Passano gli anni ma per i lavoratori la pensione si fa sempre più lontana

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Passano gli anni ma per i lavoratori la pensione si fa sempre più lontana

03 Agosto 2011

La pensione si fa sempre più lontana. Vecchiaia: dal 2032 tutti, uomini e donne, pubblici e privati, matureranno il diritto a 65 anni senza contare la “speranza di vita”, che è una variabile la cui determinazione è affidata all’Istat e si traduce in un ulteriore incremento del requisito d’età di pensionamento. E senza contare che, per l’effettiva decorrenza della pensione, bisognerà aspettare un anno ancora, o un anno e mezzo se si è lavoratori autonomi. Va peggio (per modo di dire) chi ha cominciato a lavorare prima e raggiunge i fatidici 40 anni di contributi, cioè il massimo di lavoro che dà diritto alla pensione a prescindere dall’età: la finestra di decorrenza della pensione si sarà intanto allungata a 15 mesi se dipendenti e a 21 mesi se autonomi, il che significa andare in pensione dopo aver lavorato 41 anni e 3 mesi (dipendenti) ovvero 41 anni 9 mesi (autonomi). 

Ad allungare l’epoca di pensionamento ci pensano tre diversi interventi contenuti nella cosiddetta “manovra estiva o correttiva” (la legge n. 111/2011 in vigore dal 17 luglio). Il primo riguarda l’età per la pensione di vecchiaia delle donne del settore privato. Una novità che, tuttavia, farà sentire gli effetti solo a partire dall’anno 2020 da quando, cioè, è prevista la tabella di marcia che, di mese in mese, porterà dal 2032 il requisito di età a 65 anni, come gli uomini e le donne del pubblico impiego (sarà sicuramente più alto, almeno 65 anni e 3 mesi, per effetto della “speranza di vita”). La seconda novità riguarda proprio la “speranza di vita”, che rappresenta il sistema di adeguamento automatico dei requisiti di età per la pensione all’incremento (appunto) della speranza di vita. La novità è l’anticipo al 2013 dell’operatività di questo automatismo. Infine, l’ultima novità colpisce il “tabù” dei 40 anni: chi li maturerà al lavoro, dovrà aspettare (e lavorare) qualche mese in più prima di andare in pensione: due mesi dal 2013 e tre mesi a partire dal 2014. Anche in questo caso, dunque, l’effetto della manovra è quello di “elevare”, seppure indirettamente, il momento di accesso e di decorrenza della pensione.

Siamo alle solite, anche con la manovra del 2011: con ineffabile abilità, il Legislatore evita di raccontare la realtà. Con cura certosina, si preoccupa di agire su “speranze di vita” o su evanescenti “finestre di pensionamento”, nel tentativo di camuffare il vero risultato: l’innalzamento dell’età di pensionamento. Lo farà, forse, per un beneficio psicologico sui lavoratori. Che sono certamente più contenti e sereni di stare su una linea-catena in fabbrica sapendo che la fatica finirà con i 65 anni d’età o i 40 anni di contributi. Non importa che poi non succeda nella realtà: è sufficiente “dirlo”, professarlo come un’ortodossia, per appagare e dare la forza di tirare avanti.Proviamo a verificare con la pensione di vecchiaia.

Oggi (anno 2011), l’età per avere diritto a questa pensione – (il requisito di contribuzione è 20 anni almeno di contributi a chi se li era già assicurati al 31/12/1995; e 5 anni di contribuzione a chi si è assicurato dopo tale data) – è fissata a:

·         65 anni per gli uomini,

·         60 anni per le donne che lavorano nel settore privato,

·         61 anni per le donne impiegate nel pubblico.

L’epoca di decorrenza della pensione (cioè il momento dal quale si incomincia ad incassarla) è fissata a:

·         66 anni per gli uomini lavoratori dipendenti, ovvero a 66 anni e mezzo (6 mesi) per gli uomini lavoratori autonomi (commercianti, artigiani, etcc.)

