Pd, Di Petro: Veltroni furbo e ambiguo

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Pd, Di Petro: Veltroni furbo e ambiguo

10 Luglio 2007

“Ambigua e furbesca, e perciò non
all’altezza di un aspirante leader quale si propone di essere Veltroni”. Così
il ministro Antonio di Pietro, condanna la dichiarazione di Walter Veltroni in merito
al referendum sulla legge elettorale.

 “Una classica soluzione cerchiobottista per
attrarre consenso ad ogni costo. Governare non è dare ragione a tutti ma, anche
assumersi le proprie responsabilità”, incalza Di Pietro. E aggiunge: “noi
dell’Italia dei Valori lo abbiamo fatto, fino al punto di batterci per certificare
la nostra morte come gruppo politico, sottoscrivendo e facendo sottoscrivere un
referendum che riduce il numero dei partiti e cancella quelli piccoli dal
panorama politico. Tutto questo – continua – per un senso di responsabilità
verso il Paese poiché, fino a quando non si riduce il numero dei partiti, non
si evita quella frammentazione politica che mina la governabilità di cui
abbiamo bisogno”. Perciò,  prosegue
ancora il ministro, “rispetto a questa esigenza 
chi si propone come un futuro leader, deve avere le idee chiare e
portare avanti azioni conseguenti. Per questo ci dispiace della posizione non
chiara assunta da Veltroni. Oggi – conclude Di Pietro – una delegazione
dell’Italia dei Valori incontrerà nuovamente il sindaco di Roma, per chiedergli
con determinazione di fare una scelta coerente”.

Del tutto contrastante è invece l’opinione di Luciano Violante
che dichiara: “Io avrei fatto la stessa cosa, perché Veltroni condivide la
spinta referendaria, ma siccome, nella forza politica che si candida a
rappresentare ci sono posizioni diverse, non intende creare un elemento di disordine,
una posizione saggia”. Ciò è quanto dichiara il presidente della commissione
affari costituzionali della Camera ai microfoni di Radio Radicale in merito alla
posizione espressa ieri dal sindaco di Roma Veltroni sul referendum.

Prosegue quindi illustrando la sua linea: “Io sono
assolutamente contrario al quesito refendario 
perché vi uscirebbe una legge che fa una paccottiglia di tutti i
partiti, li mette nella stessa lista, dà una capacità di ricatto alle micro
forze necessarie ad avere il premio di maggioranza e poi una volta vinte o perse
le elezioni ciascuno andrà nel suo gruppo parlamentare e saremo punto a capo.
Questo lo sanno anche i referendari. Tra di loro ci sono persone di grande
cultura giuridica e costituzionalistica, e infatti loro stessi dicono che poi
la legge verrà corretta, ma correggere un mostro di questo genere mi sembra
praticamente impossibile”. In realtà, secondo Violante, “il premio di maggioranza
è una iattura perché non crea maggioranze omogenee per governare, ma
numericamente prevalenti rispetto ad altre che non sono in grado di governare perché
eterogenee. L’unica cosa che rende il sistema politico funzionale è la clausola
di sbarramento. Se va avanti il progetto di riforma che sosteniamo in
commissione avremmo due camere con funzioni diverse una sola delle quali, la
Camera dei deputati, da’ la fiducia”.

Intanto Stefano Ceccanti, uno dei principali promotori del
referendum segnala  “un debole effetto
Veltroni” anche sulla raccolta delle firme per il referendum elettorale. Ma in
realtà, spiega meglio il professore, “contra factum non valet argomentum:
contro il fatto che la gente ha capito che Veltroni è schierato, non vale
l’argomento che non ha firmato”. Per questo motivo dunque l’influenza di
Veltroni è risultata del tutto marginale.

 La cosa più
preoccupante, come ben denota la questione referendum, ma non solo, è  che, “come previsto, l’arrivo di Veltroni non
ha cambiato nulla nel centrosinistra. Le polemiche dure tra il sindaco di Roma
e Parisi sul referendum e sulla riforma elettorale dimostrano che il grado di
litigiosità sui problemi strutturali del Paese è altissimo e non riguarda
soltanto i rapporti tra partiti alleati, ma anche quelli interni allo stesso PD”.
È quanto afferma Lorenzo Cesa, segretario dell’Udc. A suo avviso, saranno
infatti inevitabili i riflessi negativi sull’intero governo. Perciò dichiara
che “l’effetto Veltroni sembra svanire prima ancora di cominciare”.