Passa la linea Alfano, Berlusconi costretto a benedire le primarie

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Passa la linea Alfano, Berlusconi costretto a benedire le primarie

09 Novembre 2012

Partiamo dalla fine perché lì sta la notizia. Conferenza stampa serale: Berlusconi accanto ad Alfano che benedice le primarie. Non era affatto scontato che finisse così, cioè che passasse la linea del segretario sostenuta dalla maggioranza del partito senza arrivare allo show down tanto temuto: il Cav. che fa una lista per conto suo e abbandona il Pdl e il gruppo dirigente al proprio destino. L’ipotesi, in vero, è ancora sullo sfondo di un confronto che ieri nell’ufficio di presidenza è diventato scontro tra il fondatore del partito e il giovane segretario su due visioni politiche diverse. Ma il dato uscito da Palazzo Grazioli è un altro: forse per la prima volta Berlusconi ha costatato di essere minoranza nel suo partito su un passaggio strategico per il futuro del Pdl, a cinque mesi dal voto. 

Cinque ore di riunione sono servite, almeno questo è l’auspicio di molti maggiorenti, a fare chiarezza più sulla sostanza che sulla forma. E la sostanza significa contenuti e metodo nuovi. La sfida di Alfano muove da un ragionamento: adesso nel campo politico c’è un Pd e un centrosinistra alle primarie che stanno giocando la partita, e c’è un partito dell’antipolitica già ben piazzato in quanto a consensi, come la lezione siciliana insegna, che sta facendo altrettanto. Continuare a stare fermi, o a tenere posizioni ondivaghe vuol dire andare dritti verso il dissolvimento. Per questo Alfano, forse per la prima volta, ha tenuto testa a un Cav. che da subito ha ribadito di non credere affatto nella formula delle primarie. E diversamente dalle scorse settimane, ieri lo ha fatto pubblicamente di fronte al ‘parlamentino’ riunito al gran completo, sostenendo che i sondaggi commissionati ad hoc non danno buoni risultati. Per lui  la scelta del futuro leader dovrebbe avvenire con una consultazione degli iscritti fatta attraverso call center, in modo tale da chiudere i giochi nel giro di due settimane. 

Non è stato così: ha prevalso la linea del modello americano con assemblee in ogni regione per poi andare a una convention finale. Non sarà una passerella – è il convincimento del segretario e del gruppo dirigente – perché stavolta a stare al centro del confronto saranno le idee, le proposte, il programma, partecipato dal basso e non più verticalizzato. Passaggio non da poco per un partito carismatico plasmato sulla forza del leader. Quel tempo, però, ha fatto il suo tempo e oggi sta proprio qui la scommessa della maggioranza del partito: dimostrare che esiste una classe dirigente che si è formata in questi anni ed oggi è pronta a traghettare il partito in una nuova fase, oltre Berlusconi senza cancellare il berlusconismo. Ad altre latitudini, non troppo lontane da noi, è ciò che accadde con De Gaulle e il gaullismo. La storia insegna. 

Il Cav. ci è andato giù duro quando ha detto che occorre cambiare tutto, che serve un grande choc, che ci vuole un “Berlusconi del ‘94”, che le primarie non sono salvifiche. Quanto basta per una premessa nella quale leggere una sconfessione della linea di Alfano che sulle primarie ci ha messo la faccia e ci punta il rinnovamento del partito. Ma il segretario dice no: “Mi assumo la responsabilità delle primarie, farle è una questione di serietà” e anche se non lo manifesta apertamente, fa intendere che su questo è pronto perfino a rimettere il mandato. 

Il punto che declina davanti al Cav. e al partito sta nella necessità di assumere una decisione chiara e definitiva perché stare fermi significa sparire. Di qui il monito: “Oggi dobbiamo prendere una decisione altrimenti saremo oggetto di barzellette e io non ci sto”. Fermo anche quando sottolinea che siccome un Berlusconi del ’94 non c’è, delle due l’una: “o scegliamo tra noi”, oppure “decidi se tornare in campo”. Non da meno quando aggiunge che il partito non è disposto a inseguire fantomatiche figure di “gelatai o ex presidenti di Confindustria” (il riferimento al fondatore di una nota catena di gelati al quale il Cav. starebbe pensando per un’ipotetica lista degli imprenditori e a Montezemolo è puramente voluto). 

Dunque, un no su tutta la linea del Cav. che alla fine di fronte alla posizione del segretario e della maggioranza del Pdl è costretto al sì, a cominciare dalle primarie. Poi davanti ai giornalisti smentisce la rotta di collisione col segretario e l’idea di una sua lista ispirata alla vecchia Forza Italia, anche se ribadisce la volontà di tornare sui media dopo il silenzio degli ultimi mesi e annuncia ‘sorprese’. Solo una tregua? Puà darsi. Forse le sorprese non mancheranno ma, di certo, da ieri smontare ciò che Alfano e la maggioranza del partito stanno costruendo sarà più difficile. Pure per quel ‘diavolo’ di un Cav.