·         61 anni per le donne che lavorano nel settore privato come lavoratrici dipendenti, ovvero 61 anni e mezzo per quelle lavoratrici autonome;

·         62 anni per le donne impiegate nel pubblico.

Dunque, diciamo che “si va in pensione a 65 anni” ma, effettivamente, “a riposo” ci si va a 66 anni. L’anno prossimo (2012), è previsto un leggero peggioramento solo per le donne del pubblico impiego: l’età per avere diritto alla pensione di vecchiaia, infatti, sale a 65 anni e l’epoca di effettiva decorrenza della pensione sarà 66 anni. Andiamo avanti.

Nell’anno 2013 ci sarà la prima volta della “speranza di vita”. L’Istat calcolerà questa variazione “probabilistica” entro fine anno e così sapremo di “quanto” aumenterà il requisito di pensionamento. In sede di prima applicazione (cioè per l’anno 2013), il Legislatore ha stabilito che l’aumento non potrà essere superiore a 3 mesi. Poiché la speranza di vita si è sicuramente elevata negli anni, allora è plausibile ipotizzare che il primo intervento eleverà proprio di 3 mesi i requisiti di pensionamento. Allora, l’età per avere diritto alla pensione di vecchiaia si fisserà a:

·         65 anni e 3 mesi per gli uomini, con epoca di decorrenza della pensione a 66 anni e 3 mesi (dipendenti) ovvero a 66 anni e 9 mesi (autonomi);

·         60 anni e 3 mesi per le donne che lavorano nel settore privato, con epoca di decorrenza della pensione a 61 anni e 3 mesi (dipendenti) ovvero a 61 anni e 9 mesi (autonomi);

·         65 anni e 3 mesi per le donne impiegate nel pubblico, con epoca di decorrenza della pensione a 66 anni e 3 mesi.

Dunque, diremo che le donne “vanno in pensione a 66 anni e 3 mesi” ma, effettivamente, “a riposo” ci vanno a 61 anni e 3 mesi o addirittura a 61 anni e 9 mesi se commerciante o artigiana. Dall’anno 2014 al 2019, i requisiti di età per la pensione di vecchiaia cresceranno anno dopo anno della “speranza di vita” e di pari misura si allontanerà l’epoca di effettiva decorrenza della pensione. Dall’anno 2020, poi, è prevista la lunga marcia di elevazione dell’età di pensionamento delle donne del settore privato dai 60 ai 65 anni (più il resto di “speranza di vita”) che si concluderà nel 2032. A tale data, in definitiva, avremo il seguente quadro definitivo dei requisiti di pensionamento:

·         65 anni e 3 mesi più “speranza di vita” per gli uomini, con epoca di decorrenza della pensione a 66 anni e 3 mesi più “speranza di vita” (dipendenti) ovvero a 66 anni e 9 mesi più “speranza di vita” (autonomi);

·         65 anni e 3 mesi più “speranza di vita” per le donne che lavorano nel settore privato, con epoca di decorrenza della pensione a 61 anni e 3 mesi più “speranza di vita” (dipendenti) ovvero a 66 anni e 9 mesi più “speranza di vita” (autonomi);

·         65 anni e 3 mesi per le donne impiegate nel pubblico, con epoca di decorrenza della pensione a 66 anni e 3 mesi.

