“Partigiani parassiti”, Emanuele Filiberto si difende: “Violato mio account Twitter”
02 Maggio 2016
“I parassiti partigiani, con le loro 179 associazioni, costano al contribuente 3 milioni di euro”, il tweet di Emanuele Filiberto di Savoia scatena la rabbia della Rete il Primo Maggio, festa del Lavoro. Ma il tweet lanciato da Emanuele Filiberto e subito cancellato dal profilo del Savoia è stato il frutto di un hackeraggio. Qualcuno, spiega Emanuele Filiberto, è entrato nel mio account e, prendendo di mira i partigiani, ha voluto “cavalcare la diatriba sulla mia visita a Noto! Mi dispiace”.
Gli utenti di Twitter però non si accontentano e ieri hanno bersagliato di messaggi il profilo di Emanuele Filiberto: “Io lo manderei a lavorare #emanuelefiliberto”, scrive uno, mentre un’altro aggiunge “‘Mi hanno violato l’account’ Is the new ‘Scusate ho fatto una gran cazzata’”. Altri sono più seri: “Ricordiamo a #emanuelefiliberto che è la #FestadeiLavoratori e che se non fosse stato per quei parassiti saremmo ancora nel feudalesimo”.
Il principe Emanuele Filiberto non si scompone e risponde cinguettando per tutto il giorno: “Leggo i vostri tweet… vorrei ricordarvi il ruolo di mia nonna durante la guerra accanto ai partigiani… Studiare non fa male!”. Se la prende con la “la violenza di certe persone”, i “preconcetti storici” di chi non vuole “ascoltare gli altri”. A Brescia, l’Anpi, l’Associazione Nazionale partigiano, risponde così: “Dall’account di @efsavoia parte un tweet ingiurioso sui partigiani definiti ‘parassiti’. Savoia: ‘Account violato'”.
Dal sito socialbakers.com apprendiamo invece che Emanuele Filiberto su Twitter ha visto crescere prepotentemente i suoi follower negli ultimi messi, attualmente l’account conta oltre 120 mila seguaci. L’anno scorso, sempre sul celebre social network, il principe si era fatto notare per una ‘rissa’ a distanza con la contessina Beatrice Borromeo, che aveva tirato in ballo il caso dell’omicidio avvenuto alla fine degli anni Settanta, imputandolo a Vittorio Emanuele. In quel caso, il giovane Savoia aveva invitato la Borromeo a studiare le carte della giustizia francese.