Pd ai materassi, un partito allo sbando

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Pd ai materassi, un partito allo sbando

05 Febbraio 2017

Il partito democratico non cambia verso, siamo sempre “ai materassi”, come dicevano nel film il Padrino, alla guerra di tutti contro tutti. Ieri Gianni Cuperlo, che dicono anima moderata della opposizione di sinistra a Renzi, ha detto in modo molto garbato al segretario: dimettiti e andiamo al Congresso. Ma se Cuperlo va giù di fioretto, il presidente di Regione Puglia, Michele Emiliano, continua ad avanzare a sciabolate: “Renzi non si dimetterà perché ha un sacco di soldati e salmerie da collocare”, dice Emiliano, in quanto, dopo la sentenza della Consulta sull’Italicum, che ha lasciato in piedi i capilista bloccati, il segretario ha tutto l’interesse di salvare se stesso e i suoi andando subito al voto, anche con questa legge elettorale e anche al costo di perdere le elezioni. 

“Se non ci fossero le elezioni immediate e non potesse utilizzare l’argomento convincente della scelta di chi mettere in lista, tenendo così insieme tutte le correnti del partito, credo che l’esito del congresso potrebbe essere ben diverso”, sottolinea Emiliano, che a proposito dell’Unità perennemente in fallimento ricorda, è stata un’altra delle rottamazioni renziane, Matteo “devasta spontaneamente tutto ciò che entra in relazione con lui” . Dopodiché il presidente della Puglia evoca il referendum nel Pd sul Congresso, lanciato nei giorni scorsi, e aggiunge che i Democratici devono davvero cambiare verso: “veniamo percepiti come una forza dell’establishment, punto di riferimento dei potenti della terra, di banchieri e petrolieri”. 

Il problema del Pd è che non ha una ricetta per affrontare il mondo nuovo che si è aperto con Brexit, la vittoria di Trump e la rivolta del popolo contro l’establishment. Nello schema renziano l’importante non è più vincere ma conservare il potere personale e quello concentrico dei gigli un tempo magici. Nello schema di Emiliano servirebbe avvicinarsi a M5S, ma va detto che in Puglia i grillini gli hanno risposto picche. Nello schema bersaniano invece, ma ne scrive anche Veltroni sull’Unità di oggi, il pericolo non sono i grillini ma ancora la destra: “basta fare la somma delle intenzioni di voto, crescenti, per i partiti della destra e si scoprirà che, già ora, la destra ha più consenso di tutti. E non ha un leader. Se lo trovasse, e rischia di farlo, sarà ancora più competitiva”, scrive Veltroni.

Va registrato anche il soccorso fassiniano a Renzi nell’intervista a Repubblica di oggi, dove il candidato sindaco sconfitto alla grande dai grillini avverte gli scissionisti: “non ha senso fare una scissione, creare un partito della sinistra, che dovrebbe poi fare cosa? Certamente non potrebbe allearsi con il Pd  dopo averlo spaccato. Lo dico a D’Alema e alla minoranza dem”. Insomma sul voto, sul congresso, come sulle ricette per affrontare il mondo di oggi, i Democratici continuano a litigare sventolando ognuno la propria ricetta, si guardi allo scontro tra Orfini e Franceschini su legge elettorale, coalizioni, premi e via dicendo. 

Con buona pace del parlamento, delle altre forze politiche e in definitiva di quella Italia, maggioritaria, a cui interessano davvero poco le sorti di Renzi e del suo partito, e che vorrebbe pittosto essere certa che la politica ha a cuore prima di tutto l’interesse del paese.