Dunque, nel 2020 diremo ancora che si “va in pensione a 65”, ma effettivamente “a riposo” si andrà a 66 anni e 3 mesi più la “speranza di vita”. Passiamo a verificare la situazione della pensione di anzianità, che appare più semplice. Quest’anno (2011) vigono i seguenti requisiti:

·         Lavoratori dipendenti: quota 96, con età minima di 60 anni e almeno 35 anni di contributi (perciò occorre avere 61 anni d’età e 35 di contributi oppure 60 anni d’età e 36 di contributi). L’epoca di decorrenza della pensione è fissata a distanza di 12 mesi (un anno). Quindi se i requisiti sono raggiunti con 60 anni d’età (e 36 di contributi), si va in pensione a 61 anni; se sono raggiunti con 61 anni d’età (e 35 di contributi), si va in pensione a 62 anni;

·         Lavoratori autonomi: quota 97, con età minima di 61 anni e almeno 35 anni di contributi (perciò occorre avere 61 anni d’età e 36 di contributi oppure 62 anni d’età e 35 di contributi). L’epoca di decorrenza della pensione è fissata a distanza di 18 mesi (un anno e mezzo). Quindi se i requisiti sono raggiunti con 61 anni d’età (e 36 di contributi), si va in pensione a 62 anni e 6 mesi; se sono raggiunti con 62 anni d’età (e 35 di contributi), si va in pensione a 63 anni e mezzo;

·         Lavoratori dipendenti e autonomi: vanno in pensione con 40 anni di contributi, a prescindere dall’età. L’epoca di decorrenza della pensione è fissata a distanza di 12 mesi (se dipendenti) e 18 mesi (se autonomi).

Dunque, diciamo che “si va in pensione con 40 anni di contributi” ma, effettivamente, “a riposo” ci si va con 41 anni di lavoro (41 anni e mezzo, se si è lavoratori autonomi). L’anno prossimo (2012) non ci saranno novità sulle “quote”, ma sull’ipotesi di pensionamento con 40 anni di contributi. Infatti,

·         lavoratori dipendenti e autonomi: andranno in pensione con 40 anni di contributi, a prescindere dall’età, ma l’epoca di decorrenza della pensione (questa la novità) è fissata a distanza di 13 mesi (se dipendenti) e 19 mesi (se autonomi), quindi un mese più tardi.

Dall’anno 2013 scatterà l’automatismo della “speranza di vita”; ma è programmato anche un salto delle “quote”e un ulteriore “allontanamento” della pensione con 40 anni di contributi. Riassumendo, questi i requisiti:

·         lavoratori dipendenti: quota 97, con età minima di 61 anni e 3 mesi e con almeno 35 anni di contributi. L’epoca di decorrenza della pensione è fissata a distanza di 12 mesi (un anno);

·         lavoratori autonomi: quota 98, con età minima di 62 anni e 3 mesi e con almeno 35 anni di contributi. L’epoca di decorrenza della pensione è fissata a distanza di 18 mesi (un anno e mezzo);

·         lavoratori dipendenti e autonomi: vanno in pensione con 40 anni di contributi, a prescindere dall’età. L’epoca di decorrenza della pensione è fissata a distanza di 14 mesi (se dipendenti) e 20 mesi (se autonomi).

Arriviamo, infine, all’anno 2014, quando il quadro dei requisiti si farà statico, fatta eccezione per l’automatismo della “speranza di vita”. Questi i requisiti:

·         lavoratori dipendenti: quota 97, con età minima di 61 anni, 3 mesi e “speranza di vita” e con almeno 35 anni di contributi. L’epoca di decorrenza della pensione è fissata a distanza di 12 mesi (un anno);

·         lavoratori autonomi: quota 98, con età minima di 62 anni, 3 mesi e “speranza di vita” e con almeno 35 anni di contributi. L’epoca di decorrenza della pensione è fissata a distanza di 18 mesi (un anno e mezzo);

·         lavoratori dipendenti e autonomi: vanno in pensione con 40 anni di contributi, a prescindere dall’età. L’epoca di decorrenza della pensione è fissata a distanza di 15 mesi (se dipendenti) e 21 mesi (se autonomi).

Dunque, nel 2014 diremo ancora che “si va in pensione con 40 anni di contributi” ma, effettivamente, “a riposo”, a quell’epoca, ci si andrà con non meno di 41 anni e 3 mesi di lavoro (41 anni e 9 mesi, se si è lavoratori autonomi).