dalla coalizione commetterei uno sbaglio”.
“Stupidaggini”, così liquida le ipotesi su una sua possibile strategia tesa all’accordo con il Pd. “La logica è quella dei contenuti, non dell’alchimia”, garantisce. E corrobora l’affermazione con una massiccia dose di critiche al governo Renzi. Su scuola, Jobs Act, politica estera: “La nostra presenza a Bruxelles è diventata più debole”, attacca. “I risultati sono quelli che sono. Parla di “riforme false”, “mezze riforme”, “risultati economici negativi risultati occupazionali drammatici”. Mette il dito nella piaga milanese di un’emergenza immigrazione che Renzi negava fino a pochi mesi fa. E conferma il No al referendum costituzionale.