Parte da Napoli l’ultimo colpo alla credibilità delle primarie e del Pd
28 Gennaio 2011
Il grande edificio delle primarie partenopee implode sotto i colpi delle critiche di Roberto Saviano. E nel Partito Democratico sull’asse Roma-Napoli scatta l’ora del fuoco incrociato e del tutti contro tutti. Un crollo che fa deflagrare la tensione ai massimi livelli tanto da indurre Bersani ad annullare l’assemblea nazionale prevista per domani proprio nel capoluogo campano. Uno stop salva-immagine dettato dal timore di una resa dei conti, non solo figurata, tra le varie anime e fazioni del partito.
La guerra si è aperta dopo la vittoria contestata alle primarie di Napoli del bassoliniano Andrea Cozzolino su Umberto Ranieri, con accuse e controaccuse di brogli e irregolarità.
Il vincitore ha gridato al complotto («un golpe ribaltare il risultato»), e ha sfidato Bersani, senza escludere l’ipotesi di uscita dal Pd con conseguente creazione di una lista civica.
Una minaccia che non ha bloccato il repulisti imposto dal segretario con la nomina di Andrea Orlando come commissario per il Pd a Napoli accompagnata dalla richiesta di uscire di scena rivolta ai due candidati. “Lo svolgimento delle primarie a Napoli e la difficile situazione politica che si è determinata – si legge nella nota di Bersani – richiedono un elemento di novità di cui anche il Partito democratico deve farsi carico. Nel momento in cui ho chiesto a tutti i candidati alle primarie un atto di generosità, ritengo necessario che questa nuova fase si apra con un elemento di novità nella direzione politica del Partito a Napoli». «Per questa ragione – conclude – ho deciso il commissariamento della Federazione del partito di Napoli. Chiedo un atto di generosità per la ricerca di una candidatura comune. Serve un nome che unisca tutti in una battaglia vincente”.
A questo punto, al di là della rabbia di Cozzolino, tutti concordano sulla necessità che le primarie vengano archiviate ma è ancora da stabilire come voltare pagina e arrivare a un nuovo candidato. La riunione dei partiti del centrosinistra – Pd, Sel Federazione della Sinistra, Verdi e Psi – che hanno partecipato alle primarie di Napoli svoltasi ieri a Roma non ha prodotto ancora un risultato definitivo ed è stata aggiornata a martedì prossimo. All’incontro peraltro non ha partecipato Sel che, a pochi minuti dall’inizio del vertice, ha comunicato con una nota la propria defezione.
Due sono i problemi che Pier Luigi Bersani si trova a dover risolvere: convincere Andrea Cozzolino a scendere a più miti consigli. Ma soprattutto trovare un modo per voltare pagina senza mortificare quanti domenica – circa 40mila persone, sia pure con modalità di reclutamento discutibili – si sono recati alle urne in buona fede e hanno creduto nel valore della partecipazione popolare e nella possibilità di condivisione delle scelte del partito.
Il Pd sarebbe dell’idea di risolvere politicamente la questione, semplicemente invalidando il voto delle primarie. Altri partiti della coalizione, come i Verdi e i socialisti, chiedono invece che sia il comitato dei garanti a chiudere la vicenda primarie con una pronuncia ufficiale. Solo dopo si potrà procedere all’individuazione del nome del candidato.
Sulla ricerca del candidato comune la rosa dei nomi è molto variabile e ballerina. Ma la strada sembra segnata verso la ricerca di un esterno al partito. Resta sempre in piedi la richiesta avanzata al pm anti-camorra, Raffaele Cantone, che continua a ribadire il “no, grazie” già espresso nei mesi scorsi. Anche Lucia Annunziata esclude una sua candidatura. Quanto al Procuratore di Nola, Paolo Mancuso, resta tra i papabili. Già capo del pool antimafia di Napoli, fratello minore di Libero, appare oggi in pole position, anche perché renderebbe più semplice stringere l’accordo con l’Italia dei Valori che difficilmente potrebbe respingere la candidatura di un magistrato.
Sullo sfondo c’è poi il sogno Saviano. Un’idea già cara a Walter Veltroni che rappresenterebbe il tentativo estremo del Pd di riconquistare una verginità e una credibilità in chiave anti-corruzione. Ma difficilmente questa possibilità, sicuramente suggestiva, potrà decollare. Se la scelta del candidato è ancora avvolta nelle nebbie, una certezza si profila all’orizzonte: la perdita di credibilità dello strumento primarie. Una procedura di selezione sbandierata come segno identitario e come sinonimo di diversità che ora rischia di imprigionare il Pd e trasformarlo in un partito ingestibile.